Dieci motivi per cui una partita inutile è diventata epica. A Città del Messico.

Anche in vacanza, a migliaia di chilometri di distanza, ma sempre su un Golfo, si può soffrire per il Napoli. Vi raccontiamo come. E dove. E con chi.
  • di Boris Sollazzo

    Lo so, Udinese-Napoli contava quanto il due di coppe quando briscola è bastoni. Lo so, sono in viaggio, in vacanza e dovrei pensare solo a divertirmi e a girare un paese pazzesco come il Messico. Lo so, da voi si giocava alle 15, ma per me erano le otto del mattino. Lo so, ma io, ieri, alle 7.40 ho messo la sveglia, dieci minuti dopo ho indossato la maglia di Callejòn e una sciarpa azzurra e alle 7.55 occupavo abusivamente la hall del mio ostello.

    Sono un malato. Anche perché non mi sono limitato a questo per il mio Napoli. Ci sono almeno altri dieci motivi per cui una partita inutile io l’ho fatta diventare epica.

    1. Un grido di dolore. Appena arrivato qui, tra i murales di Diego Rivera e il Museo di Antropologia, tra lo stadio Azteca e un pranzo meraviglioso al Café Popular, prima della Cattedrale e la Piazza della Rivoluzione, io cercavo una cosa sola: un club Napoli in Messico. Ogni tipo di social può testimoniare questa mia richiesta, stigmatizzata dai miei amici più sani di mente (il giallorosso Marco Esposito, valido collega e grande amico, mi ha apostrofato con un delicato e diplomatico “tu sei pazzo”).
      La mia compagna era basita, l’arte e la storia non riuscivano a sopraffare quel desiderio azzurro. Eppure, con maturitá e luciditá, le avevo anche detto “sai, amore? Il campionato é praticamente finito, mi basta trovare il modo di vedere la finale del 3 maggio”. Appunto.
    2. Il venerdí ho cominciato a dare di matto. Nessuna risposta dai ragazzi del Club Napoli Mexico su Twitter (@MexicoNapoli), nessun avamposto italiano degno di tale nome.  A quel punto divento come un uomo nel deserto assediato dai miraggi. Salgo sulla metropolitana e trovo la fermata Zapata. Lo individuo come un segno. Ci vado. Salgo, e trovo una zapateria. Ci vendono scarpe. Lui é uno scarpone, in fondo: capisco che la strada é giusta. Capisco male, qui tifano tutti Veracruz e mi invitano ad andare allo stadio con loro. Ovviamente ci andró. E appronteró un gemellaggio, come già accaduto a Odessa, San Sebastian e Ouagadougou.
    3. Dopo che anche la metropolitana mi ha tradito, sono caduto in una sorda disperazione. Di quelle che ti fanno fare scelte di cui un giorno ti pentirai. La mia si chiama José Luis Calderon. Sí, il pippone maledetto. Forse saprete che qui in Messico è una celebrità. Ha fatto trentatre gol in un centinaio di partite, tra Cittá del Messico e Guadalajara, tra l’America e l’Atlas. Mi sono attaccato al telefono e in uno spagnolo quasi criminale ho contattato le due societá. Magari José era tornato in Messico a vivere, chissá, potevamo vederci insieme la partita. No, allena in Argentina. Ma ora ho il suo numero di telefono e presto ci sentiremo per un’intervista. In effetti avevo bisogno di affossare un altro po’ la mia giá traballante carriera da giornalista.
    4. Sabato mattina. Per me. Corro nella hall. Espn dá solo Parma-Inter. Vedo Mazzarri, mi va di traverso anche il caffé. Che é pure americano e fa schifo. Rubo il telecomando del Mexico City Hostel, distraggo un bambino con un dolce all’ananas rubato dalla colazione, tolgo i cartoni che sta guardando. Gioco con l’infante, chiaramente tifoso dell’Udinese tanto rompe gli zebedei, e comincio un isterico zapping. Nell’ordine trovo ogni tipo di evento sportivo: la semifinale di Tennis di Montecarlo, una partita di hockey su ghiaccio, una specialitá multidisciplinare a metá tra Giochi senza frontiere e Mai dire banzai, l’immancabile curling e persino il campionato olandese. Di pallamano, però. Faccio partire la ricerca automatica dei canali, scombinando un’armonia catodica di anni nell’elettrodomestico dell’albergo. Mi si aprono un’altra centinaia di possibilitá, tra cui uno che fa pubblicitá erotiche con donne con evidenti problemi di peso e uomini privi di ogni espressività facciale. Chiudo gli occhi al bambino che nel frattempo corrompo con 20 pesos, e arrivo su uno dei programmi più ovvi. Fox Sports. C’è Udinese-Napoli. Piango, come se avessi vinto la Champions. Persino la barbetta di Zapata la trovo sexy. Fotografo il televisore come un fesso. Occupo la hall. Nessuno, per due ore, potrá cambiare canale. Anche perché ho nascosto il telecomando nel bagno. Delle donne.
    5. Passano quindici minuti e scopro che insieme a me c’è il simpaticissimo Xiao Juanyi. Segue con attenzione la partita. Senza cercare di cambiare e neanche guardandomi con compassione. Poi, in inglese, mi chiede se tifo Napoli. Con una maglia azzurra addosso e convulsioni ogni volta che tocca palla Muriel, cosa pensava che fossi?
