
di Manfredi "Freddy" Adams
Eliminati ai quarti. Come l’anno scorso. Abbiamo capito che anche quest’anno il Napoli non è irresistibile, vive anche di momenti negativi in cui anche un piccolo errore lo paghi amaramente e non metti a segno nemmeno un tiro in porta su una ventina di tentativi. “È colpa di questo”, “è colpa di quello” sono soltanto sfoghi conditi da delusione nel vedere la propria squadra non esprimersi come sa fare e come ha dimostrato di fare in molte occasioni, altrimenti chi usa la parola “fallimento” veramente deve dar seguito coerente alla parola usata, bruciando le magliette e le sciarpe del Napoli (il Napoli quando fallì, sparì dalla circolazione).
Ma veniamo alla partita.
La formazione schierata da Mister Ancelotti sembrava più equilibrata tatticamente rispetto a quella allestita tre giorni prima, con due mediani di ruolo (Allan e Diawara) e due cursori a supporto in mezzo al campo come Fabian Ruiz e Zielinski. Ma questa lettura facile è stata drasticamente smentita e spazzata via da due contropiede micidiali del Milan (tramutatisi in altrettanti gol) a cui va dato atto di aver giocato come la più classica delle provinciali: contropiede anche in casa (!), palla lunga e piazzamento del classico pullman davanti alla porta, con qualche elemento capace anche di tener palla quando occorre. La statistica ci racconta di 18 tiri verso la porta avversaria effettuati dal Napoli e, sommati alla ventina della partita scorsa, bisogna riconoscere che non siamo stati affatto incisivi e abbastanza goffi, tanto da rinsaldare le certezze difensive ormai acquisite dalla difesa rossonera. Il loro bomber invece, Piatek il prescelto, ha soltanto eseguito quello che al vecchio Higuain non riusciva neanche più: capitalizzare alla grande le poche occasioni. Però va dato merito al Milan, eh?! Delle due squadre era quella che pretendeva di meno: la pressione della qualificazione a tutti i costi era tutta sul Napoli, seconda forza del campionato in quel limbo dove si piazzano quelle squadre troppo deboli per arrivare al titolo e troppo forti per giocarsi la qualificazione Champions insieme alle altre. Insomma, dalla seconda forza del campionato si pretende di più e quando le cose non girano per come ci si aspetta, in un attimo si diventa tutti brocchi, dimenticando le buone prestazioni fornite contro squadre ostiche, dall’Atalanta al PSG. Arrivano i processi e si palesa il temuto fantasma della tenuta psicologica di un gruppo svigorito dal rigore tattico della precedente guida tecnica.
A proposito di PSG, le voci di mercato, fastidiose come le formiche nei capelli (di chi ce l’ha) avranno innervosito Allan? L’impiego di Maksimovic avrà allarmato il sistema difensivo del Napoli visto che quando è stato impiegato centrale la squadra ha perso circa l’80% delle partite? I continui spostamenti di ruolo di Zielinski e Fabiàn Ruiz destabilizzano gli stessi attori in mezzo al campo? Il ritorno allo stato embrionale di Ciro, ridiventato Dries, pesa sulla fantasia degli attacchi azzurri? Ricorrere spesso e volentieri a tutti i giocatori in rosa è un’arma vincente oppure nelle partite che contano (quelle da dentro o fuori, per intenderci) bisogna far giocare i migliori? Ancelotti è un buon allenatore? Tutte queste cose le sa?
Domande legittime, per carità. I social vomitano di tutto e di più in queste ore, ma non dobbiamo dimenticare una cosa: la passione per il Napoli o ce l’hai oppure no. Il troppo amore può far male e si possono dire cose di cui potremmo pentirci. Piuttosto ancora una volta, nonostante i due cazzotti nello stomaco che ogni tifoso degli azzurri ha accusato ieri sera, cerchiamo di approcciarci ai nostri beniamini come un fratello fa con il proprio, come un padre fa con i propri figli. Incoraggiare e sostenere, soprattutto nei momenti difficili e in concomitanza di una delusione.
Il Napoli, come disse qualcuno, è uno stato mentale, è una condizione, un sentimento. È amore! Però ragazzi che andate in campo, reagite ed emozionateci ancora!