Quel che resta del Napoli

Che cosa ci lascia in eredità la gara col Palermo? Una garnde paura.
  • di Francesco Albanese

    Che cosa ci resta ventiquattr'ore dopo il pari casalingo con il Palermo? Sicuramente una certezza: quella di non avere certezze. Certezza era la prolificità di Higuaìn, sparita. Certezza erano le spalle larghe di Albiol, scomparsa. La "cazzimma" di Mertens? Dissolta. L'autorevolezza di Benitez? Fortemente compromessa, sul resto meglio non indugiare. A svanire sono poi anche concetti più generali del gioco del calcio con i quali abbiamo convissuto da quando si portavano i calzoni corti. Ricordate che cosa si è sempre detto dei gol subiti all'ultimo istante del primo tempo? Quelli sono i gol peggiori da incassare ci hanno sempre ripetuto. Una rete del genere esalta chi la realizza e manda in frantumi le sicurezze dell'avversario. Ebbene da ieri sera questa regola aurea non vale più, almeno per il Napoli. Il gol di Callejòn non solo non ha sortito l'effetto desiderato, anzi se possibile ha ulteriormente galvanizzato il pescecane rosanero che per tutti i novanta minuti era eccitato dall'odore del sangue azzurro.

    E che dire di quell'altra storiella sulla squadra meglio attrezzata che va subito sul due a zero dopo pochi minuti in un match casalingo? Gara chiusa anzitempo si sarebbe detto una volta, macchè! Con il Napoli, con questo Napoli, c'è sempre una seconda chance, pure una terza e una quarta a dire il vero. L'incapacità di gestire i match era affiorata in maniera prepotente già lo scorso anno, adesso è divenuta il marchio di fabbrica di un gruppo al quale nulla pare più riuscire. Non una parata miracolosa in grado di salvarti quando tutto sembra perduto, non un calcio piazzato spedito all'incrocio a tempo ormai scaduto. Non riesce l'ordinario figuariamoci lo straordinario.

    Francamente non appassiona il dibattito sulle seconde annate di Benitez  nelle sue precedenti esperienze lavorative. Conta solo qui e ora. Il Sassuolo non avrà davanti Cristiano Ronaldo e Lewandoski, ma a noi basta la fisionomia di Zaza (così simile a quella dell'ex Stellone) a spaventarci. Abbiamo paura, questo ci resta: la paura.

    Condividi questo post