Caro Sarri, sei stato tu a distruggere Gabbiadini. Bearzot, e Pablito, non ti hanno insegnato nulla

A Manolo serviva fiducia. L’allenatore lo ha bocciato a priori, quest’estate. Poi lo ha maltrattato anziché scommettere tutto su di lui. Se nell’82 il Vecio avesse fatto la stessa cosa con Rossi ci saremmo persi il Mundial più bello della storia
  • di Antonio Esposito

    Penso e ripenso non solo al clamoroso flop (sì perché anche se siamo usciti con un punto, non vi è dubbio che sia stato un autentico flop, soprattutto con questo Sassuolo) di ieri sera, ma altresì all’inevitabile “cadavere eccellente” che esso ha lasciato sul campo, ovvero il buon (e triste) Manolo da Calcinate (provincia di Bergamo).

    Non occorre essere fini intenditori di pallone per capire come ieri sera, a meno di imprevisti colpi di scena, l’avventura in azzurro del gemello calciatore maschio della famiglia Gabbiadini sia giunta al capolinea… Ma proviamo a chiederci solo una cosa: è veramente lui il colpevole di tutto? Con altrettanta convinzione rispetto all’osservazione di cui all’inizio, io dico: assolutamente no!

    Dov’è che vanno cercate le colpe allora? Sicuramente altrove, e principalmente in panchina, nello stesso luogo dove Manolo nell’ultimo anno e mezzo è stato costretto a marcire per convinzioni calcistiche a volte – non pensavo di dirlo fino a qualche mese fa – assolutamente dubitabili provenienti dal suo attuale allenatore, al secolo Sarri Maurizio.

    È sin da quando purtroppo Milik ha subito quel maledetto infortunio in Nazionale, che Gabbiadini, oltre a sentire a dismisura il peso delle enormi responsabilità che gravavano su di lui, ha avvertito il gravame, ben più pesante, di una critica ostile che sin dal primo momento non ha creduto nelle sue potenzialità. E certo non ha sentito vicina, duole dirlo, una parte della squadra che, forse a causa del suo carattere estremamente schivo e riservato, mal lo ha sopportato in questi anni (vero Lorenzo Insigne? Nessuno mi venga a dire infatti che il suo mancato ricambiare al saluto di Lorenzinho nella sostituzione, durante la gara interna di quest’anno contro il Bologna, sia fine a se stesso!).

    L’unico, a questo punto, che poteva dargli quella enorme ed indispensabile iniezione di fiducia era proprio Sarri, ovvero colui che avrebbe dovuto proteggerlo da qualunque critica alla prima prestazione non convincente.

    Io ricordo spesso una situazione, vecchia di oltre 30 anni, con alcuni tratti di similarità, sulla base della quale qualcuno potrà tacciarmi di “blasfemia calcistica”: correva la primavera del 1982, avevo solamente 11 anni ma ricordo come fosse ieri l’incombenza dei mondiali spagnoli al cospetto dei quali l’Italia si presentava, nel girone eliminatorio di Vigo, con l’attacco ridotto praticamente a brandelli. Bettega vittima di un brutto infortunio e perciò inarruolabile per la spedizione in terra iberica, Pruzzo e Giordano che erano all’epoca tra gli attaccanti più forti del campionato italiano ma anche vittime dell’ostracismo di Bearzot, restavano solamente il buon Ciccio Graziani, ormai orfano del suo gemello granata Pulici, Alessandro Altobelli, giovane di belle speranze in forza alla “Beneamata”, nonché tale Franco Selvaggi, chiamato in extremis quando si capì che con Bettega non c’era nulla da fare, che addirittura non figurò nemmeno nelle foto della squadra in divisa ufficiale scattate nel ritiro di Alassio (!). Restava solo un certo Paolo Rossi da Prato (FI) il quale era purtroppo reduce da circa 2 anni di inattività, causa gli strascichi del calcio scommesse, ma che era pur sempre stato uno degli eroi della fortunata (o sfortunata, dipende dai punti di vista) spedizione di 4 anni prima in terra argentina.

    Il “vecio” non solo, a dispetto delle feroci critiche (magari anche giustificate) aggregò Pablito alla spedizione spagnola (in verità lo aggregò anche in quella successiva di quattro anni dopo in Messico, ma forse lì era meglio desistere…), ma gli consegnò anche i “gradi” di centravanti titolare di quella squadra.

