Gemelli diversi. Il calciomercato spiegato dalla Curva B alla Curva Sud. E viceversa

Seconda puntata dell'amicizia più pericolosa del calcio italiano: Giulio Somazzi e Boris Sollazzo parlano delle loro squadre. Anzi, di quella dell'altro. Questa volta inizia il napoletano e risponde il romanista
  • nottesport

    di Giulio Somazzi e Boris Sollazzo

    Ci avete chiesto a lungo una seconda puntata. Immaginavamo di trovare ostilità dopo aver svelato il nostro primo scambio epistolare, abbiamo trovato un terreno fertile in cui poter seminare il dubbio e la voglia di sorridere. E allora ecco qui che il calciomercato offre l'opportunità ai nostri due tifosi, sempre nella loro accesa rivalità e costantemente in lite per i motivi più futili, di confrontarsi. E ad ammettere che Roma e Napoli non sono mica divise da 200 km e spicci. Sono molto più vicine. Ma non abbastanza per fare arrivare a Trigoria Higuain caro Giulio, sia chiaro.
    Questa volta è Boris Sollazzo a sfottere per primo il giallorosso, che risponde da par suo. 
    Non ditelo a questa strana coppia, ma comincia a sentirsi anche dell'affetto tra i due. Si danno consigli, si guardano con bonaria diffidenza. 


    Roma, nun fa la stupida a sta sessione de mercato...

    Sono romano e napoletano. Sono romano e non romanista, ma azzurrissimo nel cuore. E non c'è colpa peggiore nella capitale, soprattutto quella colorata di giallorosso, che non tifare per la Magggica. Sei osteggiato, contestato, un po' odiato (sì, pure da Giulio Somazzi, ci siamo conosciuti prendendoci a pesci in faccia, a litigare a chi aveva perso meno mentre la Juve si prendeva tutto: siamo così, è difficile spiegare certe giornate amare, lascia stare...).
    E ve lo confesso, finisco per viverla come un derby: se la Roma fallisce, mi consolo delle mie sconfitte, giusto un po'. Quindi sorrido se esce dalle coppe, così come quando nel calciomercato prende qualche cantonata (ho appena finito di sfotterli per Astori, che me lo ritrovo in rosa: le beffe del destino. Ecco perché da un po' sostengo che Iturbe sia fortissimo, dovesse mai prendere il Frecciarossa pure lui).
    Nessuna esultanza sia chiaro, ma siccome a luglio il Corriere dello Sport dà già davanti ai cancelli di Trigoria almeno tre palloni d'Oro, quattro campioni del mondo, un paio di Nobel (Darcy Norman, per dire, ormai passa per il nuovo inventore della penicillina) e pure un premio Oscar, sorrido quando poi si presenta Iago Falque. Che per inciso è fortissimo, e mi ricaccerà quel ghigno in gola già da settembre. E intanto i ragazzi di Garcia, i magggici, perdono la prima amichevole contro dei magiari di serie B, e io sotto i baffi me la godo.

    Poi, ad agosto, ecco lo "scudo". Non c'è romanista che non si cucia il tricolore in petto.

    Eppure. Eppure da quando ci sono l'ammericani, si sono rinfoltite le fila dei contestatori in modalità permanente. Avete presente quelli che cantavano "Viola Dino bagarino" o "Franco Sensi vattene"? Due che praticamente ci sono morti per la Roma. Ma vabbé, fa niente, che poi io a Napoli mi ritrovo uno che mi ha portato dalla C alla Champions, che mi ha regalato Higuain (si quello che ora non vale Novotny, per qualche rigore sbagliato) e lo chiamano pappone. Ma stiamo parlando della Roma, fatemi ridere.
    Che si sa, noi siamo diversissimi, ci odiamo. Ecco.

