Ongi etorri. Benvenuti

La Catedral, finalmente completa, è lo scenario ideale per un'impresa...
  • Sono incazzati i leoni. Sabato a Malaga il loro branco è stato derubato e da cacciatore sono passati a preda: il gol annullato a Iraizoz, che già a Napoli aveva negato il 2 a 1 a Higuain, ha drizzato le loro folte criniere. Adesso la loro rabbia è ancora più manifesta. L’occasione di tornare in Champions League dopo 16 anni è troppo ghiotta e loro hanno troppa fame.

    Ma il Napoli non è l’agnello sacrificale diretto all’altare di San Mamés. L’anno scorso, in uno stadio nuovo di zecca costruito a 100 metri dal vecchio, solamente l’Espanyol in Liga e l’Atletico madrid in Coppa sono riusciti ad espugnarlo. Adesso che il telone rosso fuoco è stato sostituito da una curva l’ambiente sarà ancora più caldo. Sarà l’inferno in un clima oceanico. La pioggia, che spesso accompagna le giornate del paese basco, conferisce alle partite alla ‘Catedral’ quell’agonismo di stampo inglese e quella trascendenza tipica da grandi imprese. Quella, appunto, degli azzurri.

    Paradossalmente, il doversi giocare la qualificazione in uno stadio pieno di nemici invasati può essere una motivazione extra per la squadra di Benitez. La mistica dei mercoledì da leoni, quelli dell’Athletic, deve spingere gli azzurri a cercare il colpaccio. L’obbligo di dover rincorrere e di non dover gestire è da sempre il segreto di Pulcinella del Napoli, raramente capace di addormentare le partite e mantenere il risultato. Quindi, avanti tutta a testa bassa, come il Pipita in mezzo a due avversari martedì scorso.

    Mettiamo da parte i discorsi sulla presunta superiorità del Napoli rispetto all’Athletic. Accantoniamo le grigie previsioni sul futuro a lungo termine, tra un addio annunciato di Benitez e lo scontento dei vari Higuain e Callejón (tutte indiscrezioni senza controprove, sia ben chiaro). La stagione inizia adesso e riuscire a disputare la Champions League, introiti a parte, sarebbe un ulteriore segnale di forza di questo Napoli, che negli ultimi 5 anni ha recuperato l’antico smalto perduto dai tempi di Maradona, quando neanche quello squadrone riusciva a farsi strada nella massima competizione continentale.

    Benvenuti, quindi, nella fossa dei leoni. Non quella della curva del Milan ma quel rettangolo di gioco circondato da 53mila tifosi avversari, ruggenti come pochi. Eppure in campo si va in 11. Lo sa Rafa, lo sa Valverde, e lo sanno anche i 700 che, nonostante i prezzi proibitivi e le difficoltà logistiche affrontate, proverà a urlare, dal suo angolo di stadio, quel ‘The Champions’ che fece tremare a suo tempo uno imperturbabile come Yayá Touré, provando a replicare l’effetto San Paolo, anche a 1800 km di distanza.

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