Caro Diego ti scrivo…

A 30 anni dall’arrivo a Napoli del più grande, tra fughe ed espulsioni “programmate”, il ricordo di un giovane calciatore che non riusciva a resistere al fascino delle sue giocate
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    di Manfredi (Freddy) Adamo

    A trent’anni dal suo arrivo vorrei condividere con tutti voi che leggete, tifosi ed amici, ciò che Maradona mi ha trasmesso. La folgorazione, l’influenza sui miei vent’anni. Avevo appena compiuto vent’anni, belli miei vent’anni: giovane calciatore di buone speranze, fisico atletico, stopper vecchia maniera. Il ritiro precampionato alle porte, nuova squadra con tante aspettative, entusiasmo sull’isola, campionato Interregionale da ben figurare. La notizia arriva nel pieno dell’estate napoletana, con qualche soldino in tasca e tanta voglia di toccare il mondo e di farlo mio. In un famoso locale della zona flegrea, tra un drink ed un pezzo rock “riempipista”, tra ammiccamenti di ragazze ben vestite e l’affetto degli amici, serpeggia una voce che alle risate iniziali lascia il posto all’incredulità truccata da speranza.

    Il giocatore più forte di tutti i tempi viene davvero a giocare nella mia squadra del cuore? Ahahah ok scherziamo pure, la serata lo permette. Come? Dai… davvero Maradona sposerà il progetto di Juliano e Ferlaino e giocherà insieme a Penzo, Baiano e Celestini?? E io quando potrò mai andare a vederlo giocare se gioco anch’io e le partite di tutti i campionati adottano lo stesso orario d’inizio? Vabbè dai, non pensiamoci ancora, intanto è una voce e poi quest’anno, se faccio un buon campionato e mi impongo, potrei addirittura sperare in un salto di categoria ed approdare in una squadra di Serie C.

    Giusto il tempo di festeggiare insieme al popolo partenopeo (il giornale spara in prima pagina “la notizia del secolo” per noi tifosi), il tempo di vederlo apparire dal ventre del San Paolo e scagliare più in alto possibile nel cielo un pallone (sarà il punto dove arriverà il Napoli nei prossimi anni?), il tempo di realizzare che è tutto vero, che il piacere lascia il posto al dovere: parto anch’io per il ritiro! Il Forio d’Ischia fa le cose in grande organizzando una presentazione della società e degli atleti degna delle squadre professioniste. Si è capito sin da subito… niente distrazioni e fare il meglio possibile quest’anno. E come faccio per andare a vedere Maradona giocare? Rimarrà a Napoli un altro paio di anni?

    Intanto Diego strabilia nelle partitine estive, ma è normale per un fenomeno. Quell’aria tra indio e Masaniello, quel sinistro che custodisce i segreti del tango e della tarantella, incantano. Lui diventa il leader che non abbiamo mai avuto. Diventa napoletano e lancia sfide identitarie al mondo pallonaro (e non solo). Vuole vincere ma in realtà la prima partita che il Napoli vince fuori casa è all’ultima di andata a Firenze. Maradona fa capire che vorrebbe altri giocatori più confacenti ed idonei ai suoi sogni tricolorati. Ma non si risente con nessuno, arrivano diverse sconfitte ma come un vero condottiero, sa perfettamente che i suoi compagni hanno dato il massimo per quello che il loro bagaglio tecnico e morale poteva offrire.

    È qui che mi conquista. Elogia Caffarelli, lo fa diventare un vero calciatore. Almeno gli regala la convinzione di esserlo e si sa che quando scatta la molla nel cervello, è difficile poi trattenersi. Il buon Gigi insieme a Bertoni si conquistò il complimento come miglior giocatore del Napoli dagli addetti ai lavori… E le parole d’oro su Ferrara che esordì in squadra a 18 anni contro la Juventus a fine campionato? Il sogno di tutti che si realizza, ed un campione che ti fa sentire importante. È quello che tutti i ragazzi vorrebbero sentirsi dire quando incominciano a giocare.

    No, io devo vedere Diego. Non esiste. Devo trovare una soluzione. Comm’ aggia fa? Resta, si, a Napoli ancora per un po’?

    Intanto il campionato finisce anche per la mia squadra. Abbiamo conquistato un buon 5° posto ma potevamo fare di più. L’attenuante è che abbiamo adottato un sistema di gioco rivoluzionario per l’epoca. Una zona mista con circolazione di palla a cominciare dai difensori, mai buttare la palla anche a costo di perderla, e grande pazienza (ricordo che il Mister la chiese anche al pubblico amico) perché col giro palla e lo sfiancamento dei centrocampisti avversari intenti a rincorrere, il gol sarebbe potuto arrivare anche verso la fine delle partite. In effetti così fu per diverse partite, ma per altre no. Fummo battuti poche volte ma ne pareggiammo anche molte. Per me in particolare fu un bel cambiamento, da francobollatore di centravanti a calciatore che impostava l’azione. Infatti arrivò la chiamata dall’Ercolanese in C2.

