La storia da Oscar del produttore de La grande bellezza

Nicola Giuliano, cuore azzurro doc, in #Chevisietepersi ci racconta un'estate che tutti ricordiamo bene.
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Sono un tifoso anomalo. Non è il calcio il mio sport preferito, ma il rugby, che sempre a Napoli ho giocato. E con gli stessi colori. Bianco e azzurro, ma della Partenope.

Sono un tifoso anomalo: proprio perché giocavo, la domenica, allo stadio ci sono andato poco. Ma quando ci sono andato la prima volta, ho visto 7 goal del Napoli, a 1 alla Ternana, e 5 reti a 0, al Foggia. E poi ho visto GIGGIRIVA segnare su punizione e andare in vantaggio col suo Cagliari glorioso che declinava, per perdere poi 3 a 1, e mi sono illuso al goal di Francini gelato da Butragueňo del Real, quando la coppa era solo dei campioni.

Però mi ricordo tutto, i dolori più delle gioie. Quelli più grandi, l'Anderlecht che ci butta fuori dalla Coppa delle Coppe, con la finale a un passo, quella palla che rotola dentro, lentamente dallo stinco di Ferrario alle spalle del vecchio giaguaro Luciano Castellini, che lo consola e gli dice, tranquillo, ora recuperiamo, ma la palla non entra più, e il primo scudetto lo rimandiamo di 10 anni.

Ma c'è un episodio che voglio raccontare. Succede a Napoli, nel 1984. Il Napoli sta trattando Maradona, almeno così ci dicono, perché che Totonno Juliano ce lo porti davvero ci crediamo poco. Più di quello di Maradona, sulla bocca di tutti, c'è il nome del suo manager, Cysterpiller, o come cavolo si scrive (in verità è Jorge Cyterszpiler - ndr). Tutti pendono dalle sue virgole, dai suoi sospiri, dalle sue promesse. É maggio, usciti da scuola, il Liceo Jacopo Sannazaro, ciondoliamo per il Vomero, tappa obbligata è la rosticceria Imperatore, stazioniamo fuori, io e 4 amici, tutti tifosi, in Via Scarlatti. Un uomo, alto, capelli ricci brizzolati entra nel locale. Peppe Ferrari, amico mio, sibila “è Cysterpiller, l'ho visto, l'ho riconosciuto, è appena entrato”. Noi non gli crediamo, lo guardiamo, lo studiamo bene, compariamo nella memoria le foto sgranate in bianco e nero dei giornali dell'epoca: è lui, no, non è lui. Uno dice, ho saputo che era a Napoli. Dubbio. Basta chiederglielo, dice uno. Peppe Ferrari si fa coraggio, lo affrontiamo, lui davanti e tutti dietro. L'uomo ha ordinato una montanara, bella unta, sta per addentare quando Peppe lo chiama: "mister Cysterpiller?", quello si gira, "Harriba Diego?" così, testuale, "harriba". Lui ci squadra, addenta, mastica a lungo e deglutisce. Gocce di sudore freddo, silenzio nel locale. "Harriberà", risponde. Noi esplodiamo e, usciti dal locale cominciamo a correre felici e ululanti.
Il più forte giocatore del mondo è nostro, solo nostro. Poche settimane dopo l'annuncio ufficiale, poi Diego harriba davvero, 80mila persone lo osannano al San Paolo. In televisione lo guardiamo stringere la mano a Ferlaino, al suo fianco il fedele Cysterpiller. Lo guardiamo bene, tutti, finalmente e.... chi cazzo era l'uomo della rosticceria Imperatore? Sarà sempre un felice mistero.

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