Sarri e la condanna delle scelte
di Nello Del Gatto
Sicuramente sono io che sbaglio. Sicuramente sono io che non capisco nulla. Ma la vittoria di ieri sera con il Verona, oltre a ribadire che Giulietta è esponente di una delle più antiche professioni del mondo, mi ha fatto arrabbiare, in un certo senso. Già, perchè vedere in campo quel Mertens e Higuain mi ha lasciato molto da pensare. Domenica scorsa ero allo stadio e, per scongiurare un precedente infausto con un'altra squadra della capitale, insieme ai miei compagni di avventura le abbiamo provate tutte: riti scaramantici, cambio di posti, allontanamento di ciucciuvettole. Ma niente: il pareggio con la Roma, con la paura avuta poi in finale (ma era gol o no?), ha trasformato l'eccelso pranzo domenicale in fiele. Eppure parliamo di una opera d'arte che partiva dalla pasta al forno e, attraversando praterie di polpette, mozzarella di bufala, burrata, peperoni gratinati, zucchine, melanzane, arrivava ai dolci più disparati. Ma quello zero a zero mi ha tolto il piacere di queste poche ed umili cose. Come molti, domenica, mi sono chiesto: ma perchè Insigne non esce ed entra Mertens? Dopotutto il furetto belga aveva dimostrato già contro i polacchi di attraversare uno strepitoso momento di forma. Nella trasmissione di venerdì a Radio Prima Rete (appuntamento fisso delle 19,30 per tutti gli extranapolioti) quelli che ne capiscono di calcio avanzavano addirittura la possibilità che sin dal primo minuto Sarri schierasse il duo Mertens-Insigne. Certamente una scelta che poteva sembrare azzardata, ma che aveva una sua logica premiale. La discesa in campo e l'atteggiamento della Roma ha spiazzato tutti: nessuno, infatti, si aspettava un modus operandi del genere da parte dei giallorossi. Rinunciatari, attendisti, senza verve. Anche se, ricordiamocelo (e qui è l'assurdo o la bellezza del calcio) il migliore in campo è stato Koulibaly. La sorpresa non è stata quando si è visto che Sarri aveva preferito Insigne o Callejon (il quale è stato protagonista di una bella prestazione anche in fase difensiva) a Mertens, ma quando il tecnico toscano ha ragionato come Benitez, facendo entrare il furetto belga al minutaggio preferito dal (quasi) ex tecnico del Real. E, soprattutto, non come sostituto di un evanescente e (purtroppo in partite difficili e importanti come quella della Roma) deleterio Insigne, ma di un Callejon che, come detto, non aveva sfigurato. Chi mi sedeva vicino, che stimo come grande conoscitore, mi ha detto "Sarri tene 'è palle!". Ci ho voluto credere. Ma in quel momento più che una dimostrazione di mascolinità serviva qualcuno che segnasse. Invece, il gol (vero o no) è arrivato dalla Roma. Sarri, ha sbagliato, diciamocelo. Ha sbagliato nel tenere fuori Mertens e nel metterlo dentro troppo tardi, come ha sbagliato a tenere dentro Insigne. Il quale, pare senta troppo, da napoletano vero, le gare importanti. Se da un lato è simbolo di appartenenza, dall'altro è dimostrazione di una maturità che non è ancora arrivata appieno. In quel momento, ci volevano in campo le "palle" che Sarri ha dimostrato in panchina. Vedere in coppa Italia Higuain mi ha preoccupato. Soprattutto quando ha subito un fallo alla caviglia. Con Gabbiadini fuori, nessun altro può giocare al posto del pipita. Che poi Gabbiadini non è neanche una prima punta. Almeno l'anno scorso avevamo Zapatone. Mettere in campo Higuain è stato un rischio, anche se altra punta non c'è. Non si poteva trovare una soluzione diversa, sfruttando Callejon, Omar e i due furetti? Certo, la preoccupazione di ripetere quello che era successo alla Roma nel pomeriggio e alla Fiorentina poco prima può aver influito, come anche la voglia di riscatto rispetto alla partita di domenica scorsa (almeno per il risultato), nella scelta di buttare il Pipita nella mischia. Ma abbiamo rischiato troppo e una società come il Napoli che merita posizioni alte di classifica ma che, soprattutto, è impegnato in tre diverse competizioni con i risultati eccellenti che conosciamo, non può accontentarsi di avere a libro paga il minimo indispensabile di calciatori. Le stagioni calcistiche sono lunghe. L'Inter (anche se qualcuno dirà che non conta) ha in rosa 7 attaccanti (inutile ricordarne i nomi) su una rosa di 29 calciatori, la Fiorentina ne ha 6 su 27, il Napoli 5 su 27. Se consideriamo che tra i nostri 27 ci sono il giovane Luperto (una speranza) e i due fantasmi Zuniga e de Guzman, i giochi sono fatti. Certo, i moduli e il modo di giocare sono diversi, per qui questi numeri lasciano il tempo che trovano, ma sono sintomatici di una situazione. Urge intervenire. E sarebbe bello vedere di nuovo il Sarri dell'inizio, quello che decise di cambiare il modulo e vincere dopo le prime partite.