Dieci malattie di cui soffrono i giocatori del Napoli

La delusione per il modo in cui è arrivato il pareggio a Milano non passa. Ma non ce la prendiamo con i giocatori, sono malati.
  • di Boris Sollazzo

    Ci chiediamo da settimane cosa succeda ai nostri giocatori. Perché sbagliano tanto o sono apatici. Finalmente ho capito: molti dei nostri soffrono di patologie che non possiamo sottovalutare. Non è colpa loro.

    1. L'agorafobia di Rafael Cabral. Il ragazzo non ama stare "in ambienti non familiari o comunque in ampi spazi all'aperto". E in fondo l'area di rigore non è affar suo, troppo vasta e troppa gente. Lui sta bene sulla linea di porta, tra i pali, dove comunque non ne prende una (forse perché voleva essere presbiteriano e magari è solo presbite). Per non uscire da lì sembra essersi fatto applicare un guinzaglio al palo: a volte sembra voler strapparlo, ma non ci riesce e viene ricacciato indietro.
    Inoltre sente le voci: parla con Dio molto spesso ma a David Lopez che tenendosi Icardi gli fa una domanda, neanche risponde.

    2. La narcolessia di Inler. Prende la palla e si addormenta. A volte gli basta guardarla per entrare in trance. Per non parlare di quelli che deve marcare: Guarin lo trova immerso nel sonno profondo e lo supera. I compagni hanno paura di svegliarlo, gli avversari pure. Non giocherebbero più in 12, in effetti.

    3.  La labirintite di Camilo Zuniga. Voi maligni pensate che quei balletti, quei dribbling siano una forma di narcisismo sportivo, di egoismo calcistico. No, il poverino dopo il grave infortunio al ginocchio ora deve subire questa brutta malattia che gli pregiudica l'equilibrio. Le sue non sono finte di corpo, ma tentativi di rimanere in piedi.

    4. Il daltonismo di Lorenzo Insigne. Corre, inventa, si sacrifica. Poi, quando meno te l'aspetti, lascia palla agli avversari, la passa a chi gli gioca contro. Inspiegabile. Molti credono che la sua diversa percezione dei colori possa essere alla base di queste azioni scellerate. Motivo, forse, per cui l'anno scorso non la passava a Callejón e probabilmente per questo De Laurentiis si è inventato la camouflage uno e due, o la maglia jeans. Per dare punti di riferimenti certi al povero Lorenzo.

    5. Le personalità multiple di Britos. Pippa esagerata per mesi, poi diventa il migliore in campo per un pugno di giornate. E quando fa la migliore prestazione si rompe, denunciando anche una certa propensione alla sindrome di persecuzione. Giustificata. Si fa rimpiangere per le presenze e per le assenze.

    6. La Sindrome di Münchhausen di José Callejón. In questo caso ci si finge malati per attirare l'attenzione. Lui col Bilbao ha giocato talmente male che ha attirato l'attenzione di tutti ma pure imprecazioni d'ogni tipo. Voleva essere venduto. È rimasto a Napoli. Per fortuna sembra guarito. Ci son volute sei pillole per farlo star meglio.

    7. La sindrome di Tourette di Gonzalo Higuain. Malattia che incide sul comportamento della persona che reagisce in modo inconsulto, soprattutto con parole aggressive e non particolarmente gentili. A lui capita quando non gli fischiano un fallo o un compagno non gliela passa. Urla, si agita e di solito si placa solo con un cartellino giallo.

    8. L'Alzheimer di Raul Albiol. Era un campione, ora è un brocco. Sembra aver dimenticato come si fa il difensore, dove deve posizionarsi, cosa deve fare. Poi, come capita spesso a questo tipo di malati, ha un barlume di lucidità e lì salva il risultato su Icardi.

    9. La schizofrenia di Gargano e David Lopez. Entrambi onesti mestieranti del pallone per decine di minuti, poi, come dice l'etimologia, la mente si divide e ti inventano un assist che neanche Pirlo. Per fortuna.

    10. Il disorientamento topografico di Marek Hamsik. Uno che ha i colpi e la voglia ma, ormai, non sa più dove sta. Così come i difensori del Napoli sui calci da fermo: sono ovunque, ma non dove dovrebbero.

    Bonus track: i tifosi guariscano dal loro complesso di superiorità. Dicono di "essere il Napoli", di voler vincere, di sostenere la squadra. Peccato che su uno 0-1 al San Paolo in casa sono partiti silenzi e persino fischi. E pure al pareggio. All'Olimpico dopo i gol tedeschi incitavano ancora la Roma, alla fine hanno chiamato i giocatori sotto la curva e li hanno applauditi.
    Vabbè, direte, loro hanno vinto tutto, ci sta. Ah no? Davvero? Negli ultimi anni abbiamo vinto più noi? Loro neanche la coppa Italia contro la Lazio? Ma pensa te...

    Condividi questo post