Club e nazionali, qualcosa va rivisto

Se è vero che il calcio è cambiato, l’infortunio a Mertens ripropone il tema del rapporto tra squadre di club e nazionali già sollevato tempo fa da De Laurentiis.
  • di Francesco Bruno

    Da tempo le soste per gli impegni delle nazionali sono una seccatura per tutti. Gli allenatori devono inventarsi per una decina di giorni improbabili allenamenti senza i migliori calciatori. I tifosi si sciroppano squallide partite contro Azerbaigian e Albania o, se proprio va di lusso, sono costretti ad assistere alla loro squadra che viene strapazzata dalla Croazia di turno. Alla ripresa del campionato in casa Napoli, questa volta, c’e’ una sgradita novità. La pausa ha restituito a noi tifosi e a Rafa Benitez, già reduci dalla mazzata dell’infortunio capitato al Magnifico, un Dries Mertens vivo per miracolo che, prima di rimettersi completamente, dovrà probabilmente saltare alcune partite. E’ stato terribile vedere il folletto belga crollare al suolo dopo lo scontro con Williams, tanto involontario quanto violento. Per chi stava assistendo al match tra Belgio e Galles le prime immagini sono state scioccanti, come accade in genere in circostanze di questo tipo. Poi, dopo aver visto che il giocatore stava fortunatamente riprendendo conoscenza, il pensiero di molti tifosi è immediatamente andato alla squadra azzurra e al suo sistema di gioco, per i quali sia Mertens che Insigne sono pedine fondamentali.

    Sul fatto che i periodici stop al campionato che ci costringono a quindici giorni di astinenza da una delle irrinunciabili passioni della nostra vita siano insopportabili, già mi sono dilungato. L’incidente occorso a Mertens apre pero’ ad altre considerazioni, già sollevate in passato dal nostro patron. Che sarà pure diventato per gran parte della volubile tifoseria partenopea peggio di Ferlaino e Corbelli, che sarà anche a volte dipinto dagli opinionisti nazionali come un personaggio quasi caricaturale – è passata alla storia la fuga in motorino dagli studi di Sky di qualche anno fa -, ma che in genere non parla a vanvera, soprattutto se si tratta di business. Sembrerà poco romantico, ma se a noi tifosi troppo legati al passato è stato spiegato che le società sportive sono appunto imprese, allora i giocatori costituiscono i loro investimenti principali, il cui utilizzo dovrebbe essere tutelato. Il loro costo di acquisto e d’ingaggio, esattamente come avviene per un qualsiasi bene aziendale, viene ammortizzato nei bilanci societari in vari anni. Già il fatto che un calciatore venga regolarmente sottratto alla disponibilità della sua società suona dunque strano. Se poi questo calciatore torna pure infortunato e non in condizione di scendere in campo, allora le regole vanno probabilmente rivisitate.

    Tempo fa fu proprio DeLa a lanciare l’idea di prevedere coperture assicurative a tutela dei danni che potevano subire le società a seguito degli impegni con le nazionali dei propri giocatori. L’idea fu ovviamente bollata come una trovata istrionica del nostro presidente mattatore e cadde nel dimenticatoio. Ma il problema resta, ed è soltanto uno dei tanti che vanno affrontati e riformati se si vuole evitare che le società calcistiche diventino un affare a perdere non appetibile per qualsiasi imprenditore sano di mente.

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