Le pagelle della finale di Coppa Italia Napoli-Juventus 4-2 dcr. CAMPIONI!

Gattuso che sembra Al Pacino, Nikola Maksimovic che non sbaglia nulla, neanche il rigore, Politano che zittisce gli juventini, Meret che nella partita più difficile si dimostra un campione. Che partita, Napoli 6 bellissimo!
  • di Boris Sollazzo

    Meret 8: annata terribile. Le paperissime prima, l’infortunio dopo, infine Gattuso che non lo vede. Lui non demorde, non dice una parola fuori posto, in quarantena si allena in giardino con la sua ragazza. Poi aspetta. Aspetta un cartellino giallo, nel finale di Napoli-Inter, quel finale che sembra la lapide sulla sua carriera napoletana con Ospina ragno che para tutto e a cui viene negato l’ultimo atto. In finale ha tutto da perdere, ma lui è un campione. Para su Ronaldo, poi gli esce sui piedi con stile d’altri tempi, infine il rigore parato a Dybala, sì quello che paragonavano a Messi.
    Il futuro è tuo, ragazzo.

    Alex l’ariete.

    Di Lorenzo 7: dalle sue parti c’è CR7, basterebbe questo. La sua è stata una grande stagione, in controtendenza rispetto alla squadra. Ha cambiato così tante posizioni che meriterebbe l’Oscar, neanche Volonté ha cambiato così tante volte ruolo. Tornato a destra sembra diventato più timido, ma è solo che in queste due partite si è trovato a fronteggiare dei campioni. Sacrificio, grinta, maturità, i grandi calciatori si vedono quando non sono al massimo. Terzino di lotta e di governo.

    Il nostro Giuseppi.

    Maksimovic 9: voto cumulativo, perché semifinale e finale portano il suo timbro. Quello della sua testa. Con cui ha sbrogliato ogni palla alta, quella che ha messo in ogni disimpegno, quella che è rimasta fredda nel rigore più importante, una bomba alta centrale che ha messo la Coppa Italia sul piano inclinato direzione Napoli, a sanare la rete negatagli da Buffon al 93'. Lo chiamavano bidone, ma ora 25 milioni di euro sembrano pochi per Nikola, il primo che non ci ha fatto sentire la mancanza di Raul Albiol. 

    Serbo vostro.

    Koulibaly 8: non sbaglia nulla, sembra tornato quello degli anni scorsi. Ma più maturo, meno presuntuoso, più solido mentalmente. Non gioca per le ovazioni del pubblico, per la giocata a effetto, ma per la squadra. Un paio di scivolate delle sue ci ricordano perché lo amiamo tanto e annullando l’attacco di Sarri si toglie pure il pacherò dalla faccia di quell’autogol allo Stadium.
    Se rimane il prossimo anno, se la può giocare con Manolas, perché San Nikola non si tocca.

    Li hai fatti neri

    Mario Rui 7,5: impossibile non volergli bene, anche quando dopo il giallo impazzisce e Gattuso capisce di doverlo sostituire immediatamente, perché altrimenti avrebbe preso pure il rosso. Sbaglierà spesso - anche perché per generosità spesso va a coprire spazi non suoi - ma quando indovina la partita è un toro scatenato, anche per quella adorabile incoscienza che gli fa provare cose che altri neanche immaginerebbero e che neanche lui dovrebbe immaginare. Ma le fa e gli riescono. Si procura pure un mezzo rigore e a un certo punto è ovunque, nel giro di 15 secondi recupera due palloni su due fasce diverse.

    Super Mario si gruoss

    Zielinski 6: soffre a causa di una Juve cortissima che fa pressione sui centrocampisti in maniera asfissiante. Guadagna la punizione su cui Lorenzinho prende il palo esterno, fa un paio di buoni recuperi, ma da lui ci si aspetta di più. A volte sparisce, altre si accontenta dell’ordinaria amministrazione (oggi affatto scontata, tenere il possesso a 50 e 50 con quei palleggiatori bianconeri non era facile). Oggi va bene pure così, ma svegliati Piotr.

    Polacco, invadici

    Fabian Ruiz 6: poteva essere la sua partita, ma anche lui non ingrana. Sbaglia qualche pallone di troppo anche perché è l’unico, lì in mezzo, a prendersi qualche rischio. La quarantena ha appesantito il suo passo e il suo pensiero, ma è sempre in partita, come dimostra un tiro lucido e intelligente (in un momento della partita in cui ormai lo erano in pochi) che poteva avere miglior fortuna. Per lui e per noi, che rimanga. Lui maturerà e noi con lui ci toglieremo altre belle soddisfazioni.

    La mezzala della libertà

    Demme 7: non ai livelli del suo arrivo, ma è ordinato di testa e di piede e a un gruppo così serve come il pane. Certo, quando entra come una furia nell’area bianconera e sfiora il vantaggio, avrebbe potuto regalarci il sogno di un altro Diego che le suonava alla Juventus. Ma lui è “solo” Demme, la incrocia come può, e si trova davanti un Buffon mundial edition. In ogni caso se Pjanic e soci fanno poco e niente molto è anche merito suo e della sua capacità di tenere le distanze.