    Stendere un velo pietoso sulle prestazioni di Rossi (ma sarebbe meglio dire dell’Italia) nelle tre partite contro Polonia, Perù e Camerun appare assolutamente doveroso, ma lì emerse in tutta la sua evidenza la compattezza della squadra, protagonista di uno storico silenzio stampa, oltre alla grandezza di Bearzot che un po’ per convinta scelta tecnica, ma magari anche un po’ per inesistenza di ricambi all’altezza, fece capire a tutti che avrebbe insistito (secondo molti perseverato) con Rossi anche nel successivo girone “infernale” contro Argentina e Brasile; e così fu.

    Nella partita contro l’Argentina Rossi continuò ad offrire il peggio di se stesso, tant’è vero che a 10 minuti dal termine Bearzot decise di fargli subentrare Altobelli; quella sostituzione apparve all’Italia tutta il canto del cigno di un calciatore che, per evidenti motivi “prestazionali”, sembrava più il fratello gemello di quello ammirato sol 4 anni prima. E invece no, il “vecio” insistette con il suo pupillo e… tutti sappiamo poi com’è andata a finire, ovvero con Rossi che a fine stagione, dopo Rivera nel ’69, vinse il 2° pallone d’oro della storia del calcio nostrano (uno dei più immeritati, bisogna dirlo), solo per aver “azzeccato” semplicemente tre partite (bisogna però ammetterlo, quelle giuste!).

    Ecco che ritorno, dopo tale digressione “storica”, ai nostri giorni, e precisamente ai primi di agosto del 2016 quando, in pieno fermento del mercato estivo, il Napoli fa il “pari e spari” sull’attaccante da affiancare a Milik con, da una parte, Sarri che non vuol saperne di Gabbiadini, e dall’altra AdL e Giuntoli che invece stravedono (giustamente) per lui tanto da rinunciare alla ragguardevole cifra di 25 milioni offerti dal Wolsburg solo 6 mesi prima in sede di mercato invernale.

    Poi succede che il buon Manolo, in quella maledetta sera di inizio agosto 2016, incontra sulla sua strada i francesi del Monaco (che sono ai preliminari di Champions, mica una squadretta), e li asfalta con una quaterna che fa strabuzzare gli occhi ai (pochi) presenti allo stadio (tra cui me) nonché agli irriducibili disposti a sborsare 10€ per una amichevole in pay tv. Lì a quel punto il buon Sarri capisce che insistere per una sua cessione sarebbe stato controproducente e, soprattutto, impopolare, per cui decide che forse è il caso di tenerselo nonostante le sue inscalfibili convinzioni lo portino verso altri nomi, in particolare 3, ovvero:

    a) Icardi, la cui “signora” Nara usò semplicemente il Napoli per spuntare il miglior rinnovo possibile con l’Inter (chissà poi che parte avrebbe ottenuto nel cinepanettone di AdL);

    b) Morata, il quale declinò gentilmente dichiarando che da ex juventino mai avrebbe potuto fare questo affronto alla sua precedente società (praticamente una maniera gentile di dire: “Ascoltate, se permettete io preferisco tornare a giocare nel Real Madrid, non so se mi spiego…”);

    c) Kalinic che, a parte la fantasia dei due nomi di cui sopra, è stato il più vicino a vestire la maglia azzurra in un paventato scambio proprio con Gabbiadini (con conguaglio di circa 10 milioni in favore della Viola); avvenne però che, successivamente alla cessione di Alonso al Chelsea, Sousa aveva già pronte le sue dimissioni, già firmate e solo da protocollare, qualora anche il croato fosse partito.

    A questo punto si va avanti con Manolo che, grazie anche al buon precampionato, si conquista il posto da titolare a Pescara alla prima giornata, salvo poi essere prontamente sostituito da Milik ai primi grigiori di una prestazione che non resterà certo nella storia.

    E così fino a quel maledetto Polonia-Danimarca di inizio ottobre dal quale Arek torna a Castel Volturno praticamente con una gamba in meno.

