Una settimana di tifo vissuta pericolosamente

Il Napoli Club Arezzo, i 1000 dell’Olimpico, il grande Vittorio Filace, la stupidità delle nostre curve
  • di Boris Sollazzo

    Che settimana. Iniziata ad Arezzo, al Napoli Club 'O Sarracino, grazie a Fiorentino Arpaia, conosciuto a una bellissima cena di club di tifosi partenopei di tutta Italia a Napoli, il 28 dicembre. Ci siamo trovati subito, si è immediatamente innamorato dell'idea di #Chevisietepersi e io della sua dolce follia che lo ha portato per anni a vestire i panni di San Gennaro sugli spalti di tutta Italia. Solo in trasferta, perché noi siamo tifosi costantemente in viaggio. Anche per andare a Fuorigrotta. Cominciamo con un pranzo di pesce al ristorante pizzeria Il Vesuvio, da uno dei soci del club. Lui, nella Toscana inospitale per noi campani (ho ancora addosso gli insulti del Franchi), ha l'ardire di tenere in bella vista una maglia originale di Diego regalatagli da Ciccio Graziani. Uno dei tanti piccoli grandi eroi partenopei disseminati in tutta Italia, in tutto il mondo.

    Poi, con due dei magnifici sette - Alessandro De Simone e Carlo Panico - si raggiunge il club. Sciarpe, foto, persino il memorial di calcio balilla Armero vicino alla locandina che pubblicizza la presentazione del mio libro. Me la farò firmare da tutti. Partiamo con Atalanta-Napoli, un disastro. La sorpresa per il turn-over diventa incredulità per gli errori di Dzemaili, Inler e Fernandez. Sono furioso, mi sembra insensato parlare di #Chevisietepersi. Lo facciamo lo stesso e capisco che persone meravigliose io abbia vicino: Alessandro, che è già alla terza presentazione, come al solito tira fuori dal suo cilindro parole così belle che mi fanno sospettare che lui abbia letto il mio volumetto meglio di quanto io l'abbia scritto, Carlo fa uno splendido intervento pieno di orgoglio partenopeo. E mentre firmo le copie, Fiorentino e i suoi mi fanno capire che siamo un popolo meraviglioso, mai domo nemmeno dopo un deludentissimo 3-0 subito dagli odiati bergamaschi. Il quadro regalatomi da Luigi, quell'uomo che condivide con me i ricordi di tifoso del padre deceduto da poco, la loro voglia di costruire un avamposto azzurro (aperto da pochi mesi e già con un centinaio di soci) per dire a tutti che noi napoletani siamo ben altro rispetto a ciò che dicono coloro che ci infangano quotidianamente, mi fanno capire che noi vinciamo sempre, comunque e ovunque. Perché siamo unici, semplicemente.

    E l'ho capito anche mercoledì scorso con Errico Novi e Daniele Gallo. All'Olimpico. Quel tifo incessante nel settore ospiti, senza gruppi organizzati ma solo con la passione e l'amore di una fede incrollabile, quelle mille voci mai stanche neanche sotto di due gol che hanno zittito i giallorossi per il 90% della durata della partita, le urla ai momenti delle nostre reti, gli occhi lucidi al settantesimo, mi hanno riempito l'anima di ciò che siamo.
    Occhi che si sono inumiditi anche due giorni dopo. In un parcheggio di via Vigne Nuove quando, con Francesco Albanese, abbiamo incontrato Vittorio Filace, memoria storica della storia azzurra che sta regalando a ExtraNapoli la sua vita di tifoso incrollabile, fatta di ritagli, maglie, sciarpe, libri, manifesti. Un tesoro commovente come ciò che questo splendido decano azzurro si è tenuto per sé: un album Panini che raccoglie 25 anni di storia azzurra e un poster del Napoli '83-'84, quello di Santin e Dirceu, l'ultimo prima di Maradona. Chissà, Vittorio, in quelle tante facce baffute cosa vedono i tuoi occhi, cosa ti fa tornare alla memoria quella squadra che sul campo non ha entusiasmato, anzi. Anche oggi che spulcio tutto ciò che ci hai dato, capisco che mi hai commosso più per ciò che hai tenuto per te, per i tuoi racconti e ricordi, che per quell'archivio meraviglioso che hai voluto condividere con noi. Sono fiero di avere nelle fila del nostro esercito azzurro un generale come te. È per te che amo la mia città, la mia squadra, ciò che siamo.

    Ecco perché, alla fine di questa settimana di tifo vissuta pericolosamente e intensamente, mi sono vergognato. Perché prima di un esaltante Napoli-Milan 3-1, nella curva che dovrebbe rappresentarci, perché nello stadio che dovrebbe essere il nostro fortino fatto di sentimenti puri e sostegno inossidabile, ho visto lo striscione più stupido e odioso che si potesse scrivere.

    "Meglio la C di un presidente così". Ma dov'eravate in quei due anni terribili, passati tra Gela e Sora? Cosa facevate mentre mia sorella si abbonava, da Roma, per vedere Lanciano e Martina Franca? Non eravate con noi, di sicuro, che questa maglia l'amiamo più della nostra pelle, perché allora sapreste che Aurelio De Laurentiis ci ha restituito dignità e orgoglio, la speranza e quei sogni che voi rinnegate. No, non mi, ci rappresentate con quelle parole in malafede, lo conferma lo "scemi, scemi" cantato a gran voce dagli altri tifosi. Mi vergogno per voi e con voi: su quegli spalti ci siamo sentiti orgogliosi per decenni di canti e coreografie, per la passione e la selvaggia torcida che solo noi abbiamo sempre saputo creare, come si ricorda persino Yaya Touré o Bruscolotti, che ha ancora dentro le poche reti che ha realizzato al San Paolo. Ho ancora nelle orecchie la voce di quel colosso che si incrina al solo pensare a quegli istanti.

    Andatevene in C, magari a tifare Salernitana. Quello è il vostro posto: voi non ci volete, noi non vi vogliamo.

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