    Io guardo questa gente e mi beo. Arriva Iago Falque, la miglior seconda punta della A? Si contesta. Poi si tratta Bacca, fenomeno al Siviglia. "So' troppi 30 mijoni pe' n' 29enne". Manco li tirassero fuori loro. Va al Milan e ti aspetti che i contestatori fondamentalisti tirino un sospiro di sollievo. No, il buon Carlos lì diventa il miglior attaccante della storia. E, ca va sans dire pure quel Luiz Adriano che faceva storcere la bocca a gennaio, si trasforma magicamente in cecchino implacabile. Ora si tratta Edin Dzeko, uno per cui si organizzavano veglie di preghiera nella capitale perché apparisse anche un solo minuto all'Olimpico, questo prima almeno dell'ossessione compulsiva con cui nella Capitale e sui social si facevano fotomontaggi del Pipita già lupacchiotto (sì, per mesi, a Roma si sono autoconvinti che a Pinzolo Gonzalone avrebbe tirato il gruppo di Garcia). Bene, Dzeko, uno che a Roma non vedono dai tempi di Batigol, più che la punta che ci voleva, tra tante mezze punte, ora è già 'na mezza pippa. "Ha fatto solo 6 go', è rotto, è finito". Sì, e Rocco Siffredi è impotente, magari.
     

    Romanisti miei, state attenti. Io questo l'ho visto già succedere. Non solo da voi, che avete protestato per la cessione di Cufré e avete benedetto quella di Benatia dandogli del kebabbaro, ma pure da noi. A Cavani abbiamo imputato il non essere più timorato di dio, a Quagliarella di vivere a Castellammare, a Higuain di andare a donne e mangiare troppo bene. Poi De Laurentiis non prende Vrsaljko a 15 milioni di euro e noi lo schifiamo dopo che neanche sapevamo cosa facesse nella vita il buon Sime e pochi giorni prima ci scandalizzavamo che lui ci avesse solo pensato.

    Non credete a Pallotta, che qualche fregnaccia ve l'ha raccontata ("Benatia? Stava rompendo lo spogliatoio", ma contro il Bayern gli ex compagni facevano a gara per abbracciarlo), così come De Laurentiis finisce sempre per dirne una di troppo. Ma neanche a chi ama demolire la squadra per il puro gusto del disfattismo, gli ultras dallo striscione prestampato.

    Certo, voi c'avete pure gli ottimisti folli e un po' ve l'invidio. E' vero che a causa loro e di Garcia che ne viene contagiato ("dopo questa sconfitta, sono ancora più sicuro che vinceremo lo scudetto" ma anche, in semifinale contro di noi, "la finale è a un passo, credo nella Coppa"), vi prendiamo in giro. Ma quanto sono belli quando già immaginano il Circo Massimo, mentre noi pensiamo al prossimo insulto per ADL. Che tenerezza. E poi quell'ostinato ELADN che si trasforma in zero tituli.
    Godetevi Mattia Destro, ha sempre segnato, non è scarso: fischiarlo e provare a sbolognarlo ovunque serve solo a fare il male della squadra: zitto zitto il primo gol della stagione è il suo. E Gervinho non era Didì, Vavà e Bruno Conti messi insieme fino a sei mesi fa? Ora davvero è da buttare?
    Persino Doumbia, alla fine, due gol decisivi ve l'ha fatti. No, ok, qui ho esagerato, scusate.

    Come si dice a Roma, dateve 'na carmata, ce fossi arrivato io due volte secondo...

    Tuo, con stima e sperando d'alzarvi Astori in faccia

    Boris

    Il Napolismo secondo Luca

    di Giulio Somazzi

    "Perchè guardi
    la pagliuzza
    che è nell'occhio
    del tuo fratello
    e non ti accorgi
    della trave che è 
    nel tuo occhio?" 

    (Luca 6,41)

    So cosa stai pensando Boris: ecco, Giulio sta accusando uno shock termico dovuto all’intensissimo caldo. Non ha ascoltato i consigli del Tg5 e invece di bere molta acqua in luoghi freschi ha optato per dell’Amarone della Valpolicella immerso nel catrame bollente di un cantiere. No no, niente di tutto questo. Il mio improvviso guizzo evangelico è stato prodotto solo dalle tue riflessioni sulla situazione Romanista. 