    Die(quasi)gol

    Callejòn 5: piange José, ma non come Lavezzi nel 2012. L’argentino alla sua ultima in azzurro fu eroe di un’altra finale vinta contro la Juventus, lo spagnolo oggi fa una delle sue peggiori partite con due errori e mezzo in difesa, non da lui, che avrebbero potuto rovinare l’impresa e un tiro a giro che era una parodia e che uno intelligente come lui normalmente non penserebbe neanche. Ma era scritto che non fosse così e che non dovesse rovinare la festa. E le sue lacrime diventano bellissime quando Gattuso lo vede afflitto, lo tira in mezzo al gruppo che lo porta in trionfo, per ringraziarlo di sette anni straordinari e salutarlo e condividere la vittoria che comunque è anche sua. E ci ricorda un certo Diego Armando Maradona a Stoccarda che abbraccia e consola un Fernando De Napoli inconsolabile al grido di “è tua, è tua, sei il più grande”.

    Il torero Camomillo

    Mertens 6,5: un giocatore normale non l’avrebbe neanche giocata. Mezzo infortunato già con l’Inter, risponde presente e rischiando grosso parte pure titolare. Gioca la fetta di partita in cui nella difesa juventina non passa neanche uno spillo, ma lui è un campione e allora si “accontenta” di recuperi impossibili, punzecchiate di vespa in pressing, lavoro di contenimento, di contrasto, di giocate sporche. Un capitano senza fascia ma con due palle così. E alla fine è imbambolato, non crede quasi alla vittoria, lui che oggi ci ha fatto godere due volte: col rinnovo e con la Coppa.

    La vita è belga.

    Insigne 7: l’eurogol sotto l’incrocio sul primo palo poteva farlo. Più per sé che per noi, perché da quando c’è Gattuso è diventato un capitano vero, uno che mette la squadra davanti a se stesso. Prende un palo su punizione, con un tiro a giro (o un cross per Callejon?) salvato a un metro dalla linea ci strozza un urlo in gola, poi in difesa è ovunque, a un certo punto persino a fare il terzo centrale a sinistra su un cross. Non molla una palla, una caviglia, i suoi disimpegni sono meglio di una doppietta. E segna da campionissimo il suo rigore, spiazzando il migliore di tutti. Ed era il primo, quello più difficile, quello che un certo Dybala si fa parare.

    Capitano, mio capitano.

    Politano 10: perché stava regalando a San Nikola il gol vittoria all’ultimo secondo con un angolo al bacio, perché è entrato benissimo. Ma il 10 se lo merita per aver zittito gli juventini in panchina che come bambini a cui hanno tolto il giocattolo che credevano loro hanno urlato mentre lui batteva il suo penalty. Lui se ne frega e la mette all’angolino. E con quel gesto è tutti noi.

    Milik 8: ci si accorge a malapena che sia entrato, di lui si ricorda solo una buona torre per un compagno. Poi però segna dagli 11 metri il rigore decisivo. E tanto basta.

    Elmas 6: il sospetto è che fosse lui il quinto rigorista, ma siamo felici di non saperlo. Detto questo, faccia una statua a Meret e Danilo: senza di lui sarebbe stato ricordato come il nuovo El Kaddouri. Il palo alla fine, da 70 centimetri, è da denuncia. 

    Hjsay sv: gli si vuole bene per quella corsa palla al piede che alleggerisce la squadra da una pressione difficile e per quel cross che Politano non mette dentro. Il primo decente della sua carriera napoletana. Di fronte a quel miracolo, siamo sinceri, abbiamo cominciato a crederci.

    Allan sv: non fa danni e viste le sue ultime prestazioni non è mica poco.

    Gattuso 110 e lode: arriva a Napoli che tutti temono la B, con un gruppo devastato da un Ancelotti troppo buono, dall’immaturità ereditata dal fanatismo sarriano di cui i ragazzi si sentivano ancora orfani, dall’ammutinamento demenziale in Champions e dal caso multe. Un altro si sarebbe dimesso dopo le prime sconfitte, lui a Ferrara capisce che invece può farcela. Nessuno avrebbe scommesso su di lui, ma un campione d’Europa e del mondo, uno che ha portato il peggior Milan degli ultimi anni a un passo dalla Champions e il Pisa fallito in B non può avere paura di nulla. Ricostruisce un’anima al Napoli, gli ridà un’identità, realizza un meccanismo difensivo perfetto. E quando il dolore lo annienta, neanche là fa un passo indietro. Anzi, tira fuori la zampata del campione e dell’uomo vero. Ringhio grazie, questa coppa è tua. 

    Il guerriero che aspettavamo, il guerriero che ci meritiamo.

    Per Francesca, la coppa al cielo è per te.

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