Napoli, abbiamo un problema. E siamo noi

Rafa, Walter, Edy. Tutti brocchi. Aurelio uno sfruttatore che toglie il Napoli al suo destino di grandezza. Davvero gli unici innocenti siamo noi?
  • di Boris Sollazzo

    Con il derby del biscottone annunciato, la stagione va in archivio. E prefiche urlanti già starnazzano rumorosamente. “E' un fallimento”. “Via il ciccione”. “Higuain indegno”. Poi ci sono le variazioni sul tema: se prima era Hamsik a sbagliare le partite decisive, ora è Insigne. Già, perché Marek si fa troppa panchina e fa comodo nella parte della vittima, per criticare il carnefice Rafa. Che a sua volta, esonerato o in partenza, farà comodo da rivalutare per stroncare il carnefice Aurelio. E così via. Sillogismi partenopei.

    Fallimento. Un quarto posto, due semifinali e la supercoppa italiana. Un fallimento. Dopo un terzo posto e una Coppa Italia.
    Intanto, sarei curioso di sapere quanti di voi e di noi, oggi arrabbiati per i quattro punti nelle ultime otto trasferte, avrebbero disprezzato questo risultato ad agosto scorso. Io avrei firmato. Ma io sono strano, si sa.
    Voi, invece, curiosamente, che non credete al pappone neanche quando dice “buongiorno”, sullo scudetto vi eravate fidati ciecamente. Curioso. Io che il presidente l'ho sovente difeso, avevo scritto in tempi non sospetti del pericolo del mancato rimpiazzo di Fernandez e di Dzemaili, così come che avremmo rimpianto i mancati arrivi di Mascherano o Gonalons o Fellaini, notando allo stesso tempo che lo stesso impianto dell'anno precedente avrebbe portato allo stesso rendimento altalenante.

    Ormai comunque avete esonerato Benitez e siete felici. E pure lui, eh: pare se ne vada al Real Madrid e francamente, con tutto quello che ci ha insegnato, mi ha deluso non tanto per i risultati ma per il comportamento delle ultime settimane: ha mollato e questo da un maestro di calcio e di vita non me lo sarei aspettato. E i giocatori, ancora fulmini con la Samp, lo hanno seguito.
    Ma lo ringrazio comunque e non nego che sarò uno dei suoi vedovi inconsolabili: dai tempi di Diego, solo Schwoch e Lavezzi mi hanno spezzato il cuore andandosene. E' un bel podio Rafa, ti assicuro, sentiti onorato. Stefan ed Ezequiel avevano un po' più di palle di te, va detto, erano meno signori e colti forse, ma più cazzuti. Ma si vinve anche con i Liedholm e i Boskov, non serve sempre il mister alla Al Pacino.

    Quello però che non mi va giù è un'altra cosa. Negli ultimi cinque anni, sommando i punti fatti in campionato, siamo secondi dietro alla Juventus. Di parecchio, è vero. Siamo in Europa da sei anni consecutivi, otto qualificazioni in sette anni. Chiamiamo pappone uno che, se non nella disgraziata ultima stagione di Reja, conclusa da Donadoni al dodicesimo posto, negli ultimi sei anni mai ci ha portato sotto la sesta piazza. E poi tre coppe. Pardon, coppette, a voi piace chiamarle così (poi magari la notte stessa fate il carosello, ma poi la svalutate su social e dintorni al primo problema). Anche qui, più di tutti gli altri negli ultimi cinque anni, in Italia.

    Ma so che scuoterete la testa, mi darete del perdente. Poi alzerete gli occhi, sospirerete e direte “meritiamo di più”. Voglio seguirvi: facciamo finta che dal 1926 non siamo stati la periferia del calcio per decenni. E pure con D10S non è che siamo stati un rullo compressore: otto anni per due scudetti, una coppa Uefa, una coppa Italia, una Supercoppa Italiana. Il Milan di Ancelotti (neanche quello di Sacchi) e la Juventus di Lippi han fatto meglio.
    Un ciclo unico, non lo voglio negare, quello del Diez, ma a quei tempi si usciva con lo Spartak, il Tolosa, il Werder Brema che ce ne fece 8 in due partite (però noi s'era battuto lo Sporting Lisbona ai rigori dopo due 0-0 e si erano spezzate le reni al Wettingen). Facciamo finta poi che qui son sempre venuti presidenti danarosi e generosi. A cui non hanno trovato grassi fondi neri in Svizzera, altro che uno stipendio a bilancio per il cda familiare. E quando sono venuti quelli con le mani bucate, come sembrava Naldi, pieno di alberghi e voglioso di spendere, è stato un disastro. E lui non ci ha guadagnato, anzi. Ha pure dimostrato un amore sconfinato per gli azzurri: per quanto li amate, voi non vi vendereste, che so, neanche la macchina per salvarli. Lui ha, inutilmente, rischiato il lastrico.

