Oggi non giochiamo contro il Sassuolo, ma contro il Manchester City

Nessuno si senta escluso dalla battaglia di oggi. Non i calciatori, non i tifosi, non l'allenatore. Quella di oggi è LA partita. Più della Roma in aprile, più della Lazio fra dieci giorni. Più di quel giorno, in Champions League
  • di Boris Sollazzo

    Ricordate Napoli-Manchester City? Quei fischi roboanti, quelle urla, quei cori? Ricordate le gambe di campioni superpagati e impossibili anche solo da immaginare al San Paolo fino a pochi mesi prima? Tremavano, sbagliavano, correvano a vuoto. E noi lì, instancabili, a caricare i nostri e fischiare gli avversari, anche solo in occasione di un fallo laterale a metà campo. Se devo pensare a una partita in cui siamo stati in superiorità numerica grazie a chi era sugli spalti, penso al penultimo match di quel girone di Champions League. Se penso a una partita in cui nessun giocatore ha risparmiato anche solo un respiro, un affondo, un recupero, è quella. 

    Bene, ragazzi, statemi a sentire tutti. Tutti e 50.014. I 50.000 sugli spalti e i 14 giocatori azzurri che calcheranno il prato del San Paolo con i loro tacchetti. Oggi è LA partita. Più di Genoa-Napoli nel 2007, più delle due finali con la Juventus in Coppa Italia e Supercoppa, più di Napoli-Manchester City, appunto. Più delle vittorie contro la Roma. Non è una ventiquattresima giornata qualsiasi, è il momento di dimostrare e dimostrarci tutti se siamo uomini o caporali. E non perché dobbiamo avere paura di uno dei migliori tridenti della serie A, quello formato da Zaza, Berardi e Sansone. E neanche perché sulla panchina degli ospiti ci sarà il miglior allenatore italiano in questo momento, Eusebio Di Francesco. No, perché oggi dobbiamo dimostrare cos'è per noi questa maglia, se una seconda pelle o un vizio o un vezzo. Oggi si deve combattere, oggi dobbiamo inseguire un sogno, oggi nessuno può deludere le aspettative. Non potete farlo voi, calciatori. Non tu, capitano, che sai cosa vuol dire, per tutti noi, riuscire ad agganciare la possibilità di affrontare questo lungo finale di stagione con grandi speranze. Non tu, Zapatone, cecchino a volte goffo ma sempre infallibile. Non tu Manolo, che ci hai fatto innamorare subito e neanche tu, José Maria, che da troppo tempo non la metti dentro. E tu Walter, sai più di altri quanto riportare la Lazio a distanza di sicurezza e mettere la Roma nel mirino sia fondamentale: per sentirsi grandi, per provare a mettere le mani su soldi e risultati che il prossimo anno potrebbero cambiare tutto, per rivalerci di chi si è burlato di noi, per sentirci e sentirvi finalmente maturi, una big, capace di decidere del proprio destino, di non aver paura di nessuno, di incutere timore a chi precedi e a chi ti è davanti. Perché questa è la partita più difficile che poteva capitarci, ma noi possiamo e dobbiamo prevalere. Come contro il Manchester City. Ecco perché voi, Raul e Kalidou, dovete mordere caviglie, palloni, anticipare le intenzioni e persino i desideri dei vostri avversari, per soffocarli. E tu, Mariano, urla. Fatti sentire. Esci. Non deluderci. E se dovesse toccare a te, Rafael, zittiscici con una grande prestazione. Tira fuori gli attributi. E tu, Rafa, non prendere appunti oggi. Tienili sulla corda, tutti. Ogni secondo. 

    E soprattutto, ragazzi, tocca anche a noi. Non mi interessa se Aurelio ha messo le curve e i distinti a prezzi popolarissimi. Anche se siete occasionali, anche se vi vergognate a tirar fuori il fiato e far vibrare le corde vocali, urlate, applaudite, battete i piedi, saltate. Oggi nessuno si senta escluso, oggi nessuno faccia un passo indietro, oggi dobbiamo farcela tutti insieme. Se Zaza prova un tiro, fischiate. Se Zapata ne sbaglia uno, applaudite e tifate. Se Marek segna, fate crollare lo stadio. Se Berardi la mette dentro e dobbiamo rimontare, quello stadio fatelo tremare, cantate a squarciagola. Fate capire a chi vuole sgambettarci che non faremo prigionieri. Abbiamo fatto paura a Yaya Touré, non dimenticatelo mai. I nostri avvversari, in questi 90 minuti, dovranno provare paure ancestrali, un terrore irrazionale, un'angoscia costante.
    Oggi solo chi ama il Napoli ha diritto di cittadinanza. Solo chi è pronto a dare tutto. A rimanere senza fiato. Per le urla sugli spalti o le corse in campo.

    Forza Napoli Sempre. Ovunque e comunque. Ma soprattutto in questo bizzarro posticipo del lunedì.

    E ora cantate con me. "Ricordo quand'ero fanciullo, sognavo la maglia e il pallon, guardando la curva che canta, io provo la stessa emozion. Quando il Napoli è in campo, fortissimo batte il mio cuor, la voce mi trema e son certo: il Napoli è il mio unico amor!"

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