Il tifoso del Napoli è bipolare e il fatto è serio

Prendiamo una stessa mossa fatta da Benitez in due partite diverse, una vinta e una persa. Nella prima è un genio, nella seconda era meglio Mazzarri. Almeno per la maggior parte di noi tifosi azzurri. Viaggio in un male oscuro di massa
  • di Alessio Capone

    Adesso che ci siamo rasserenati, dopo le roboanti vittorie contro Milan e Roma e archiviata la pratica Sassuolo come si doveva, adesso che siamo tutti più distesi e lucidi (si spera) nell’analizzare la situazione, adesso che siamo saliti tutti sulla giostra di Rafa & Co, ne possiamo parlare in maniera approfondita. Perché se fossimo tutti dei Kurt Cobain, che la mattina ci svegliamo, indossiamo una camicia a quadri di flanella e ci fosse un’intera generazione pronta a celebrarci ed emularci, allora ce lo potremmo permettere, ma noi siamo dei soldati semplici: studenti, operai, dirigenti in pensione, cassintegrati e lavoratori subordinati. Noi, non ce lo possiamo permettere di trascurarci. Perché la nostra malattia è cronica e, appunto, patologica; in quanto tale si ripercuote pesantemente anche sulle nostre vite di tutti i giorni e il risultato della domenica condiziona il nostro martedì lavorativo, ma non va bene. Dobbiamo intervenire. Urgenza al botteghino 6, livello massimo.

    Uno dei casi di napoletano bipolare più lampanti, più indicativi e più vicini cronologicamente, lo si può individuare in quel doppio turno (infrasettimanale e non) dai risultati differenti per soli e meri episodi. Sto parlando di quell’uno due micidiale, quei Lazio - Napoli 2-4 e Napoli - Udinese 3-3 finiti diversamente per puro caso. In entrambe le partite, a venti minuti dalla fine, eravamo noi a condurre per 3 a 2. In entrambe le partite, a venti minuti dalla fine, Benitez propose lo stesso cambio: fuori Insigne, dentro Mertens. In entrambe le partite, ci fu un contropiede di Mertens, solo che a Roma, andò a buon fine, quarto gol per noi e tutti a casa; mentre contro l’Udinese, al San Paolo, mancammo il colpo di grazia e poi venimmo riacciuffati ad una manciata di minuti dal triplice fischio.

    Analizziamo ora i due post-partita. Nel primo, quello di Lazio-Napoli, l’entusiasmo di tutti era alle stelle, sui blog e nel web si leggevano commenti di persone estasiate, si narra addirittura di tifosi napoletani che tentarono di camminare sulle acque, Benitez era il messia e “siamo una squadra fortissimi”. Alla conclusione della gara interna con l’Udinese invece, come d’incanto (oddio, incanto, facciamo incubo), Benitez era diventato un brocco che non sapeva leggere le partite, che giocava sempre allo stesso modo e  che “invece di mettere a Mertens, doveva mettere uno in più a centrocampo” (ribadisco, per sicurezza, che fece esattamente lo stesso cambio qualche giorno prima, ma in quell’occasione nessuno disse alcunché).

    Voi capite che il fatto è serio? Capite che questo bipolarismo galoppante va studiato e neutralizzato? Non lo dico perché io mi senta migliore o esente da questo problema, no. Lo dico perché so dove può portare, conosco le conseguenze alle quali si può arrivare andando avanti di questo passo. Lo dico, perché in famiglia ho un caso spacciato e ormai irrecuperabile di tifoso napoletano bipolare: mio padre. Un uomo che subisce quegli stati d’animo, quelle situazioni emotive d’estasi irrefrenabile, quei momenti di disperazione catatonica irrecuperabili poc’anzi descritti e che è in grado di riassumerli addirittura all’interno della stessa partita. Tant’è che durante Napoli-Arsenal, dopo due minuti, alla notizia del gol del Borussia in quel di Marsiglia, è stato in grado di sospirare un disperato “Basta dai, è finita”; salvo poi passare ad una fase di “speriamo che” alla notizia del pareggio del Marsiglia, per andare a toccare le stelle lanciato in orbita da Pipita nostro e tornare in atmosfera terrestre, dopo lo svenimento del portiere francese su “tiro” di un tale con la maglia gialla. Ha concluso applaudendo, perché quella sera non si poteva fare altro che applaudire, ma io ho avuto paura, tanta. Ho temuto per la sua incolumità. Capite che non si può vivere in questo modo?

    E allora, proviamo a trovare un rimedio, almeno temporaneo, a questo problema, cerchiamo di tamponare questi sbalzi umorali, questi tracolli che spesso seguono dei picchi altrettanto ingestibili, proviamo a dare un senso. Stiamo vivendo il secondo momento più bello della nostra storia, siamo solo agli inizi e credo sia giusto dare tempo al tempo e godercelo, nel bene e nel male, fino in fondo. Ridimensioniamo vittorie e sconfitte. Creiamo un parallelo fiabesco, poniamo di essere tanti piccoli Peter Pan e poniamo che il progetto, i calciatori e Benitez siano le nostre fatine da salvare e tutelare con una formulina magica. Ogni qualvolta ci rendiamo conto di essere preda delle nostre emozioni, positive o negative che siano, utilizzeremo questa formulina semplice. Tifosi bipolari, forza, ripetete insieme a me: “Nello sport esiste anche la sconfitta e il calcio è uno sport”. E adesso, con intima convinzione, tutti insieme e a gran voce: “Io credo nel progetto, ci credo, ci credo”.

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