La playnapolist di Napoli-Real Madrid

Musica ed emozioni per una partita comunque storica
  • di Raffaele Calvanese

    Notti magiche, inseguendo un gol, anzi due, senza doverne subire nessuno. Impresa impossibile, lo sapevamo tutti, eppure non lo sapeva nessuno. O meglio avevamo rimosso che questo passaggio del turno per come si erano messe le cose, per come erano le forze messe in campo, tecnicamente ed economicamente parlando, era quantomeno improbabile. A noi sognatori ci frega quell’1% che ci separa dal termine impossibile che, come sappiamo, nel calcio non esiste. E’ questa speranza che ha fregato come noi milioni di tifosi nel mondo.

    God only knows – Beach Boys

    La vigilia della partita l’ho passata guardando un film sulla vita di Brian Wilson. Una vita che non conoscevo, travagliata, ma animata da una grande passione: quella per la musica. Questa passione era la diretta conseguenza di un genio che gli è costato carissimo. Il suo capolavoro, Pet Sounds, con la canzone ‘God only knows’ rappresenta perfettamente il sentimento di noi tifosi. Cosa saremmo senza lei, la nostra squadra del cuore. Cosa saremmo senza serate degne di essere vissute come quella contro il Real? Cosa saremmo senza partite degne di essere giocate e ricordate, anche a dispetto del risolutato, come quella contro gli undici volte vincitori della Champion? Forse saremmo persone meno ansiose ma molto meno interessanti, e con tantissime storie in meno da raccontare.

    Vesuvius - Sufjan Stevens

    Lo stadio era quello delle grandi occasioni, un vulcano pronto ad esplodere. Napoli meritava una serata di gala. Lo stadio si era rifatto il trucco, le curve pure con la loro coreografia a specchio. L’urlo ad inizio gara, il nostro marchio di fabbrica, e poi i fischi come lava sugli avversari, intimoriti per quasi un’ora. Poi però la quiete dopo la tempesta, il silenzio dopo i due gol, fino agli applausi alla squadra, al mister e a noi stessi che tifavamo. UN grazie a tutti dovuto.

    Cosa ne pensi Sergio - Bugo

    Non eravamo dei miracolati. Quel posto era nostro di diritto, questa partita ce la siamo meritata tutta, anzi, probabilmente ci eravamo meritati anche qualcosa di più, perché da primi del nostro girone probabilmente il sorteggio poteva riservarci anche una sfida dal tasso tecnico meno impari. Tant’è, ce la siamo giocata anche per lunghi tratti al di sopra delle nostre possibilità, abbiamo governato incontrastati per più di un tempo. Poi Zidane ha chiesto a Ramos cosa ne pensasse. Cosa ne pensi Sergio? La risposta, anzi le risposte, non ci sono piaciute per nulla. E’ stato come tornare alla realtà. La realtà è dura e dice che nonostante l’’organizzazione e l’impegno, nonostante la preparazione tecnica, ci sono cose che contano di più. Il talento generale, l’esperienza, il fisico, le individualità. I soldi. E noi siamo tornati come bambini che scoprono che il mondo può essere anche cattivo e chh chi visse sperando morì non si può dire (cit)

    Comunichiamo male -  Nicolò Carnesi

    Parole, parole, parole. Meritiamo tutto tranne il modo di comunicare del nostro presidente. Spesso non contano tanto i messaggi quanto i modi. Sempre sbagliati, quasi sempre fuori contesto. Per crescere abbiamo bisogno di meno parole e più fatti. Non sono qui a negare quanto di buono e miracoloso si sia compiuto fino ad ora. Ma da tifoso non ho condiviso gran parte delle esternazioni presidenziali in un contesto europeo dove la diplomazia e la facciata contano molto di più della realtà dei fatti. Si leggano le notizie sulle frequentazioni di Agnelli e le si confrontino con le uscite in pubblico. Poi ci sono tante cose che andrebbero dette nei luoghi consoni, tanti puntini da mettere sulle i di una stampa sportiva per lo più scadente, alla ricerca di contenuti miserabili dove il calcio è suddito del futile gossip, ma le parole hanno un peso e se sono troppe e fuori luogo rischiano di oscurare la splendente bellezza di una squadra che sta facendo miracoli.

    Talkin’ Bout a devolution – Tracy Chapman

    Una la dedico al nostro allenatore. Maurizio Sarri è un uomo controcorrente in un calcio che giudica un allenatore dalla cravatta e non dalle geometrie in campo. Abbiamo giocato con un centrocampo di millennials (come si chiamano adesso i giovani cresciuti negli anni 2000) abbiamo fatto turnover anche contro i campioni del mondo. Abbiamo giocato a mille all’ora. Abbiamo predicato la bellezza, e come insegna la storia della bellezza è stato tutto effimero e bellissimo al contempo. Come una fiamma che arde alta e veloce. Non siamo passati inosservati, non è stato tutto inutile. La strada è lunga. Ad alcuni piace vincere soltanto, ad altri piace realizzare un sogno. Forse noi siamo della seconda scuola, di sicuro lo è Sarri, che credo si sarà acceso una sigaretta amara perché una sconfitta non piace a nessuno. Ma con il suo modo di interpretare la realtà è arrivato fino a qui, perché dovrebbe cambiare e fermarsi proprio ora? Chi lo farebbe al suo posto? Non certo noi che cerchiamo la bellezza ovunque. E la bellezza si sa, è rivoluzionaria.

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