Ho scoperto una famiglia, quella di Ciro Esposito

Da mamma Antonella a papà Gianni, fino agli zii Vincenzo e Pino: se tutti noi abbiamo potuto “conoscere” un po’ Ciro lo dobbiamo a loro
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    di Francesco Albanese

    Nei giorni terribili dell'agonia di Ciro al Gemelli ho scoperto una famiglia. La figura esile di mamma Antonella era il perno attorno a cui tutto ruotava. I cronisti in attesa di notizie incrociavano il suo sguardo e raramente ricevevano un "no" come risposta: da subito la famiglia Esposito si è mostrata disponibilissima verso i media e questo nonostante le condizioni drammatiche in cui versava Ciro. Alla compostezza della madre faceva da contraltare l'esuberanza di papà Gianni. Persona schietta, quello che un tempo si sarebbe definito un grande lavoratore. Di lui mi impressionò la prima frase che disse riguardo suo figlio: "Ciro un violento? Mio figlio lavora tutto il giorno all'autolavaggio, ha delle mani deformate per quanto fatica". Se mamma Antonella è sempre riuscita a mascherare il travaglio che la scuoteva, Gianni nemmeno ci provava a nascondere la sua disperazione. Quei corridoi del Gemelli li ha percorsi su e giù centinaia di volte, un'anima in pena che cercava conforto nelle sigarette fumate a dozzine. Dovrei dilungarmi poi sulla figura della fidanzata e di tutti gli altri parenti e affini che non hanno fatto mancare il sostegno alla famiglia di Ciro nemmeno per un minuto, magari   strappando anche qualche sorriso insperato. Una citazione speciale vorrei però dedicarla agli zii Vincenzo e Pino. Estroverso l'uno, più riservato l'altro accomunati dall'amore per quel nipote la cui reputazione era già stata infangata in quella stessa maledetta sera del 3 maggio: è anche grazie a loro che tutti noi abbiamo potuto "conoscere" un po' Ciro anche senza avergli mai potuto rivolgere un semplice "ciao".

     

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