Sarri ha tradito se stesso: ma per me il Napoli, se non lo censura, ha più colpe di lui

Il nostro mister è stato ingenuo, e ha ripetuto l’errore quando in conferenza stampa ha provato a giustificarsi. Ma io dico che il silenzio del club è ancora più grave e rischia di lasciare esposto Maurizio al linciaggio mediatico
  • di Nello Del Gatto

    Quando un uomo con il nodo alla sciarpa di cachemire incontra un uomo in tuta, l’uomo con il nodo alla sciarpa sa che è un uomo morto e può solo trovare mezzucci. Faccio fatica a svestirmi dei panni del tifoso. Fossi stato in Sarri, avrei forse detto anche peggio a Mancini. Ma io non sono lui: lui è (era?) l’immagine di un calcio diverso che parte dal basso, dal cuore, dalle viscere. Sarri ha sbagliato nel dire quello che ha detto. Avrebbe sbagliato lo stesso se lo avesse chiamato cretino, dal momento che, da quello che ho capito, Mancini ha fatto il cosiddetto outing e quindi da ora è intoccabile (per quella stupida idea italiana perbenista del ciufolo per la quale un gay appartiene ad una categoria protetta tipo panda e non gli si deve dire nulla ma permettere tutto, altrimenti è sbagliato). Ma ha sbagliato veramente, di più in conferenza stampa, quando ha minimizzato, quando ha (e questo non è da lui ma da bambino sorpreso con le mani nella marmellata) accusato Mancini di averlo offeso a sua volta. Vecchio coglione. Vai a capire se l’offesa è sul vecchio o sul coglione. La gravità di una offesa va commisurata alla circostanza e a chi la dice, e non è una via per trovare giustificazioni. È un dato di fatto. E, per me, è questo il problema con Sarri. Sicuramente un mio problema: ma fino a ieri credevo fosse più furbo. Credevo potesse immaginare che lui, figlio di operaio che arriva a dire di sentirsi fortunato perché guadagna bene (e non ha bisogno di altri soldi) per fare quello che avrebbe fatto anche gratis, non sarebbe stato ammirato da un ambiente che rappresenta il peggio della quotidianità. Sarri viene, giustamente, accusato di quello che invece il mondo dei benpensanti – di quelli che #jesuisrobertomancini – ha immediatamente perdonato a Tavecchio & co per gli insulti a negri e lesbo-gay. Sarri si è prestato al gioco, di Mancini e di altri. E qui ha commesso un errore. Lo ha commesso non nel momento in cui ha detto quello che ha detto, ma nel cercare una sorta di giustificazione in quella zona franca che è il bordo campo o il campo da gioco (tra l’altro, con tutte quelle telecamere pure nei cessi, sembra più un Truman Show che uno sport ed è da stupidi non tenerne conto). Lo ha commesso nel dire in conferenza stampa che non capisce il senso di una squalifica grossa, che la stessa dovrebbero darla a Mancini. Capisco l’agone, capisco la delusione per la partita (tra l’altro, ce lo possiamo dire, in parte ha le sue colpe, quelle sì, riconosciute) ma il Sarri che mi ero figurato, se non era certo Madre Teresa o Martin Luther King, era uno che aveva un’idea diversa, uno di quelli che ci avrebbe tolto gli schiaffi da faccia. No, non parlo di quelli degli imbecilli, degli striscioni o dei cori. Quelli li compatisco, ho detto che l’offesa va commisurata a chi la dice. Ma di quelli che dovrebbero dirigerlo, praticarlo, conoscerlo per raccontarlo o giudicarlo. Per questo quanto detto da Sarri assume altro valore. È come se Superman avesse dato della troia a Wonder Woman o, meglio, se Batman lo avesse fatto a Catwoman.

    L’offesa è grave, già detto. Sarebbe stato grave anche il cretino, già detto. Trovo gravissimo, più dell’offesa, il silenzio della società. Che, perdurante, fa il gioco di questi ipocriti da quattro penne che non aspettavano altro che trovare un modo per fermare il Napoli. Che, ricordiamolo, si trova lì per assoluti propri meriti. Sfido chiunque a provare che i risultati del Napoli non siano frutto del suo gioco e del lavoro preparatorio ma di altri fattori esterni che pure il calcio ci ha abituato a considerare. Il silenzio della società alimenta il becero linciaggio mediatico. Sarri sarà squalificato da coloro che prima di lui si sono resi responsabili (impuniti) delle stesse cose. E questo dà il valore alla squalifica. Ma va sicuramente punito dalla società e qui il valore è diverso. Maggiore. Perché si dimostra al mondo intero che non puoi dire cretino a nessuno, per nessun motivo, se occupi quella posizione. Perché anche se il calcio è un gioco maschio (checché ne dica Sarri), anche se ci può stare tutta l’incazzatura per una sconfitta che, di fatto, ti caccia dal primo obiettivo stagionale, tu, Superman, devi essere lucido. Capisco, non condivido, Gonzalo che si fa venire i criscinzielli per un fallo, Mertens per una svenuta, Zidane capoccia per una offesa o Maradona che si vendica con il macellaio di Bilbao. Il giocatore è così, ma il tecnico dovrebbe essere uno con la testa sulle spalle. Non tanto per l’offesa, ma per essersi prestato al gioco in vigore, per aver dato il fianco a coloro che vogliono affossare con qualsiasi modo Napoli e il Napoli. Non parlo di complottismo, ma di pagnottismo: questi che si vendono per un piatto di lenticchie, questi che salgono sul carro del vincitore. I diversamente napoletani, insomma. Non mi piace neanche il gioco anti Mancini che richiama le varie frasi o atteggiamenti sconvenienti dell’ex giocatore della Sampdoria, né il gioco di chi dice “si indignano per Sarri e non per quello che fanno sempre al Napoli”. Io mi sento superiore, sono superiore. Pertanto l’errore è stato nel comportarsi così. E il Napoli sbaglia ancora di più se non prende posizione, anche perché vanifica gli sforzi, sul campo e non, fatti da molti, di dare una idea diversa. Come letto su twitter, “la vera vergogna non è l'insulto di Sarri a Mancini. La vera vergogna è che Mancini non possa adottare”.

    Condividi questo post