Volete buttare a mare Benitez? Fatelo, ma uno così non ricapita

Eccoli, sono tornati all’attacco gli antirafaeliti irriducibili. Ma lo sanno che se perdiamo anche quest’occasione dobbiamo sperare nella nascita di un altro Diego, per vincere qualcosa?
  • di Francesco Bruno

    Tutto come previsto. È bastato pareggiare in casa con il Genoa per ridare fiato al partito degli scettici. Una schiera che annovera molti esponenti dell’intrattenimento sportivo all’ombra del Vesuvio, momentaneamente silenziosi dopo la mini-striscia di vittorie messa a segno dagli azzurri. Del resto sono mesi che nell’universo radiofonico e televisivo partenopeo – così rissoso e caciarone da far sembrare, al confronto, Amici di Maria De Filippi e persino Porta a Porta pallosissimi documentari di Discovery Channel – giornalisti e opinionisti bacchettano in lungo e in largo la squadra azzurra e il suo allenatore.

    Benitez è inadatto al calcio italiano, non sa fare la fase difensiva, è ostinato nel non voler cambiare sistema di gioco, addirittura vuole farsi esonerare volontariamente. Effettivamente, Rafa, accettale queste critiche, provengono da famosi ex allenatori ora opinionisti in pensione, che hanno fatto la storia del calcio italiano tra Carpi, Castel di Sangro e Benevento. E Mertens? Non troverà molto spazio. Higuain, poi, nel Real Madrid faceva la riserva. E già, quando hai allenato a Sora o a Pagani certamente sei abituato a confrontarti con giocatori importanti, a gestirli tra i mille impegni di campionato di Terza Divisione e Coppa Italia di serie C.

    Che dire poi della volubilità di noi tifosi azzurri? Dopo Napoli-Udinese, dopo la contestazione a Maggio e a Insigne, lunedì sera si sono sentiti nuovamente i fischi al San Paolo. Eppure siamo terzi in campionato con sei punti di vantaggio sulla Fiorentina – terzi come Borussia Dortmund, Barcellona e Manchester City nei loro rispettivi tornei –, abbiamo gli stessi punti dell’anno passato, ci stiamo giocando Coppa Italia ed Europa League, ma mugugni e musi lunghi si sprecano. Beh, è comprensibile, noi che in ottanta e passa anni di storia abbiamo vinto lo scudetto ben due volte, noi che abbiamo avuto il privilegio di tifare per il Napoli di Mutti, Mondonico e Agostinelli, non possiamo rischiare di arrivare terzi.

    Adesso però la stagione sta entrando nella sua fase cruciale, e qui a Napoli non possiamo permetterci di essere autolesionisti. Va bene il nostro essere visceralmente legati alla squadra del cuore che ci rende umorali e ipercritici, ma cerchiamo di ragionare. Ma abbiamo capito o no che Rafa Benitez è uno di quegli allenatori che, lo dice anche la gran parte dei suoi colleghi in serie A, solitamente si è abituati a vedere in televisione mentre alzano trofei continentali e intercontinentali? Possibile che non riusciamo a essere così equilibrati da concedergli il tempo necessario, ma anzi iniziamo a fischiare? Arsène Wenger, che a Londra, ad Higbury e dintorni, è una leggenda calcistica, alla sua prima stagione sulla panchina dell’Arsenal ottenne il terzo posto e fallì la qualificazione alla Champions League. Come Sir Alex Ferguson a Manchester e come Fabio Capello al suo primo anno a Roma.

    Mi si potrà obiettare che sono un “rafaelita” ortodosso obnubilato dalla fede, ma dobbiamo convincerci che l’arrivo di Rafa Benitez a Napoli rappresenta la seconda possibilità capitataci nella nostra ultraottuagenaria storia calcistica di uscire dalla estemporaneità e poter costruire un ciclo vincente. Se non avremo la capacità di dargli tempo restando uniti, e  perderemo questa occasione, dovremo soltanto sperare che il destino sia così benevolo da far nascere un altro Diego e mandarlo a giocare sul prato di Fuorigrotta. Sinceramente, la vedo alquanto difficile.

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