    Fingiamo infine che quei trofei vinti negli ultimi tre anni, che la Roma si sogna e che la Lazio rimpiange da giorni, siano “coppette”. Ci sto, avete ragione voi. Sono coppette per cui la Juventus, quest'anno ha morso caviglie e fatto falli al limite del reato, ma va bene, è giusto, sono soprammobili.
    Ma allora spiegatemi cosa volete. Benitez è un ciccione che neanche col dizionario Orrico-Del Neri-Agostinelli ha capito il calcio italiano. Eppure se non l'avesse preso, De Laurenttis, due anni fa, avreste urlato alla catastrofe. Anzi, quando sembrava che non arrivasse, giù contumelie al buon Aurelio (a proposito, ADL, non è che per il tuo 66imo compleanno mi regaleresti Marcelo Bielsa?).
    E Mazzarri, che friggeva il pesce con l'acqua (delle lacrime che versava a ogni partita), ve lo ricordate? Non lo sopportavate. Si giocava male, dicevate. Si andava a far tappezzeria al tavolo delle grandi, vi lamentavate. Edy Reja non ne parliamo: quello ha fatto andare in doppia cifra Zalayeta (in tre anni, ma è comunque un miracolo) e ha fatto segnare in serie A Bogliacino, quello che ha portato una Lazio ridicola due volte a un passo dalla Champions, voi nel migliore dei casi lo chiamavate rimbambito. Certo, ora lo applaudiamo, ma allora gli avreste messo le mani addosso, come tentò di fare Aurelio. Tutti scarsi: Edy, Walter, Rafa.
    Il punto è però che poi Rafa lo vuole il Real, a Walter lo voleva la Juventus e se l'è preso l'Inter. Incompetenti. Tutti.
    E vabbé, ci sto. Oh, avrete ragione voi.
    Però io ho l'impressione che stiamo diventando come la Roma. Ranieri, Montella, Luis Enrique, Zeman, Rudi Garcia. Il primo quasi vince lo scudetto. Il secondo, a quanto capisco, morite dalla voglia di vederlo al San Paolo con la nostra tuta. Il terzo rischia un clamoroso triplete al Barcellona. Il quarto da molti è considerato un profeta. Il quinto era il nuovo che avanzava fino a ottobre scorso. Dopo il primo anno, nella Capitale, se non dopo pochi mesi, sono diventati tutti brocchi. I tifosi li hanno schifati dopo aver predetto scudetto e Champions in estate, i giocatori hanno voltato loro le spalle. Supporter fighissimi, i giallorossi: arriva Doumbia, dopo 45 minuti lo fischiano. Come da noi: arriva David Lopez, gli insulti arrivano addirittura prima della presentazione. Solo la maglia? Sì, al massimo quella della salute.

    Ora il punto è: qual è il problema? Gli allenatori? Direi di no. Né a Napoli, né a Roma. Lo è invece un ambiente che si sovrastima ed è capace solo di demolire e non accetta società che hanno sempre dichiarato la loro volontà di non perderci, prima che di non perdere le partite. A volte con qualche scivolone dettato dall'entusiasmo: Pallotta parlò di regina d'Europa, De Laurentiis la scorsa estate di scudetto. Entrambe le società non riescono mai a fare il salto di qualità: vendono e comprano, senza riuscire a costruirsi mattone su mattone come la Juventus, decisamente corazzata anche da una proprietà piuttosto solida. Non ci piaceranno: ma da 11 anni non arriva una proposta di acquisto al 66enne produttore cinematografico e i Sensi si sono rovinati e hanno trovato sulla loro strada solo ciarlatani pronti a rilevare l'As Roma. Senza De Laurentiis, ci sarebbe Gaucci. Senza Pallotta, neanche lo sappiamo, forse ancora Unicredit.
    I colpevoli però sono gli allenatori. E i presidenti troppo parsimoniosi e che da imprenditori vogliono guadagnare. Non noi, che esultiamo ai gol del Cesena (e non dite che era esasperazione, si esultava già a quelli dello Young Boys). Non noi che fischiamo Insigne nel primo tempo contro il Bilbao. Non la nostra città che per il Napoli non si muove, non trova forze fresche che immettano denaro e management. E' colpa loro. Ma sì, avete ragione voi, continuiamo così, facciamoci del male. Ora però un po' sono contento, perché voi che meritate di più (e parlo anche dei calciatori che in questa fine di stagione hanno passeggiato dicendo che qui non si vince e se ne vanno), come sempre, ora che ci sarà da soffrire e faremo campionati più difficili, sparirete. E rimarremo noi, che questa maglia l'amiamo più della nostra vita. E che forse non meritiamo abbastanza. 

     

    Condividi questo post