E se sul nostro provincialismo Marotta non avesse tutti i torti?

Nella sparata alla vigilia della sfida al Lione l’ad della Juve ha sbagliato i tempi e i modi. Ma nelle sue parole c’è un fondo di verità
  • www.insidespanishfootball.com

    di Domenico Zaccaria

    Premessa doverosa: odio (sportivamente) le zebre. E penso che il tanto decantato “stile Juve” sia ormai solo uno sbiadito ricordo, cancellato dalle sparate di Agnelli sugli scudetti revocati, dall’atteggiamento sempre provocatorio di Conte nei confronti degli avversari e da tifosi che, invece di godersi la loro splendida squadra, preferiscono inneggiare al Vesuvio, a Superga e infangare la memoria di Gaetano Scirea. Penso anche che se una brava persona si ritrova a lavorare in un ambiente del genere può facilmente incappare in qualche gaffe. E’ il caso di Beppe Marotta, amministratore delegato della Juve: un signore e un ottimo professionista. Sorprende quindi che abbia atteso ben quattro giorni per togliersi i sassolini dalla scarpa dopo la sconfitta della sua squadra al San Paolo: “Ci ha dato fastidio l’eccessiva euforia dimostrata dal Napoli che in fin dei conti ha battuto la Juventus in una partita di campionato che vale solo tre punti. Hanno vissuto la gara contro di noi con l’enfasi di una provinciale. Il Napoli ha un grande blasone, questo atteggiamento è un po’ riduttivo per una realtà simile. I 17 punti di distacco ci sono tutti”. Diciamo che tornare a parlare dopo 96 ore di una “partita di campionato che vale solo tre punti”, peraltro alla vigilia di un importante quarto di finale di Europa League, è esso stesso un atteggiamento provinciale. Marotta ha sbagliato tempi e modi, non c’è dubbio: ma nella sostanza ha torto? L’impressione è che le sue parole nascondano un fondo di verità. Sarà un caso ma a fine partita Benitez, prima di ingaggiare il duello con Conte su ingaggi e fatturati, aveva ammonito: “La fase di crescita decisiva della squadra e della società arriverà quando vincere queste partite diventerà normale”. Insomma andiamoci piano, una vittoria – sia pur straordinaria – non cambia il volto di una stagione: siamo 17 punti indietro, un’enormità, e per arrivare al loro livello dobbiamo ancora percorrere tanta strada. Due anni fa la vittoria contro la squadra di Conte nella finale di Coppa Italia fu sì una grande gioia, ma finì per gettare un po’ di fumo negli occhi dei tifosi e forse anche della società. Fece passare in secondo piano il fatto che quella squadra con Hamsik, Lavezzi e Cavani nel pieno della forma, la più forte dai tempi di Maradona, in campionato non fosse riuscita ad andare oltre al quinto posto; e aveva illuso un po’ tutti che il distacco dalla Juventus in campionato (-23 punti) fosse dipeso dagli impegni europei e non da un gap tecnico che era invece   emerso con una certa evidenza. Non a caso, in estate, Lavezzi fu venduto e sostituito da Pandev, che già era in rosa. Ergo, prendiamo le parole di Marotta come uno stimolo a compiere quel salto di qualità necessario per arrivare al loro livello. Non siamo più il Napoli al quale basta vincere in casa contro la Juventus per dare un senso alla stagione, ma dobbiamo arrivare a giocare almeno una ventina di partite l’anno con quella qualità e intensità. Vincere contro i bianconeri non sarà mai “normale” ma in questo modo diventerà meno straordinario. E magari a fine anno li guarderemo dall’alto in basso, che alla fine è l’unica cosa che conta.

    Condividi questo post