Higuain, ni olvido ni perdón

Altro che cuore partenopeo dal sangue argentino: Gonzalo non ha mai difeso la città, ma solamente sé stesso
  • di Antonio Moschella

    Per un attimo avevo sperato che Gonzalo Higuaín potesse essere davvero uno di noi. Un cuore partenopeo dal sangue argentino. E invece così non è stato. Le sue origini borghesi lo hanno da sempre allontanato dall’euforia del popolo, fosse quello di Buenos Aires o quello di Napoli. L’essersi formato come calciatore all’ombra di padre e fratelli e subito nelle giovanili del River Plate senza aver mai sentito l’odore della terra battuta e senza mai aver avuto problemi di disidratazione lo hanno reso distaccato e freddo. Quel freddo e quel distacco li ho visti da vicino, quando le uniche volte in cui ci ho parlato di sfuggita ha a stento abbozzato un sorriso e un ‘gracias’.

    Avevo conosciuto suo padre, Jorge, nel gennaio 2014, e fu lui stesso a dirmi di aver consigliato a Gonzalo di scegliere Napoli e non Torino, perché in azzurro avrebbe potuto fare la storia, mentre in bianconero avrebbe vinto un titolo come un altro. La storia al Napoli Gonzalo l’ha fatta, sublimando un gioco spumeggiante e divertente con una serie di reti da cineteca, oltre che con il record di sempre di gol in Serie A. Poi, però, per vari motivi, ha scelto di andar via. Ed è proprio la sua fuga alla chetichella che fa male: Higuain lascia Napoli sedotta e abbandonata, dopo esser stato tutt’uno con la Curva, dopo aver sposato la causa del Sud ribelle contro il Nord potente, uno scenario atavico nella politica e nel calcio. Ma era tutto uno specchietto per le allodole.

    Higuain non ha mai difeso la città, ma solamente sé stesso. Era il suo ego a farlo andare in escandescenze, era il suo ego a farlo esplodere di gioia ai gol, era il suo ego a partecipare ai canti sotto la Curva, sapendo di essere ripreso. Il suo animo spocchioso da francese cresciuto in Argentina, nel borghese quartiere di Belgrano non gli ha mai permesso di conoscere davvero cosa significasse mordere la polvere in tutta la sua vita. Quando gli è toccato farlo a Napoli, ha ceduto di nervi. E di schianto. Tanto da andare nell’unica squadra dove non doveva andare.

    La vita continua. Di infinito c’è solamente l’orizzonte tra cielo e mare, di quel colore che sicuramente il Pipita saprà discernere le sfumature, soprattutto adesso che sarà attorniato da quel grigio sabaudo composto dal bianco e nero juventino. Per lui niente lacrime, non si guarda indietro ma avanti. In Argentina, la sua patria, hanno un proverbio perfetto per chiosare quanto detto finora: “Ni olvido, ni perdón”. 

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