Il Napoli si salva (forse) se saremo umili pure noi tifosi

Il disastro nasce anche dalla fissazione di AdL per gli emergenti: abbiamo piedi buoni ma testa fragile. Ma è il presidente che c’ha portati dal fango all’Europa. Solo che ora a noi fa schifo andare allo stadio per una squadra che non ha fatto il triplete
  • Il San Paolo deserto: un'immagine ormai abituale
  • di Errico Novi

    Aurelio De Laurentiis merita un monumento. Chi lo chiama pappone non sa cosa dice.  Ma De Laurentiis ha le sue colpe. E c’entra poco la sceneggiata del ritiro, delle multe. Il presidente paga con l’incubo della retrocessione una filosofia giusta ma spinta al parossismo: il no ai “vecchi”. Giusto comprare giocatori emergenti, bravi e giovani. Giusto cercare Fabian, Di Lorenzo, Meret, dopo aver scoperto tesori in Lavezzi, Hamsik, Koulibaly. Ma uno come il Mascherano di 5 anni fa, o il Daniele De Rossi mai sfiorato neppure col pensiero, ogni tanto serve. Altrimenti crolla tutto. Non hai le spalle e la maturità per reggere a lungo. Il Napoli è in condizioni disastrose perché ha solo eterni ragazzini. Tardoadolescenti bravi con i piedi ma deboli di carattere. Ce ne sarebbe voluto uno, almeno uno, forte, con vittorie alle spalle, con l’odore del top club addosso, o almeno la garra del capitano.

    Costano. Certo che costano. E soprattutto puoi non riuscire ad ammortizzare la spesa. Durano meno e quasi certamente non ci farai una plusvalenza. Poi però ti perdi il posto Champions: in un colpo 40 milioni. Ora rischi di perdere persino i diritti della serie A. Non è meglio spendere a fondo perduto sette milioni d’ingaggio e trenta di cartellino per un “vecchio”?

    Ma torno al punto di partenza. Considero la fissazione per i giovani talenti da futura plusvalenza un grave limite di De Laurentiis, ma certo non un buon motivo per chiamarlo pappone. È una filosofia di gestione giusta ma irrazionale se priva di eccezioni, certo. Come l’ostinazione per i contratti laboriosi. Fisime.  Però il presidente viziato da queste fisime è lo stesso che ci ha preso dal fango e ci ha portato in Champions, a un filo dallo scudetto. Ci teniamo i suoi difetti, punto: io almeno la vedo così.

    Ci teniamo i suoi difetti come ci siamo tenuti quelli di Sarri. Geniale, ma assurdo nel considerare degni della maglia solo 12-13 calciatori su 22. Avesse dato più spazio alle riserve, forse Orsato non sarebbe bastato a fermarci. Ma onore a Sarri per averci conquistato lo stupore e la meraviglia di tutta Europa. Grazie per aver reso quel Napoli una delle squadre più belle degli ultimi vent’anni. Allo stesso modo, grazie al presidente De Laurentiis per averci portato dov’eravamo, fino a tre mesi fa.

    Adesso si esce dall’incubo con l’umiltà, come su queste pagine ha già scritto Nando Genova. Stringere i denti e umiltà. La stessa di cui avremmo bisogno noi tifosi. Troppo aristocratici per andare a riempire il San Paolo con una squadra arrivata seconda l’anno prima. Perché ricordiamocelo: lo sciopero degli ultras ha reso il San Paolo una catacomba, ma pure prima i vuoti c’erano. I vuoti lasciati da noi comuni tifosi. Troppo altolocati per andarci a vedere una squadra che l’anno prima non ha fatto il triplete.

    Umiltà. Ne abbiamo bisogno tutti. Ricordiamoci chi siamo stati, prima e dopo Diego, prima e dopo i due scudetti. Ricordiamoci della stagione di Dirceu, salvata per miracolo da una B che ci avrebbe negato per sempre Maradona. Ricordiamoci del fallimento, dello squallore di quegli anni, della maglia a strisce come quella del Pescara.

    E ricordiamoci che “devi vincere” è un coro senza senso. Anche perché adesso dobbiamo salvarci. E dipende anche da chi starà sugli spalti, non solo da chi va in campo.

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