E lo Stato che fa? Si costerna, s’indigna, ma sui fatti di Roma getta la spugna. Senza dignità

Sono passate quasi due settimane dalla finale di Coppa Italia e non si sa ancora chi e come ha sparato. In compenso si continua a parlare di Genny ’a carogna e dei tifosi partenopei
  • di Francesco Bruno

    Sono passate quasi due settimane da quel tre maggio, giorno dei fatti di Fiorentina-Napoli, e non abbiamo ancora saputo con esattezza dallo Stato e dalle sue istituzioni cosa è successo e chi ha sparato. Gli unici indagati restano al momento soltanto quelli che le forze dell’ordine sono riusciti a bloccare sul luogo dell’agguato, cioè coloro che sono rimasti a terra a viale Tor di Quinto. Su quello che doveva essere il focus dell’intera vicenda, cioè pretendere e chiedere giustizia accertando le responsabilità di tutti quelli che sono stati coinvolti, sta progressivamente calando il silenzio. Protagonisti assoluti sono sempre, con completo capovolgimento della realtà, Gennaro De Tommaso e la tifoseria partenopea. Ancora l’altro giorno a Tg2 Insieme Carlo Bonini, l’autore di Acab (All cops are bastard), a cui i media nazionali hanno ormai assegnato il ruolo incontrastato di massima autorità sulla tematica ultras, disquisiva su Genny ’a carogna e sulla presunta trattativa imposta dalla curva partenopea, tralasciando il fatto che, come testimoniato in varie fotografie, anche la dirigenza viola aveva consultato la sua tifoseria.

    Ma vi sembra una cosa normale? Ma vi sembra normale, inoltre, che un ministro dell’Interno dichiari nell’immediatezza dei fatti dell’Olimpico di «stare pensando al Daspo a vita» quando il Daspo a vita giuridicamente esiste già, solo che non viene applicato. In un Paese normale il questore si sarebbe dimesso la sera stessa dei fatti e si sarebbero concentrate le indagini su quello che è accaduto. Domenica scorsa abbiamo invece assistito allo stadio Olimpico all’esposizione degli striscioni inneggianti a Daniele De Santis detto Gastone, ritenuto pesantemente implicato dalla magistratura nella vicenda e, oltre alla ridicola sanzione pecuniaria inflitta alla Roma, non è scattata nessuna sollevazione popolare su chi ha appeso questo striscione e sul suo contenuto.

    A questa forte campagna di aggressione mediatica, che ha stabilito l’equazione tifosi del Napoli=camorra, ha risposto straordinariamente il pubblico del San Paolo nella gara contro il Cagliari, quando era stata sparsa la voce che ci sarebbero state trentamila magliette dedicate a Speziale: una bugia clamorosa, per la quale nessuno ha sentito il dovere di scusarsi, così come per la notizia totalmente infondata secondo cui gli ultras napoletani stessero programmando di vendicarsi in occasione di Roma-Juventus. Ci aspetteremmo una risposta, però, anche dallo Stato e dai suoi rappresentanti: ci dovrebbero far sapere perché in un letto d’ospedale Ciro Esposito versa in condizioni gravissime, chi l’ha ferito e come l’ha ferito. Dovrebbero in altre parole riuscire a ristabilire la verità dei fatti e a garantire che i colpevoli vengano assicurati alla giustizia.

    Tutto questo accadrebbe in un Paese normale, ma non in Italia, dove il premier Renzi, arrivando a Napoli nel suo tour elettorale, continua ad osservare un assordante silenzio sulle vicende romane cui ha assistito dalla tribuna. Aveva proprio ragione il grande Fabrizio De André:  “...e lo Stato che fa, si costerna, s’indigna, s’impegna, poi getta la spugna con gran dignità...”.

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