Una marcia anti ultras

Un appello-provocazione ai tifosi "normali", ribellatevi ai signori delle curve.
  • di Giulio Spadetta

    Nell’ottobre del 1980 per le strade di Torino sfilarono in corteo 40mila impiegati e quadri della Fiat. Marciavano per chiedere di tornare al lavoro. Lo stabilimento di Mirafiori era infatti fermo da 35 giorni perché gli operai impedivano a chiunque l’accesso in fabbrica. I “picchetti” di sbarramento furono adottati come estrema forma di lotta nell’ambito di una vertenza sindacale sanguinosa, bloccata per settimane in un muro contro muro senza apparente via d’uscita. Poi, il 14 ottobre, i “colletti bianchi”, in gran parte rappresentanti di idee conservatrici e borghesi, scelsero di rispondere con le stesse armi “proletarie” impiegate da Cgil-Cisl-Uil. Gente in giacca e cravatta marciò in corteo con tanto di slogan e striscioni, per rivendicare il diritto a non scioperare. A quel punto i sindacati dovettero piegarsi ai voleri dell’azienda e firmare un accordo molto penalizzante.
    Ovviamente nella valutazione di questo evento gli storici sono divisi. Ma su un punto, uno solo, non c’è discussione: la Marcia dei Quarantamila ebbe un effetto dirompente.
    Tutto questo pippone l’ho scritto per dire che sogno un’altra marcia dirompente: quella dei tifosi non violenti. Servirebbe un corteo dei Veri Tifosi per dire basta alla mentalità ultras. Sì, voglio sfilare accanto a veronesi e bergamaschi, laziali e romanisti, milanisti e interisti… Eh poi, sì, sono pronto a marciare anche accanto agli juventini, guardate che vi dico. Lo capite, voi che leggete inorriditi, quanto è grave questo momento?
    Voglio sentire e vedere accanto a me i miei simili. Perché noi Veri Tifosi ci riconosciamo a tutte le latitudini, siamo tutti perfettamente uguali (vabbé no, gli juventini no, avete ragione). Siamo in milioni e portiamo i sintomi di una stessa malattia: il Pensiero Fisso, la Dolce Ossessione, il Tarlo Invincibile che regola il nostro umore e scandisce la nostra vita. Diciamolo una volta per tutte. Gridiamolo una volta per tutte: quando parliamo di calcio noi parliamo d’amore. Scusate il coming out, ma credo di aver rivolto a Maradona le parole più dolci della mia vita, e non so se mi sia mai espresso così con qualche fidanzata… E allora, se ammettiamo di essere dominati da questo sentimento inarginabile, come possiamo condividere la mentalità Ultras? Loro parlano l’unica lingua che conoscono: quella della violenza (L’ha scritto splendidamente una studiosa brillantissima come Francesca Serafini, nel suo “Di calcio non si parla”). E voi credete davvero che il calcio, questa febbre d’amore che non vi fa dormire la notte, abbia a che fare con odio e violenza? Io no. Io non ci credo.
    Questo è il momento in cui tutti quelli che amano il calcio devono prendere le distanze e capire che non può esserci una vicinanza di alcun tipo con certa gente. Occhio, non parlo solo di Napoli. Però a maggior ragione a Napoli questa distanza va scavata definitivamente. Perché se sono acclarati i rapporti tra la camorra e certi capi ultrà, sarà bene che tutti quelli che continuano ad andare in curva sappiano dove stanno andando, si rendano conto in mezzo a quale gente si vanno a confondere. Una volta e per sempre vedete di capire “con chi ve la fate”. Ecco, io non voglio più sentire discorsi del tipo: “Vado in curva perché lì c’è più calore, faccio burdello, si tifa…”.
    Eh no, amici miei, lo sapete che vi voglio bene ma non potete più fare finta di niente. Non sarebbe bellissimo lasciarli soli, questi ultras? Soli, a contarsi e guardarsi in faccia. Soli per capire che sono quattro gatti, o magari otto, ma che insomma non c’è più proselitismo. Non c’è nessuno che li segua. Nessuno che canti appresso a loro quei cori lugubri, guerreschi, cupi. Nessuno che faccia da quinta a quegli striscioni assurdi o semplicemente incomprensibili, del tipo “Vincenzo sempre con noi”, o cose del genere. Ma chi cazzo sono questi Vincenzi e Micheli e Ciccilli salutati dalle curve?
    E perché non si possono più usare parole di per sé belle come Rispetto, Onore, Orgoglio? Ve lo siete chiesto?
    E perché non si possono cantare cori indirizzati ai singoli giocatori? Chi lo ha deciso?
    E poi che cos’è questa galassia di Mastiffs, Viking, Warriors, Fedayn, Drughi, Guerrieri, Brigate, Armate, Commandi, Milizie, Eserciti… E dai, su, ma veramente vi piace questa guerra? Oppure – come me – la subite?
    Ragazzi miei, ultras immaginari, misurate la purezza e la bellezza della vostra passione e confrontatela con quella del branco curvaiolo. E poi tirate le somme. Se volete marciare, fatemelo sapere. Da qualche parte dovrei anche avere una cravatta.

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