      Gli dico di sì e lui mi chiede, sdegnato, “perché Gonzalo non gioca?”. Così, lo chiama per nome. Io lo osservo come la Madonna di Guadalajara. Con venerazione. Parliamo per venti minuti di Napoli, di Lippi e persino di Diamanti. Poi mi confessa che ha una simpatia anche per il Palermo. Ho beccato il cinese neoborbonico. Un mito. Al gol di José ci abbracciamo come fratelli. Aurelio, la Cina é vicina. Speriamo.
    6. Zapata. Dopo averlo visto ovunque, fin dal mio arrivo, capisco che a lui mi unisce un legame perverso. Scolastico. Sì, avete presente i giudizi dei professori? Ecco, mentre ad Hamsik non lo boccio, perché  é il mio cocco, anche se da mesi fa sega a scuola, se a Gonzalo dico sempre “sei un genio (del calcio, nel resto, vedi la caduta a Capri, mica tanto), ma ti applichi poco”, a Zapata io lo tratto come quello che non ce la fa, poverino, ma che si impegna tanto. Mi sbaglia due tocchi ovvi e un gol fatto? Non mi stupisce. Spizza una palla che diventa assist per il nostro numero sette che si é fatto nonostante le spalle strette? Urlo al campione. E se poi mi serve con un colpo di tacco Insigne, mi commuovo. Io a quel colombiano lì voglio bene, vedrete che un altro paio di gol per sbaglio li fará. Certo, lui gioca solo con o per Callejòn. Magari potrebbe insegnare a Lorenzo come si fa.
    7. Lo sapete, io a Marek l’ho sempre difeso. Ma al nostro amico cinese, che pare ci segua fin dal 1990 (si innamoró di Diego a quei mondiali, se ho capito bene), a un certo punto ho detto una frase di quelle brutte. Di quelle che poi ti vengono rinfacciate. Ma all’ennesimo passaggio mezzo sbagliato e mezzo sinistro, una visione violenta mi ha scosso piú del terremoto che mi ha accolto al mio primo giorno a Cittá del Messico. Quello non é Hamsik, diamine. È Asanovic. Poi ho pianto. E persino il bambino pestifero mi ha dolcemente consolato. Ma il telecomando, comunque, non gliel’ho dato. Tanto i cartoni erano diseducativi e facevano schifo.
    8. Raul Albiol, Dries Mertens, Gonzalo Higuain e Jorginho. Posso confessarvi che considero un gran risultato il pareggio al Friuli, contro un’Udinese risorta dopo il sonno contro la Juventus? Eppure li abbiamo riempiti di danaro negli anni, comprando a troppo e fungendo da spalle nelle aste improprie con cui hanno gabbato altri. E noi per un tempo e spiccioli li abbiamo dominati. Senza i nostri quattro assi, bada bene di un colore solo. L’azzurro. (Se ve lo chiedete, sì, nel mio Iphone, dopo l’ultimo back-up, sono rimasti solo gli album di De Gregori).
    9. Agustin, la guardia che sorveglia l’ostello dormendo con un occhio chiuso e l’altro pure, destatosi dal suo torpore, mi chiede “ma perché quei due non se la passano?”. Io, fingendo indifferenza, gli chiedo “chi?”. E lui: “il nano e quello che ha segnato”. Intendiamoci, Agustin come ogni messicano, non é Dino Meneghin. Detto questo, se  se ne accorgono anche qui, Rafa mio, qualcosa dovrai pur fare per metter pace tra i due. Quando giocano insieme sembra una puntata di Holly e Benji. Sgroppate infinite, dribbling improbabili e passaggi ovvi che non vengono mai fatti, perché vuoi mettere quanto è più bella la mossa dello scorpione o un tiro a giro in mezzo a quattro avversari? José, Lorenzo, vedete di capirvi, altrimenti ve lo buco ‘sto pallone.
    10. Reina. Io non so se è stata la presenza di Domizzi a distrarlo. Lo sappiamo com’é il nostro portiere, fascinoso e macho. Peró, Pepe mio, io non mi ci abitueró mai al fatto che fai mircoli che neanche Padre Pio e poi mi sfoggi errori che neanche Coppola e Bandieri insieme sarebbero stati capaci di regalarci. Io cosí non vivo. Quindi, ti voglio bene, ma non assentarti più senza avvisare, come a Bergamo e Udine. Pure a me il Nod non piace, quindi se vuoi ti lasciamo a Napoli quando si va in queste città.
      Quando non ti va, quando hai meglio da fare, insomma, uno tra l’esodato Doblas o il pensionato Colombo ti può sostituire. Altrimenti a cosa servono la previdenza e gli ammortizzatori sociali?

    Te lo dico non tanto perché potrebbero far meglio di te a mezzo servizio, ma solo perché da loro la castroneria clamorosa me la posso pure aspettare. Ok?

    Ah, un’ultim cosa, quando ti hanno detto “imita Iezzo”, non intendevano tra i pali.

     

    Bonus Track: a Zapata non danno rigori. Spero non ci sia del razzismo dietro. Sul fuorigioco, non mi pronuncio. Quello, secondo me è uno scherzone: vedrete che omologheranno lo 0-1.

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