Tutta n'ata storia

  • Di Antonio Moschella

    Gli anni ‘80, irripetibili flash di maestosità, non torneranno più. In quel lasso di tempo la più bella squadra di sempre della quale mio padre mi narrava le vicende manco fosse Omero con la cetra lasciava dentro i miei ricordi dei flash azzurri di vittorie e di giubilo. Nello stesso periodo però si sviluppò al mio interno un viscerale odio verso l’unico rivale degno di Maradona e compagnia, quel Milan borghese fatto di olandesi e figli di papà che dall’inizio degli anni ‘90, quando cominciai a capire cosa fosse davvero il calcio, avrebbe rafforzato di anno in anno il mio odio per la terribile invidia di tutti i trofei che vinceva a man bassa in Italia e in Europa.

    Ieri notte la storia è arrivata in soccorso del Napoli. Troppe fino a ieri le delusioni a San Siro, un feudo lombardo quasi inespugnabile storicamente per i rappresentanti del Sud ribelle colorato di azzurro come il mare che non bacia Milano. Perché il 4 ottobre 2015 non sarai mai un giorno come gli altri, sebbene in molti potranno dire che questo è uno dei peggiori Milan degli ultimi anni, a memoria non ricordo una vittoria così netta in un campo di una grande da parte degli azzurri. Se al Milan non è rimasto altro che la maglia, agli azzurri è bastato ed avanzato un San Siro dove i cori partenopei la facevano da padrone in lungo e in largo.

    La firma di Insigne è il suggello della rivincita del bistrattato scugnizzo che sotto gli occhi di Conte fulmina il povero Diavolo con un assist e due gol. Ma la vittoria è di tutti, da un Ghoulam più efficace in difesa a un Higuain che attira su di sè le attenzioni di minimo due avversari alla volta, passando per un Allan uomo ovunque, e senza dimenticarsi di Sarri, che per smorzare la tensione ha sempre tra le labbra un filtro di una sigaretta che poi fumerà negli spogliatoi.

    Mi perdonerà il grande Pino se, nel giorno dell’inaugurazione della strada a lui dedicata, ho preso spunto da una sua canzone per dare il titolo alla partita di ieri. Battere il Diavolo a casa sua dopo gli spaventosi proclami estivi è una gioia che non si può contenere, come accaduto ieri sera in uno spocchioso bar di Piazza Bellini dove gli unici a gridare eravamo io e due amici, mentre gli altri si limitavano ad applaudere, manco fossero  a teatro.

    Il primo tour de force è andato, chiuso con una ciliegina saporita. La pausa è il giusto premio per tutti. Dopo ci aspetta la Fiorentina, la prima in classifica. Se il Napoli campa di motivazioni provocate da esigenze elevate, forse non c’è partita migliore per ricominciare. Con l’intento di cominciare a scriverla davvero un’altra storia...

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