Napoli - Palermo vista da Bayeux. In Francia

Il nostro Alessio Capone è in trasferta da una decina di giorni. I peggiori della storia recente del nostro Napoli. E ci dice come si vive la crisi a più di 1000 chilometri di distanza
  • ansa

    di Alessio Capone

    No, non ho visto niente. Per la seconda volta consecutiva ho perso la partita, la terza volta, se si conta la partita col Chievo vista in maniera distratta.

    Mi ha aggiornato l'amico e fratello Matteo Forte per telefono. Sono in Francia per lavoro, lontano da casa mia, dalle mie gatte, dal mio cane, dal salotto dei miei, da mio padre (artefice di questa mia malattia) e da mio fratello, in un paese della bella profonda e fredda Normandia, ma così disperatamente vicino a tutti.

    Due a uno, due a due, tre a due. Boom! Avrei voluto scherzare, ridere. Avrei voluto dirvi di aver scoperto che "Baguette" letteralmente vuol dire "Callejon che la passa a Higuain che fa gol". Ma il fatto è serio.

    Io vi voglio bene: ho scritto così un po' a tutti, dopo aver appreso dell'ennesimo stop, l'ennesimo passo falso, l'ennesimo ballo di fine progetto. Perché di questo si tratta. Rafa Benitez, il miglior allenatore allenatore della nostra storia, ha ufficialmente terminato ieri sera la sua avventura sulla nostra panchina. Abbiamo sognato per una stagione e qualche briciola, ci siamo illusi di assistere all'inizio di un grande ciclo e ora ci ritroviamo in balia degli eventi, di un Bardi qualunque, di un Belotti in gita a Napoli.

    Arriveranno (torneranno) momenti difficili, certo ne abbiamo passati di peggiori, ma ci sembrava di essere in buone mani, di avere una meta ben precisa, una guida, un obiettivo. Nulla di tutto ciò. La maggior parte dei nostri beniamini hanno già la testa altrove e andranno via chi prima, chi poi.

    E ci saremo sempre noi, dopo le lacrime, i fallimenti, le illusioni e le disillusioni, rimarremo ancora noi. Passeranno gli allenatori, i presidenti e anche gli Higuain. Ma rimarremo ancora noi, con le nostre sciarpe, con il nostro amore. Perché in fondo, per un tifoso nato e cresciuto al nord come me, la vittoria dello scorso anno nella Milano di sponda rossonera rappresenta un'eccezione. Perché la regola è sempre stata quella di stendere la sciarpa dopo batoste epocali accompagnate da un freddo rigido. Però lo stupore dei tifosi strisciati intorno a me, per quella sciarpa stesa ostinatamente, mi ha sempre riscaldato.

    Perché noi ci scanniamo, ci arraggiamo, ci dividiamo tra papponisti e aziendalisti, nisidisti e ultrà, ma alla fine ci vedi camminare insieme, con la pioggia e sotto il sole e non ci fermeranno mai.
    E soprattutto perché, come dice quella buon anima di Matteo Forte: noi non smettiamo mai. E non va bene a me, ma buon Napoli a tutti.

    Forza Napoli.
    Sempre, comunque e dovunque.

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