Perché Mancini secondo me si è meritato il finocchio di Sarri

Nella parlata popolare la parola ingiuriosa va oltre la questione dell’orientamento sessuale: sta per uomo debole, che non sa vedersela da solo. Ed è proprio questa l’idea che il tecnico interista ha dato di sé quando ha invocato la “cacciata” del collega
  • di Armando Pirozzi

    Questo breve articolo si occupa prevalentemente di sociolinguistica, quindi proporrà per prima cosa una investigazione sul linguaggio e sull’uso del linguaggio, poi si dedicherà ad analizzare la società che usa suddetto linguaggio, e poi proverà a tirare le somme sul problema linguistico proposto dall’allenatore dell’Inter Mancini.

    Quindi, il linguaggio. Evitando di scendere in problematiche semiotiche complesse, diciamo che una parola (cioè l’insieme dei segni che la costituiscono) è una parola se significa una cosa. Può tuttavia assumere un senso ulteriore se l’insieme dei parlanti condivide il nuovo senso, o il senso metaforico, o senso lato. Zucca è un ortaggio, ma è anche la testa dell’uomo, in un senso figurato derivato dal linguaggio popolare parlato. Per quanto riguarda invece le parole che sono usate come ingiurie la cosa si amplia. Troia è la femmina del maiale (in senso stretto), come è la donna di malaffare (in senso lato). Tuttavia, nell’ingiuria, troia è tanto la donna di malaffare che genericamente la donna che non ha valore morale. Una donna che chiama troia una sua amica non intende che quest’ultima faccia il mestiere della prostituta, ma considera l’espressione in senso metaforico, ovvero lato: il tuo comportamento è da donna che eccetera. Finocchio è la parola che significa un ortaggio, ma anche, in una antica metaforizzazione della parlata popolare specialmente toscana, un omosessuale di sesso maschile. Ma l’ingiuria amplia il senso e la parola significa anche genericamente uomo debole, che non si comporta in modo forte, che, secondo una retriva tradizione linguistica non solo italiana, contraddistingue il comportamento maschile (il sesso forte).

    Ora veniamo alla società, e alla tradizione. Naturalmente in una società moderna è deprecabile che il linguaggio sconfini nel sessismo, tuttavia, poiché la lingua parlata deriva da una consuetudine che costituisce la premessa della comunicazione, è difficile trasformare alcune parole, specialmente quelle di origine popolare e legate al significato di ingiurie, per renderle conformi al moderno sentire, proprio come sarebbe difficile sradicare del tutto la superstizione. Così può capitare anche di ascoltare una donna chiamare femminuccia un uomo, non in questo modo offendendo le altre donne, ma offendendo l’uomo che si comporta in modo debole. È un errore dovuto alla difficoltà della lingua di trasformarsi velocemente, perché il suo uso è essenzialmente legato alla comunicazione, e la comunicazione può essere condivisa solo se i segni usati sono compresi dalla maggior parte dei parlanti. Quando un artista cerca una nuova metafora, per dire qualcosa di nuovo, se pure ne sarà soddisfatto personalmente, spesso si trova di fronte l’evidenza che la sua proposta linguistica, non essendo condivisa, non viene accettata, e resta lettera morta. Questo è il problema di una società che, storicamente soggetta all’idea maschile di forza, anche ora, quando questa idea non solo è sorpassata ma anche evidentemente falsa, usa una lingua di antica tradizione.

    A questo punto risulta chiaro che l’epiteto finocchio che l’allenatore dell’Inter ha denuciato essergli stato rivolto dal suo collega allenatore del Napoli, risulta significare in senso lato uomo debole che in ogni occasione chiede aiuto invece di vedersela da solo. Ora, questa ingiuria è offensiva ed è giusto che chi l’ha pronunciata ne paghi le conseguenze e si scusi col collega dell’Inter. Trovo non necessario che si scusi con altre persone, per esempio con persone omosessuali, perché è evidente che non stava commentando con disprezzo il loro stile di vita, ma in senso lato il comportamento giudicato debole del collega, secondo il deprecabile ma ancora ampiamente condiviso uso della tradizione linguistica sopra spiegato.

    Ora, veniamo alle conclusioni, che saranno di natura esclusivamente linguistica, e ogni altra lettura non sarà neanche presa in considerazione, partendo dalle premesse enunciate. Allora, se consideriamo il comportamento dell’allenatore dell’Inter non durante la partita, ma in diretta tv, notiamo che è proprio il comportamento di un uomo che cerca aiuto nel potere più forte, invece di vedersela da solo. Questo è, giusto o sbagliato, un dato di fatto. Tra l’altro denunciando un collega, e non un superiore, nel cui caso sarebbe stato doveroso denunciare il mobbing. Verso un collega, dicendo che dovrebbe essere cacciato dal posto di lavoro per quello che gli ha detto. Ora, noi sappiamo che è giusto che, se un compagno di classe ti offende, si deve dirlo alla maestra, ma sentiamo che, se capita nel luogo di lavoro, questo episodio sarà meglio gestirlo tra le persone in privato, finchè è possibile, specialmente se chi offende tra l’altro si già è scusato pubblicamente, come lo stesso Mancini ha dichiarato durante la stessa intervista tv. Ma poi Mancini ha aggiunto che in Inghilterra chi offende così verrebbe di certo cacciato. Ora qui il problema linguistico di Mancini arriva al nocciolo. Lui sa che in Inghilterra la gogna mediatica dei tabloid risulta sempre efficace per ottenere il licenziamento di un lavoratore solo per qualcosa che gli è scappato di dire. Ma questa cosa non è il culmine della civiltà, anzi, l’uso orribile dei tabloid in Inghilterra è proprio un esempio di pessima inciviltà che noi Italiani non possiamo accettare come termine di paragone. Possiamo avere una lingua vecchia, piena di epiteti e ingiurie popolari da riscrivere, e che quando scappano bisogna affrettarsi a riparare, anche pagando col massimo della pena ragionevole per il danno, ma denunciare un collega e desiderarne il licenziamento perché in un momento di tensione mi chiama finocchio, so che è un comportamento profondamente ingiusto, e, se dovessi descriverlo con una parola, direi che è un comportamento (e non trovo un’altra parola altrettanto ampia semanticamente tanto nella lingua convenzionale come nella lingua popolare per dire meglio che l’offeso non se la sa vedere da solo) da finocchio.

    Condividi questo post