Chiediamo scusa ad Antonella Leardi

Se certi striscioni sono apparsi è anche colpa nostra. La mamma di Ciro va sostenuta. Ancora di più.
  • extranapoli

    di Francesco Albanese

    E se quegli striscioni infami fossero apparsi per colpa nostra? O meglio e se fosse anche colpa nostra? Siamo sicuri di essere esenti da ogni responsabilità? Dal 3 maggio del 2014 abbiamo fatto davvero tutto il possibile perché il "mai più" diventasse reltà concreta invece che un mero annuncio? Naturlamente a nessuno della parte napoletana sarebbe mai venuto in mente l'idea di esporre scritte così raccapriccianti, ma se questo è accaduto allora forse è il caso d'interrogarsi se la comunità azzurra si è schierata a sufficienza dalla parte di Antonella Leardi, senza se e senza ma, negli ultimi undici mesi. E non intendo a parole, ma con i fatti concreti. Naturalmente ci sono delle eccezioni: penso ad esempio alle iniziative del Napoli Club Bologna, tanto per citare uno dei tanti esempi di solidarietà, ma evidentemente non è bastato. Così come non è bastata il mano nella mano al San Paolo tra Antonella e Aurelio De Laurentiis o la presenza al funerale (Insigne su tutti). Gli stricioni della curva Sud ci devono servire da monito. La guardia non la dobbiamo abbassare. Guai a dare per scontata la vicinanza affettiva alla famiglia di Ciro Esposito. La figura esile di Antonella e le mani scavate dalla fatica di papà Giovanni devono diventare il simbolo di una città intera che si ribella alla logica brutale della violenza e della vendetta. Quel messaggio, deve diventare il nostro messaggio e dopo sabato bisogna urlarlo ancora più forte. Esitazioni non sono più ammesse. La scelta di campo deve essere netta, la replica ad ogni dubbio sollevato altrettatno immediata. Ai professionisti della calunnia va tolto ogni tipo di agibilità sia essa verbale o "politica". L'unica regola deve essere l'inflessibilità a cominciare da chi, magari tra le sponde azzurre, avanzasse qualche tipo di scetticismo verso la condotta tenuta dagli Esposito. Solo così avremo davvero il diritto di scrivere e pensare: Ciro vive.

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