Lo stadio e la società: ecco cosa manca al Napoli per diventare grande

Quella del San Paolo è una questione da sbloccare e nell’organigramma mancano i professionisti che permettano il salto di qualità. Perché continuiamo ad appoggiare Tavecchio?
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    di Nello del Gatto

    Tra le prime nel fairplay finanziario, tra le prime nel ranking Uefa, la Società Sportiva Calcio Napoli stenta ancora ad accreditarsi come uno dei club più importanti al mondo. Non è solo una questione di risultati: i Red Socks del baseball Usa non hanno vinto nulla per più di 80 anni e nel ranking Uefa davanti al Napoli ci sono società meno titolate (a livello europeo, non nazionale) dei partenopei come il Basilea o il Lione. Guardando il tutto dall’esterno, cercando di dare valutazioni oggettive, confrontando il tutto anche con altre realtà italiane e non, credo che il problema del Napoli si riassuma in due colli di bottiglia: lo stadio e la società.
    Aurelio De Laurentiis è un grande imprenditore, la sua storia personale e familiare lo dimostra, il successo con il quale ha traghettato il Napoli dal fallimento ad essere una società in attivo è solo un segnale della sua capacità imprenditoriale. Ma il presidente è anche un padre padrone, un presenzialista, uno che difficilmente ascolta chi gli sta intorno anche se è una persona che si è scelta lui. E qui il secondo sottoproblema: il professionismo dello staff. Anni fa c’era una pubblicità nella quale un piccolo imbianchino su una bici trasportava un grande pennello. Al vigile che lo fermava perché conciato il quel modo bloccava il traffico, l’omino in bici diceva: “devo dipingere una parete grande, ci vuole un pennello grande”. E il vigile “non ci vuole un pennello grande ma un grande pennello”.
    Ecco, nel Napoli attuale mi sembra manchi il grande pennello. Ci si da tanto da fare, ma mancano i professionisti che permettano il salto di qualità. Parliamo solo di comunicazione: molte uscite del presidente sono da censurare e spesso la cura è peggiore del male, per cui la cosiddetta “pezza a colori” lascia veramente basiti. Pensiamo al caso di Behrami che, stizzito da scelte di Benitez, ha palesemente lasciato il campo contrariato tanto da lanciare la pettorina. Ecco la pezza a colori della società: Benitez aveva ritenuto chiuso l'allenamento e ha chiesto a Behrami, Dzemaili e Duvan se volevano tornare negli spogliatoi. Duvan e Dzemaili sono rimasti mentre Behrami è andato via. Si sente il rumore delle unghie sul vetro da Dimaro a Canicattì. Per non parlare di quando DeLa si fece riprendere in motorino senza casco o quando aggredì il tifoso. Anche li la cura è stata peggiore del male. Non voglio scadere in una retorica da bar, ma certi atteggiamenti vanno sicuramente condannati, ancor di più da chi da mmolti viene considerato un punto di riferimento in una città come la nostra che di esempi negativi ne ha fin troppi. Ecco perché fa orrore che il presidente non solo non abbia condannato, ma ha addirittura appoggiato e giustificato il candidato alla presidenza della Figc Tavecchio nelle sue dichiarazioni razziste. Capisco che ci possano essere interessi milionari sotto, considerando che il Napoli quest’anno si potrebbe trovare a fronteggiare per la prima volta un rosso nei conti. Se infatti il bilancio di quest’anno, che sarà approvato in autunno, dovrebbe chiudere ancora in utile (l’ottavo consecutivo per il Napoli) grazie alla plusvalenza realizzata grazie alla cessione, la scorsa estate, di Edinson Cavani al Paris Saint Germain, che ha permesso di compensare l’incremento del costo del personale legato all’oneroso ingaggio di Rafa Benitez e del suo staff, oltre che gli investimenti effettuati nella rosa lo scorso anno, a partire da questa stagione il Napoli potrebbe non avere ricavi abbastanza capienti per compensare i crescenti costi del personale e gli ammortamenti legati agli investimenti effettuati anche in questa stagione. Analisi non mia ma che sposo in pieno e che spiega la necessità del Napoli non solo di entrare nella Champions che conta, ma anche di avere un solido appoggio dove si conta. Ma per il soldo non si può venir meno a ideali. Una città storicamente sicuramente non razzista è Napoli: come possiamo tollerare quello che ha detto Tavecchio? Come possiamo noi che denunciamo la stupidità delle frasi domenicali inneggianti il Vesuvio assecondare i deliri del candidato alla presidenza Figc?
    Sullo stadio, il discorso è a parte. Ma davvero DeLa lo vuole, o fa melina con il sindaco? Sono sicuramente poco a conoscenza dei meccanismi e degli ingranaggi del caso oltre che dei retroscena, ma un imprenditore del suo calibro credo che potrebbe dare una sferzata alla situazione di stallo. Per questioni di lavoro ho frequentato ogni posto dello Juventus Stadium. A parte i colori e il logo che mi hanno fatto venire l’orticaria, devo ammettere che è spettacolare, curato nei dettagli e con tutto, proprio tutto quello che si può immaginare. Perché una squadra come il Napoli, non lo merita?

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