Napoli, non è crisi. Ma ci andrà presto

“Meritiamo di più” è il tormentone che impazza in questi giorni fra tifosi e addetti ai lavori. E invece in tanti remano contro Benitez e la squadra
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    Tratto da: Il Garantista

    “Meritiamo di più”. Così tuonava il San Paolo, domenica pomeriggio. Meritare cosa, è difficile capirlo. Perché il tifo azzurro attuale canta poco, incita meno, rimpiange la serie C e di sicuro non contribuisce alla crescita del brand Napoli, passaggio fondamentale per la crescita di ogni società calcistica. Sugli spalti troverete solo maglie “pezzotte” (non ufficiali, per essere eleganti), sciarpe non certo comprate nei Napoli Store e una buona dose di “portoghesi” che sono passati gratis dai tornelli insieme a uno spettatore pagante. Ma “meritiamo di più”. Certo, il Napoli non ha perso contro il Chievo per questo, sia chiaro. E non è neanche in crisi: quella della squadra di Benitez è stata una gran partita, il che rende la situazione ancora più kafkiana: perché le piccole hanno fatto sempre soffrire la squadra: con Reja, con Mazzarri, con Benitez. La società più in salute, finanziariamente, e più presente in Europa negli ultimi cinque anni, in tutto il campionato italiano, ora viene contestata. Ha vinto due coppe Italia in tre anni, ma tutti si comportano come se rischiasse la retrocessione da un quinquennio. Ed è ancora più kafkiana la sconfitta contro l'undici di Corini. I ragazzi in maglia azzurra – anzi, jeans – hanno dato tutto. Hanno aggredito la partita con un piglio inconsueto, hanno sfondato sui lati e al centro, hanno corso e ragionato, hanno ottenuto un rigore, 33 tiri in porta, una dozzina di palle gol clamorose. Ma hanno perso. E non per i nemici a cui faceva riferimento Benitez nella conferenza stampa pre-partita – subito pronti a sorridere sotto i baffi, soddisfatti: dai gufi in curva fino al telecronista tifoso inviato di Tuttosport che gli ha dato del Masaniello per iscritto e che chiude il collegamento dicendo gongolando “pensa al Napoli, non a nemici che non esistono” -, non per i giornalisti sportivi di testate del nord, di cui parlò un tempo Diego e ora Rafa, ma per colpa dei suoi amici, i suoi pretoriani, i suoi figliocci. Non sono i Maggio o gli Hamsik a tradire in queste settimane, ma un irriconoscibile Raul Albiol, sempre fuori posizione e a passeggio per il campo (marca Maxi Lopez guardandolo), il Callejòn ripreso per la sua svogliatezza già in ritiro, persino Higuain, per una volta venuto meno e distratto, anche al momento del tiro dagli undici metri. Rafa ha ragione ad essere paranoico: Napoli è un porto delle nebbie, capace di oscurare il meglio di sé, ma qui sono i suoi a tradire. E in un paese perdente in cui conta solo la vittoria, non può nascondersi, l'allenatore, dietro al fatto che rigiocandola mille volte, per 999 finirebbe in goleada in favore dei suoi. Così civili nell'accettare la sconfitta si è solo all'estero: chissà con che invidia avrà visto il suo Liverpool perdere in casa contro l'Aston Villa. E vedere che nessuno ha contestato Rodgers o la società. Anzi, cantavano ai giocatori che non avrebbero camminato da soli. Mai. Eppure lì hanno una bacheca ben più nutrita, una proprietà più ricca, uno stadio vero. E tifosi che comprano prodotti ufficiali e cantano, anche quando si perde. Ma non si dividono, non espongono striscioni polemici durante le partite. Non “meritano di più”.
    Non è in crisi il Napoli. Ma ci andrà presto, perché tutti lavorano per questo obiettivo.

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