Sullo stadio San Paolo un compromesso che ci riporta indietro di 30 anni

La messa a norma costerà ai contribuenti 25 milioni di euro, mentre tutto il resto d’Europa va in ben altre direzioni
  • di Gianmario Mariniello

    Premessa: non voto a Napoli, non mi interesso di politica, non me ne frega niente delle elezioni. Premessa d'obbligo in campagna elettorale. 

    Tesi: la delibera del Comune di Napoli che impegna 25 milioni di euro trasferiti dal credito Sportivo all'Ente locale non è una buona notizia. 

    Svolgimento: l'assessore Borriello, che si è dimesso subito dopo la delibera sullo stadio, ha oggi annunciato che i lavori per il San Paolo finiranno nel 2019. 3 anni per una messa in sicurezza (e a norma) dell'edificio è un'enormità. Ma tant'è, le tempistiche in Italia sono sempre state opinioni, dettagli, quisquilie. Il problema vero è la scelta politica di investire 25 milioni dei contribuenti per un intervento da anni '80, non certo da terzo millennio. Infatti, l'intervento prospettato dal Comune non è nemmeno configurabile come "retrofit" (ossia "aggiungere nuove tecnologie o funzionalità ad un sistema vecchio, prolungandone così la vita utile", come spiega Wikipedia). Non solo, ma il Comune manterrebbe la gestione. Tradotto: altri soldi dei cittadini napoletani spesi per mantenere il San Paolo. Insomma, quanto approvato dalla delibera è semplicemente una messa a norma. Come quella per i mondiali del 1990. Sappiamo come è andata a finire. "Chi non impara dagli errori della storia è destinato a ripeterli": dubito che a Napoli qualcuno conosca Santayana. 
    Sia chiaro: sul San Paolo abbiamo visto i soliti tic italioti, con il privato che non vuole spendere, il pubblico che ostacola il privato, la burocrazia sindacalizzata che non vuole mollare la gestione dei beni pubblici e i tempi che si allungano all'infinito, con conseguente pezza a colori finale. Nulla di nuovo. E poi, essendo abituati a niente, anche il poco ci appare tanto. Resta un dubbio, enorme: in tutto il resto d'Europa, dove si vorrebbe far stare il Napoli in pianta stabile, essendo la squadra di "Napoli capitale", lo stadio è normalmente dei privati, vuoi in proprietà, vuoi in gestione/concessione, con migliaia di metri cubi commerciali, in alcuni casi un quartiere residenziale accanto (Arsenal). Una struttura aperta tutta la settimana, capace di creare migliaia di posti di lavoro direttamente o tramite l'indotto. A Napoli si va in direzione opposta, con una scelta vecchia di 30 anni. Perché?

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