    A questo punto un allenatore sagace nonché, soprattutto, non vittima delle sue inattaccabili convinzioni, fa di necessità virtù; ovvero capisce che, come il grande “Vecio” nel 1982, non ha che un solo attaccante di ruolo sul quale puntare, per cui convoca in disparte Gabbiadini e, molto semplicemente, gli dice: “Sotterriamo l’ascia di guerra, per cui tu sei da oggi il mio centravanti titolare e vai in campo fino a gennaio, anche con qualche acciacco o, addirittura, con una gamba sola!” (e qui però non insisto coi paragoni “blasfemi” poiché di giocatori che potevano andare in campo anche con una gamba sola, ce n’è stato uno solo...). Tutto ciò poiché la prima finestra di mercato si sarebbe aperta dopo 3 mesi, ma anche perché risultava improponibile “pescare” tra gli svincolati (Klose ed Osvaldo erano quanto di meglio il convento passasse), dopo che l’esperienza Rèveillére di due anni prima non è che fosse andata nel miglior dei modi; a meno che non era nelle intenzioni dell’allenatore aggregare il giovane Negro dalla Primavera, ma qui sconfiniamo nel “fantacalcio”.

    E dire che, del resto, i precedenti erano anche alquanto incoraggianti; a parte il primo anno sotto la guida Benitez, col cui modulo Gabbiadini andava praticamente a nozze, la scorsa stagione Manolo era stato sempre altezza delle aspettative, sia in Europa League, dove da titolare fu protagonista di ottime prestazioni, che nel finale di campionato dove sostituì più che degnamente l’“innominabile” dopo la follia di Udine e il trittico di giornate di squalifica che ne seguì.

    E invece no, cosa faccio: ti metto, controvoglia, Gabbiadini salvo sostituirlo sistematicamente ad inizio secondo tempo nonché preferendogli, a seconda dei casi, Mertens o, addirittura, El Kaddouri!

    A proposito di Mertens e del “falso nueve”, probabilmente Sarri si sarà fatto abbagliare da qualche “sapientone” autore di questa favola che il Barcellona (ma anche la Roja) giocavano spesso e volentieri in passato col “finto centravanti”; il problema è che costoro dimenticavano che un po’ più indietro, sia il Barca che la nazionale spagnola, annoveravano tra le loro fila un certo Xavier Hernández Creus, meglio noto come Xavi, ma soprattutto tale Iniesta Andrès, mentre il Napoli, a parte Marekiaro, poteva ribattere con Jorginho (poi fortunatamente Diawara) o Allan (tutt’al più Zielinski)…

    A questo punto il giocatore bergamasco, magari non dotato di spalle sufficientemente larghe (ma del resto chi le avrebbe avute dopo l’inesauribile tira e molla di questa estate), precipita inevitabilmente nei suoi (per dirla alla Pieraccioni ne “I laureati”) “imbuti cosmici” e si rende protagonista di prestazioni come quella di ieri sera; e qui anche il più sprovveduto degli sedicenti “psicologi” avrebbe capito che i campanelli d’allarme della mancata stretta di mano ad Insigne di cui sopra, nonché il folle gesto di Crotone costatogli il rosso più due giornate, non erano segnali da trascurare.

    Ma il nostro “Maurizione”, con un autentico “colpo di genio”, ieri sera lo toglie anzitempo dal campo sostituendolo (guarda un po’) con Mertens. Dimenticandosi, però, di un “piccolo” particolare, ovvero che il belga è nell’elenco dei diffidati e, perciò, dei potenziali squalificabili nel big match contro l’Inter di venerdì sera; glielo ricorda solo dopo qualche minuto l’arbitro Valeri quando sventaglia un sacrosanto cartellino giallo in faccia al buon Dries, ma oramai è troppo tardi e la frittata è fatta…

    Quali sono, a questo punto, le evidenze sotto gli occhi di tutti:

    a) Sarri crede di esserne uscito da vincitore poiché crede di aver dimostrato chiaramente che aveva ragione quando asseriva che Gabbiadini non era adatto al suo modulo per cui andava ceduto al miglior offerente; lo ha schierato (poche volte), lo ha fatto giocare (per modo di dire) ed ha dimostrato alla piazza che le sue teorie sono infallibili;

    b) il Napoli si ritrova in una inaspettata 6a posizione, in compagnia del Toro che, in questo momento, gliene farebbe almeno 3, e con una stagione (in campionato) pressoché compromessa;

    c) AdL si ritrova sul groppone un attaccante per il quale solo fino a 3-4 mesi fa aveva una coda di pretendenti alla sua porta disposte a sborsare fino a 25 milioni per accaparrarselo, solo che nelle ultime settimane questa fila risulta essersi sensibilmente assottigliata.

