Giù le mani da Bigon

Non buca i media come De Laurentiis. Non ha lo scettro del condottiero come Benitez. Ma i colpi messi a segno dal Napoli in questi anni sono quasi sempre merito suo. Ritratto di un direttore silenzioso e sottovalutato
  • di Boris Sollazzo

    [tratto da “il Garantista”]

    Riccardo Bigon è uno che ha le spalle larghe e il sorriso tranquillo di chi sa far bene il suo lavoro, anche se pochi glielo riconoscono. Un po’ come il padre allenatore, Albertino, l’understatement gli va più a pennello degli abiti eleganti, ben portati persino subito dopo una partita infuocata.

    E’ uno dei migliori direttori sportivi sulla piazza, ma lo sanno in pochi. Perché i tifosi lo criticano, definendolo uno yes man e imputandogli i “bidoni” arrivati a Napoli in questi anni e mai sbolognati. Eppure Santana, Donandel, Uvini, Sosa e Dumitru sono costati, tutti insieme, meno di Rinaudo, una delle zavorre che il ds si è trovato a dover smaltire in ogni calciomercato, frutto della gestione Marino. E Fideleff, Chavez (un regalo a Mazzoni, più che altro) e Rosati solo un milione di euro in più rispetto a Erwin Hoffer, il puntero austriaco su cui aveva puntato il collega avellinese. Un altro di quelli che, per mandarlo via, ha fatto perdere il sonno a Riccardo.

    I napoletani rimpiangono Pierpaolo Marino, uno dei migliori, non ricordandosi che sul Golfo si strapagavano i giocatori anche prima di Britos. Guardate il costo di Campagnaro, per dire.

    E dimenticano che, se l’attuale direttore generale dell’Atalanta ha portato Lavezzi e Hamsik, è vero pure che il nostro ha seguito per anni Mertens, ha scovato e voluto, convincendo pure uno determinato come Benitez, il buon Jorginho, si è andato a cercare Rafael, che ora tutti considerano all’altezza della sostituzione di Reina.

    Solo che Riccardo Bigon non ama incensarsi. Ha un presidente come Aurelio De Laurentiis che sa fare spettacolo e coltiva il culto della personalità. La sua. E così Cavani e Higuain se li prende lui, con trattative lampo e raccontate con epica sportiva invidiabile. Così come ha fatto con Rafa Benitez.

    Sì, avete capito: questo padovano 43enne è il dirigente che si prende la sedia più scomoda. Quella di chi fa da parafulmine delle colpe e lascia i meriti agli altri. Dicono di lui, ultras e affini, che non ha carattere: godetevi un paio delle sue espulsioni in panchina e poi pensate che parla da pari a pari, e a tratti si impone (da Jorginho alla prima conferma di Mazzarri) a due titani come il suo presidente e il suo allenatore. Dicono di lui che non abbia fiuto. I suoi “bidoni” chi sono? El principito Sosa, deriso al San Paolo, ha giocato la finale di Champions League con l’Atletico Madrid; Edu Vargas ha segnato, con il Cile, quattro gol in tre partite alla Spagna campione di tutto; Federico Fernandez, considerato un brocco, ora vale quattro volte quanto è stato pagato. E il più clamoroso dei suoi fallimenti, Britos, lo ha voluto Mazzarri, così come Inler, costosissimo centrocampista che ha saputo mostrarsi ai suoi livelli solo quest’anno, fu un incaponimento del livornese. Direte che doveva imporsi e non prenderli: quando lo faceva, il buon Walter, che pure con Bigon jr era cresciuto alla Reggina, diceva “Vargas chi?” oppure lo sbatteva, il nuovo acquisto, in panchina, specie se giovane.

