In mancanza di gambe, il cuore

  • di Antonio Moschella

    Arriva un momento, nella maratona, in cui l'atleta galoppa in avanti per inerzia, quando mancano quei 2 km finali che tracciano la differenza tra un fuoco di paglia e un risoluto campione, che campione magari non sarà, perché non vince, ma è come se lo fosse. Il Napoli, in una competizione così massacrante, è proprio quell'atleta spompato, sfibrato e assetato che vede il traguardo sgranato, provato fisicamente e psicologicamente, ma che ha realizzato una corsa quasi capolavoro per poter arrendersi proprio sul più bello. 

    Gli uomini di Maurizio Sarri sono esanimi e opachi, come dimostra la vittoria risicata - per quanto riporta il risultato - contro l'Atalanta. Non importa se Higuain è tornato a pieno regime e riposato dopo la pausa forzosa, il resto della squadra è in debito di ossigeno tanto nella testa come nelle gambe. E si nota nella lucidità sotto porta e nella gestione del pallone nei momenti caldi. Ora, però, è arrivato il momento di lanciare l'ultimo scatto, quello decisivo dettato non dai muscoli delle gambe, ormai zeppe di crampi, ma da un cuore vigoroso che ha battuto fiero da settembre ad oggi. È l'orgoglio e la consapevolezza che il secondo posto è oro per oggi e anche per domani.

    Di fronte il Torino, la squadra più in forma del momento, che non ha nulla da giocarsi ma non per questo regalerà qualcosa, dato che si tratta anche dell'ultima dell'anno davanti al suo pubblico. È in momenti come questi che viene fuori la determinazione, la grinta, la cazzimma del campione, che campione magari non è, se guardiamo la classifica. Il secondo posto non varrà uno Scudetto, ma mollarlo adesso dopo averlo tenuto stretto per quasi metà stagione, sarebbe un peccato capitale. Gli azzurri lo sanno, e per ottenerlo dovranno usare un po' la testa, un po' le gambe, ma soprattutto il cuore, quello che da sempre batte il ritmo delle grandi maratone.

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