    È proprio su questo ultimo punto che, però, il buon Maurizione ha toppato, ovvero ha finito con l’influire su un argomento molto caro al Presidente, alias il “vil danaro”; è alquanto difficile per un capo d’azienda avere (o almeno essere convinto di avere) tra le proprie fila una BMW o una Mercedes (non diciamo una Ferrari che forse effettivamente è troppo) salvo poi ritrovarsi qualcuno che rema contro trasformandola in una Panda (una volta si diceva una 500, ma ormai occorre adeguarsi). Tutte le punzecchiature, sarebbe meglio dire le stilettate, del Presidente non sono affatto casuali (non ultima quella di oggi in cui afferma “aspetto con interesse Rog”) e non possono che essere il preludio ad un inevitabile divorzio che da qui a qualche mese finirà col consumarsi.

    Proprio a proposito di Rog, ieri sera, dopo la partita, leggevo una dichiarazione dell’allenatore in cui affermava: “Rog invece è un ragazzo giovane, viene da un’altra cultura ed è arrivato senza sapere una parola d’italiano. Ora lo ritengo quasi pronto…”; non è la prima volta che Sarri tira in ballo questo discorso della lingua a proposito dell’ennesimo giallo connesso alla sistematica esclusione del croato, al che mi è venuto un dubbio che ho condiviso subito su un social con degli amici: “Ma vuoi vedere che Rog, reduce da un preliminare di Champions con la Dinamo Zagabria, è venuto in Italia non per correre dietro ad un pallone ma per il progetto Erasmus???”.

    Caro Sarri, a questo punto mi rivolgo direttamente a lei dicendole semplicemente, o meglio ricordandole, che il calcio è sinonimo di semplicità e duttilità, e che gli “integralisti” non vi hanno mai fatto eccessiva strada; il suo mentore, tale Sacchi Arrigo da Fusignano, poté dire la sua per un paio di stagioni alla fine degli anni ’80 giusto perché aveva 3 olandesi in squadra nonché 2 tra i più forti difensori di tutti i tempi che rispondevano al nome di Baresi (Franco e non Giuseppe) e Maldini (Paolo e non Cesare); quando alla fine della stagione 90/91, dopo un campionato assolutamente anonimo, il buon Arrigo chiamò il Berlusca sancendogli “o io o Van Basten!”, indovini un po’ il Cavaliere chi scelse?

    Caro Adl, lei invece è il mio Presidente ed è quello che ci ha risollevato dalle polveri (potrei da qualcos’altro ma forse è meglio desistere), e di questo le sono (anzi le siamo) enormemente grati, anche perché lei è attualmente, dopo l’Ingegnere (che aveva però un extraterrestre nel suo organico), il presidente più vincente nella storia del Napoli; è innegabile, però, il fatto che dopo un mercato all’insegna di ottimi investimenti in prospettiva futura (nonché di un Giuda vendutosi alla concorrenza), andava completato il mosaico con un ultimo tassello, ovvero l’acquisto di un centravanti (vero) da affiancare a Milik data l’acclarata incompatibilità tra due dei suoi dipendenti, anche perché la scelta del prestito biennale (e non annuale come di solito avviene) di Zapata è stata assolutamente scriteriata (in questo momento il gigante Duvan ci sarebbe servito come il pane).

    Potrei solo permettermi di darle un piccolo consiglio per il prossimo mercato post natalizio?

    A parte cercare di riportare Zapata alla base già da gennaio, faccia carte false per uno scambio di prestiti col Bologna (ma eventualmente sarebbe più opportuno di cartellini) Destro-Gabbiadini; d’un sol colpo lei farebbe la fortuna sua e di due calciatori, poiché:

    a) ridarebbe una piazza importante nonché enormi motivazioni al bolognese che è pur sempre stato uno dei centranti (un vero centravanti) più promettenti degli ultimi anni;

    b) restituirebbe una gran persona (nonché un ottimo calciatore) come Gabbiadini non solo ad un allenatore che saprebbe di nuovo valorizzarlo come merita (tra l’altro bergamasco come lui), ma soprattutto ad una piazza dove qualche anno fa ha iniziato a spiccare il volo…

    P.s. E’ da più parti che sento commenti alquanto stucchevoli che, a volte, sfociano nella stupidità del tipo “lui però è bergamasco, ecco perché non può giocare a Napoli...”; a tali “sapientoni”, di specie molto simile a quelli che bulimicamente bivaccano spesso e volentieri nei salotti calcistici nostrani, consiglierei di andare a sfogliare un po’ l'albo d'oro del Napoli e di verificare, solo per dirne una, la provenienza geografica dell'allenatore del 1° scudetto (nonché ottimo centrocampista del bel Napoli di Sivori ed Altafini…).

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