Caro Aurelio, perché non molli Tavecchio?

Un presidente così innovatore non può appoggiare uno che parla ancora di “banane” e “handicappati”
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    di Domenico Zaccaria

    Caro presidente, quando sei entrato nel mondo del calcio sei stato accolto con diffidenza. D’altronde tu parlavi di una Superlega europea e i tuoi interlocutori pensavano di doversi rivolgere a un ferramenta. Lavoravi con uno smartphone quando gli altri avevano appena iniziato a usare il telegrafo. Dieci anni fa sostenevi che il calcio italiano andasse svecchiato - in primis negli organi dirigenti - ma solo dopo la figuraccia al mondiale brasiliano se ne sono accorti tutti. Eppure il Napoli è tra le società che ancora appoggiano Carlo Tavecchio, di anni 71, alla presidenza della Federcalcio. Uno che milita nella dirigenza sportiva da più di 20 anni; ma soprattutto, uno che usa ancora il termine “banane” quando parla di calciatori africani e “handicappate” riferendosi al calcio femminile. Termini dispregiativi e inaccettabili, ma soprattutto termini ormai desueti, come la “patonza” di berlusconiana memoria. Indice di un modo di pensare vecchio, proprio quello che hai sempre combattuto da quando sei entrato nel mondo del calcio. Demetrio Albertini, lo sfidante, di anni ne ha 42 e può davvero costituire il primo passo verso quel rinnovamento del quale il calcio italiano ha tanto bisogno. Certo, l’ex centrocampista del Milan non rappresenta il bene assoluto, anche perché non è un neofita nel mondo della politica del pallone. Ma è dieci passi avanti a Tavecchio, non fosse altro per una questione di immagine. E allora, caro Aurelio, perché non molli anche tu il “bananaro”?

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