Napoli-Milan in 5 clic

Da una gamba rotta a un colpo di testa indimenticabile, che partite contro i rossoneri. Tra gol impossibili e rischi (quasi) letali
  • calciotribe
    Di Boris Sollazzo
     
    Troppo pochi cinque clic per la partita che ha rappresentato gioie e dolori dell'epoca di Diego. Erano loro i grandi rivali, con loro è successo di tutto. E non solo in quegli anni. Ecco un amarcord molto personale.
     
    28 ottobre 2009: 19.45, sto tornando a casa per vedere con mia sorella il turno infrasettimanale di campionato, Napoli - Milan, è appena arrivato Mazzarri. Sono sullo scooter, esco dopo una dura giornata di lavoro. Un'auto mi travolge a grande velocità, il guidatore è al telefonino. La gamba destra schiacciata tra l'auto e la moto, un volo. Rotula, tibia, perone rotti, due centimetri d'osso letteralmente polverizzati. Mi portano al Santo Spirito (a proposito grazie a tutti: primario, medici, infermiere e infermieri, meravigliosi). Arriva Tania, io cerco di ridere e scherzare. Le chiedo dell'unica cosa importante per me: la partita. Non vuole parlare, mi rimprovera, mi dice che non posso pensare a una cosa così in un momento come quello. Non è da lei, capisco che c'è qualcosa che non va. Entro dal dottore, chiedo a un infermiere che si dichiara laziale. Mi comunica che perdiamo 0-2. Solo a quel punto impreco, ma non per il dolore fisico. Si va avanti con visite e fasciature, il risultato non cambia. Poi la trazione. Mi bucano il tallone: sento dei passi pesanti fuori dalla sala. L'infermiere di prima chiede di me: entra senza bussare e sorridente tuona "il Napoli ha pareggiato, Cigarini e Denis nel recupero!". Esulto, braccia alzate e soprattutto nel gesto di gioia coinvolgo anche la gamba rotta, appena gravata del peso di dieci chili necessario a tenere lontano i pezzi d'ossa rotti. Un dolore pazzesco. Ma meraviglioso.
     
    11 maggio 2008: Napoli-Milan 3-1. Partita piuttosto inutile, penultima giornata. Ma è l'ultima del Pampa Sosa al San Paolo. Ci mancherà, è un cuore azzurro vero e pure perché uno come lui sarebbe fondamentale nella rosa attuale. Anzi Roberto, non è che ci fai un pensierino? Sei ancora in gran forma e sei l'ultimo ad aver vestito la Dieci! Comunque verrà ricordato soprattutto come il match in cui segnó Garics. Un miracolo, replicato anche mesi fa a San Siro: lì, pensate, la mise dentro Britos. Ah, in quella partita al San Paolo Navarro sembró, almeno fino al 93imo, un portiere. Di calcio, non d'albergo come sospettammo in seguito.
     
    1 maggio 1988: ricordate Chicco Lazzaretti nella puntata de I ragazzi della Terza C in cui diventava il campione di un quiz rispondendo a domande sulla Roma? Rinunciava a un superjackpot perché si rifiutava di ricordare Roma-Liverpool. Si toglieva le cuffie dicendo "quella partita non è mai esistita". La mia è questa. Ricordo solo una palla all'incrocio dei pali, Diego che gioca contro avversari in stato di grazia, forse anche contro alcuni compagni e persino contro le leggi della fisica. Quel gol è di una bellezza straziante. Anche per la sua inutilità. 
     
    26 aprile 1987: 2-1. Qua la matematica non ce lo assegna ancora, ma capiamo che il tricolore è nostro. A regalarcelo è sempre sua maestà El Diez. Il suo gol è pazzesco, da una posizione impossibile, defilatissima sulla sinistra, prima salta Nuciari poi trova l'unica traiettoria possibile per metterla in rete, lenta e inesorabile. Applausi e urla di gioia e la consapevolezza che alcuni gol, dopo di lui, non esisteranno più. Lì capimmo i concetti di felicità, divinità e genio.
    Ma a dir la verità dobbiamo parlare anche di un altro colpo di talento beffardo: Napoli-Milan 4-1, 27 novembre 1988. Ci togliamo i paccheri dalla faccia e Diego capisce che dobbiamo umiliarli. Segna. Di testa. Da 30 metri, ridicolizzando con un guizzo fanciullesco il gioco di Arrigo Sacchi, ribaltando a suo favore quel fuorigioco quasi infallibile che applicavano i rossoneri. Cominciano i gol incredibili contro Giovanni Galli che un giorno rivelerà di essere passato al Napoli solo per non vivere più l'incubo Diego. 
     
    18 settembre 2011: uno dei tanti momenti difficili della mia vita lavorativa. Mi hanno appena tolto una rubrica a cui tengo molto, poco dopo ricevo una telefonata da un altro giornale per cui lavoro e mi informano che probabilmente chiuderà alla fine dell'anno. Io sono a San Sebastian, per il festival del cinema (bellissimo, peraltro). Amo i baschi, quella spiaggia che chiamano Concha, immensa e bellissima, la loro passione. Lì vedo Napoli-Milan, con amici conosciuti nello stadio della Real Sociedad pochi giorni prima. Loro sono lì perché in tv c'è anche la loro squadra. Sta vincendo. Mi vedono imprecare per il gol di Aquilani, nel frattempo per loro c'è stato il triplice fischio finale con tanto di tre punti. Sono arrabbiato, mi lascio scappare "bella giornata di m...., perdo il lavoro e ora arriva pure la sconfitta del Napoli". Ok, forse non sono stato così elegante. Mimì, Gorka, Mikel e Kismi si siedono vicino a me. Gorka mi guarda fisso e fa "vinciamo". E io "se succede mi faccio il bagno nell'oceano". Tripletta di Cavani. Mi portano in trionfo, fino alla spiaggia. Corro e mi tuffo. Avete idea di quanto sia freddo l'Atlantico? Io sì. Il giorno dopo ho 39 di febbre, ma sono felice. Mikel, non so come, riesce persino a trovare un giornale sportivo italiano. Adesso a San Sebastian, a casa di Mimì, c'è una sciarpa del Napoli ancora impregnata di sale. Nella mia, qui a Roma, ce n'è una della Real Sociedad. Euskadi libera!

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