    Bigon non è Sabatini, non ha il blitz nel sangue, il colpo a sorpresa. E’ un metodico, uno che dà il meglio come fondista. E che è la manna per il bilancio di ogni società: vendi Cavani a quasi 70 milioni di euro? Lui con quei soldi ti compra Higuain, Callejòn, Mertens e Raul Albiol. Ha “solo” dieci milioni di euro a gennaio? Porta a casa Ghoulam, tra le rivelazioni dell’ottima Algeria al mondiale, Henrique, convocato nel Brasile in questo mondiale e che lui ha preso dalla B, e metà Jorginho. A un terzo del costo di Nainggolan.

    Avete ancora dei dubbi? Guardate negli ultimi cinque anni com’è andato il calciomercato. La metà dei grandi affari fatti ai pieni alti sono idee di Bigon. Facciamo due nomi: Vidal e Criscito. Li ha cercati, voluti, presi. Poi tra salary cap e diritti d’immagine, gli affari sono saltati. Ma certo non per colpa sua. E sugli Icardi, sugli Astori, sui Nainggolan lui è arrivato prima, poi non ha avuto la potenza di fuoco per accaparrarseli. E ora ha talmente mangiato la foglia, che di sicuro (vedi Bastos) si pone finti obiettivi per lanciare prede-civetta ai colleghi e non tirar più loro la volata.

    Di sicuro un articolo così farà arrabbiare questo ragazzo che la sua faccia pulita l’ha dovuta nascondere dietro la barba, per sembrare più duro forse. Perché lui a fare il risolutore di problemi dietro le quinte ci sta bene. Probabilmente è anche contento che molti diano merito a Quillon – il manager di Rafa Benitez, Callejòn, Albiol e Reina – dei suoi successi, delle sue intuizioni. Che si parli del grande Aurelio, o dell’allenatore-manager all’inglese Benitez. Che nessuno rubi i meriti al suo principale per darli a lui. Un presidente, Aurelio De Laurentiis, che ama accentrare tutto su di sé, ma che ha un talento straordinario per trovare collaboratori di alto livello. Non a caso questo direttore sportivo non ha solo un contratto pluriennale, ma pure una penale. Sì, ha la clausola come Lavezzi e Cavani. E questo dovrebbe far capire parecchio, così come la corte che gli avrebbe fatto Galliani per rifondare con lui il Milan. Perché tutto si può dire del rossonero, fuorché che non sappia e capisca di calcio e di chi lo fa.

    Da quando c’è Bigon jr, il Napoli va sempre in Europa. E l’impressione è che non sia solo un caso, né che sia un amuleto umano.

    Se proprio dobbiamo trovargli un difetto, è che non riesce a cedere con la capacità dei Sabatini, dei Sean Sogliano o dei Giaretta. Gli altri fanno nove milioni con Dodò, dieci con Bradley, trentuno con Iturbe, a Udine sappiamo come i Pozzo sappiano ben piazzare l’argenteria. Per cacciare da Castel Volturno Miguel Angel Britos, invece, lui non riesce a spillare sette milioni di euro dalla Dinamo Mosca. E per Pandev non ha ancora trovato uno scambio all’altezza. Per Behrami i dieci milioni richiesti vengono respinti dall’Inter, che vuole pagarlo meno, Dzemaili, centrocampista da sei-sette gol a stagione, non ha quasi mercato. E Maggio, nazionale fino a pochi mesi fa? Niente. Ma c’è da capirlo a Riccardo Bigon: ogni anno ne deve piazzare una dozzina di calciatori, non due. E per quattro anni, non erano i suoi scarti, ma quelli che aveva ereditato. E la quantità, si sa, è nemica della qualità.

    Ora ha preso “solo” Michu e Koulibaly. Ma entro fine luglio dovrebbe regalare altre due sorprese. E, soprattutto, a differenza dei suoi colleghi, non dovrà cedere nessuno dei suoi campioni. Campioni che non urlano la loro voglia di adeguamento di contratto, come altrove. Eppure tra le grandi, il Napoli ha il monte ingaggi più basso, di tre volte rispetto a Milan e Juve. Il quinto, forse presto il sesto in assoluto. Se Walter Sabatini è il Mago, insomma, Riccardo Bigon è il moltiplicatore di pani e pesci.

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