“Napoli siamo noi”: la pace tra De Laurentiis e gli ultras

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    di Francesco Bruno

    E dunque, la guerra tra De Laurentiis e i tifosi è finita sabato pomeriggio poche ore prima del fischio d’inizio di Napoli - Verona, con una bella foto di gruppo pubblicata su Twitter. Pace fatta, capitolo chiuso, a neanche due settimane da quel Napoli-Milan con la curva in rivolta e le botte tra ultras, alla vigilia del mese più importante per il club partenopeo da piu’ di trent’anni a questa parte. Uno spettacolo triste e indecoroso, che aveva aperto una riflessione profonda sul tifo organizzato e sul suo rapporto con la società azzurra. Da piu’ parti si richiedeva la tolleranza zero, lo stesso De Laurentiis invocava il pugno duro thatcheriano, sembrava che non ci potesse essere altra prospettiva se non lo scontro con la tifoseria organizzata che sollevava le questioni del caro biglietti e dell’impossibilità di portare all’interno dello stadio bandiere, striscioni e materiale per le coreografie a seguito delle restrizioni imposte dal regolamento d’uso dell’impianto. Bisognava trattare e dialogare o avere tolleranza zero? Un punto deve essere chiaro. Non puo’ esserci tolleranza verso quelle frange di ultras, francamente indifendibili, che, strumentalizzando il dissenso su tematiche condivisibili, compiono in realtà prepotenze, soprusi e comportamenti delittuosi nelle curve e fuori gli stadi. Ma generalizzare, fare di tutta l’erba un fascio, demonizzare tutta la tifoseria organizzata e tutte le curve non puo’ andare bene. Inneggiare a una visione del calcio che vorrebbe lo stadio come il cinema o il teatro, dove applaudire, esclamare, rumoreggiare e battere le mani con sussiego tra una patatina e un pop corn, è una follia. Lo stadio è passione, canti, cori, bandiere, striscioni, coreografie, e tutto cio’, che piaccia o meno, viene allestito e messo in piedi dai gruppi organizzati che guidano e coordinano il tifo. Vogliamo che il Napoli sia sostenuto dai tifosi? Il tifo lo sostengono soprattutto i gruppi organizzati, e favoleggiare una loro esclusione è inimmaginabile. Nessuno difende i delinquenti, che vanno assicurati alla giustizia, ma perche’ penalizzare tutto il mondo della tifoseria organizzata? Occorreva il dialogo, e ascoltare le esigenze e le motivazioni di tutti per trovare un compromesso non significa scendere a patti con la criminalità. De Laurentiis, o perché consigliato o perché abituato ai colpi di teatro, lo ha capito e ha riunito i capi tifosi in albergo. Certo, ne è scaturita una foto ricordo ai limiti del comico, ci mancava solo che il presidente indossasse anche lui il bomber nero, il cappellino nero e il megafono. E poi siamo ancora in attesa di capire bene quali siano i contenuti della pace raggiunta, nell’auspicio che si tratti di un compromesso e non di una resa. Ma occorreva parlarsi, il dialogo era la linea giusta. C’è una squadra meravigliosa che sta facendo il massimo sforzo, c’è una città intera che attende di vivere questi momenti leggendari da piu’ di trent’anni. Mantenere rigidamente le proprie posizioni in questo momento ci avrebbe soltanto fatto del male.

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