    Non intendo dire che tu abbia tutti i torti: il nostro grado di isteria produce un’asimmetria cruciale tra percezione e realtà. Per un romanista è SCIENTIFICAMENTE impossibile guardare le cose che riguardano la Roma da un punto di vista sobrio. Per noi non intercorre alcun passaggio intermedio tra un campione e una pippa, il più grande Presidente della storia e Ciarrapico, tra il Circo Massimo e la retrocessione. 

    Ma voi pensate di essere più lucidi?

    Partiamo da Benitez. Don Rafaè, accolto come un messia. Ok, d’accordo, lui ci ha messo del suo: aveva vinto tutto ovunque - tranne con l’Inter di Biabiany e Obi, che strano - e somigliava pure un bel po’ a Ferdinando II. Come fai a mantenere la calma? Poi ha preso pure Higuaìn, un calciatore di livello talmente alto che ci siamo entusiasmati pure noi che viviamo a 200 km di distanza. Beh, in due anni Don Rafaè diventa il chiattone. Lo hanno sgamato tutti, deve andare via. Tornasse a Madrid. Qui serve un allenatore che conosca bene il campionato italiano, uno che non si faccia fregare da tutti. 
    Uno tipo Sarri: tanta gavetta, umile, ci ha praticamente SEMPRE battuti e somiglia vagamente a Pietro Savastano di Gomorra. E il Napoli - sulla buona strada per consolidare la dimensione internazionale     - deve riadattarsi di nuovo: basta fichetti tipo Callejòn con tutto quel gel! Non ne possiamo più di Higuain che calcia il 100% di rigori nella stratosfera! Basta calciatori internazionali, qui serve gente umile, gente che lascia la maglia sudata e poi eventualmente se la lava da solo! Tipo quello lì, come si chiamava, quel mediano che l’anno scorso avremmo rispedito in Spagna col pedalò per quanto ci faceva schifo! David Lopez! Ecco, quello è il profilo ideale. Come abbiamo potuto imborghesirci così tanto? Dov’è la fascia di capitano? Datela a Lopez, presto! 
    Leggo sui quotidiani pezzi di cronisti invasati: il metodo di lavoro atletico di Sarri è incredibile, intenso e i calciatori impazziscono per lui: Benitez al confronto è un video di aerobica di Barbara Bouchet. 
    Il trend di esaltazione che è passato dal provincialismo di Mazzarri all’internazionalismo borbonico di ritorno di Benitez si trova ora al nadir del suo orizzonte calcistico e prova a proporsi nuovamente in una veste che s’è già vista e che sappiamo già in cosa si evolverà: analisi amareggiate di sconfitte impreviste e delle scuse dal sapore di chewingum già masticato da qualcun altro. E sarà in quel giorno che qualcuno, bevendo un caffé così buono che solo a Napoli sanno fare, comincerà a domandare “Qualcuno si ricorda perché Benitez non andava bene?” 

    PS - La diffusa disabitudine di molte squadre italiane ai calciatori di livello internazionale veicola un’ illusione inevitabilmente controproducente. Gonzalo Higuaìn è un attaccante di livello mondiale, ma non basta a farti diventare il Manchester United, specie se dietro di lui giocano Inler e Jorginho che al massimo hanno fatto 4 partite in Champions League. Ricordo un esempio di una chiarezza sfolgorante: negli anni novanta il più grande centravanti puro del mondo giocava nella Fiorentina, segnando tonnellate di gol pressoché inutili. Non bastò Batistuta per far vincere la Fiorentina e non bastò la Fiorentina per far vincere Batistuta, che sappiamo come decise di concludere la sua esperienza italiana.  
    A me ricorda qualcuno: tutti e due attaccanti molto forti, a due ore di treno da Roma e dalla Roma, la squadra che li avrebbe fatti trionfare. E’ un eterno ritorno talmente bello e perfetto che se gli antichi greci avessero potuto ne avrebbero sicuramente scritto.

    Cordialmente,

    Gonzalo Somazzi. Scusa, Giulio.

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