    Che bello, mi avvicino a casa. Forse, se me la gioco bene, potrei anche andare allo stadio a vedere il mio mito dai capelli ricci. Ma come? Se si gioca anche noi di domenica pomeriggio? Uffa…

    Mentre il Napoli acquista Garella, Filardi e Pecci io cerco di mettermi in mostra sfoggiando le mie (poche) qualità e le soddisfazioni non tardano ad arrivare. Dopo tre partite sono titolare e intanto Maradona gioca da par suo. Il suo gol da 40 metri contro il Verona mi fa scattare la molla. Devo andare a vederlo! Domenica prossima contro la Juve Stabia mi faccio espellere, ma deve sembrare una fatalità. Se va bene vado a vedermi la madre di tutte le partite: Napoli-Juventus! Lo devo fare, mi beccherò il primo cartellino rosso della carriera (e non sarà l’ultimo, ahimé). Mi giocherò anche il posto da titolare faticosamente conquistato a dispetto di tanti bravi calciatori nella mia squadra? Che fa, ormai è deciso e poi c’è un brutto cliente come centravanti sarà uno scontro duro. Si lo sarà, eccome se lo sarà.

    Detto fatto. Per reciproche scorrettezze vengo espulso insieme al centravanti della Juve Stabia. Spero che il Giudice Sportivo sia clemente, ma come disse qualcuno anni prima, “Parigi val bene una Messa” ed io l’ho messa sul fallo sistematico, antipatico, fastidioso e forse anche cattivo. L’obbiettivo era far perdere le staffe all’avversario che, una volta cascato nel tranello, mi avrebbe regalato la possibilità di andare al San Paolo.

    Salto una sola partita per fortuna. A Nola fanno senza di me ma io non posso fare a meno di Maradona. Mi godo il gol più impossibile di sempre sotto una pioggerella incessante che confondeva le mie lacrime di gioia. Ti amo! O mio idolo! Quanta grazia ci hai donato! Vuoi vedere che mò battiamo più spesso la Juventus? Tutti allo stadio avemmo la sensazione di non essere mai più i tifosi di prima. Eravamo spettatori di metamorfosi, portatori sani di considerazione e rispetto, testimoni di un’altra storia, una nuova storia targata Maradona e il Napoli. Fisarmonica e mandolini per il nuovo RE!

    Oddio ma io gioco a calcio e sono professionista, cosa ci faccio allo stadio a vedere altri giocare? E i miei compagni, la mia squadra? Ma io voglio tornare a vedere Diego. Se gioco non posso; se mi gioco questa opportunità della serie C, sfumerà il mio sogno. Andranno perdute le mie preghiere di bambino quando chiedevo a Gesù di farmi diventare calciatore vero. Ho solo vent’anni. Purtroppo o per fortuna?

    A distanza di tempo, tanto tempo, trent’anni esatti, probabilmente rimpiango di non essere stato irreprensibile nel modo di essere calciatore. Le espulsioni, le corse al San Paolo (poi mi hanno sgamato), i rimorsi e le rincorse a recuperare fiducia e maglia da titolare mi hanno fatto capire nel tempo che, se hai un impegno devi compierlo nel migliore dei modi. Ma l’altra faccia della medaglia è rappresentata dal D10S. Ho visto Maradona, mammà! Innamorato sono stato, lo sono e lo sarò ancora.

    Quanta gioia mi ha regalato quel metro e mezzo di cristiano. La sua statura non è stata fisica ma leggendaria. Amici, io l’ho vissuta e ne vado fiero. Ho pure litigato per Lui. Mi ha regalato tante vittorie sportive, scudetti e Coppe che a pensarle solo un paio d’anni prima sembravano favolette per “nennilli”.

    Mi ha anche trasmesso l’amore per la mia città. Strano che lo faccia uno straniero, un calciatore. Ma Lui è diverso. Ha capito che a Napoli c’era bisogno di riscatto sociale (e ce n’è ancora tanto bisogno) ed ha regalato l’orgoglio perduto in ognuno di noi. Portiamolo avanti ed usiamolo nel migliore dei modi, oggi più che mai ché stiamo risalendo la china sportiva e tanti cercano di ostacolarci in tutti i modi.

    “El màs grande” dopo trent’anni dice ancora che si sente Napoletano. Lo dice col sorriso e con quel senso di dignità che dovrebbe appartenere a tutti noi, popolo di tifosi partenopei. Non perdiamo mai la dignità, la fierezza e l’orgoglio che Diego Armando Maradona ha regalato ai napoletani e ad un giovane calciatore che non ha resistito al fascino delle sue giocate.

     

     

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