Ecco perché cambiare il San Paolo non conviene (quasi) a nessuno
di Francesco Bruno
C'è Jovanotti al San Paolo e tornano puntuali le polemiche sull'utilizzo dell'impianto di Fuorigrotta. Stavolta a protestare sono anche alcuni cittadini residenti a piazzale Tecchio e dintorni. Riuniti in comitato, hanno preso carta e penna e hanno scritto al Prefetto di Napoli, stanchi di dover temere, a sentir loro in occasione di ogni evento calcistico e canoro, tragedie derivanti dalle vibrazioni e dall'inquinamento acustico. Con tutta la comprensione per i miei concittadini, mi viene sinceramente da sorridere. Una volta parla De Magistris, un'altra la spara De Laurentiis, adesso si lamentano – giustamente, per carità – gli abitanti di piazzale Tecchio, fatto sta che resto sempre più convinto che dal caos San Paolo non uscirà mai uno stadio rifatto.
E dire che, alla fine, il progetto di ristrutturazione dell'impianto di Fuorigrotta DeLa l'ha pure presentato, firmato dall’architetto Zavanella, lo stesso dello Juventus Stadium. Saranno eliminate la pista d'atletica e le curve, capienza ridotta a 45 mila spettatori, investimento da 30 milioni di euro. I lavori dovrebbero partire la prossima primavera e terminare entro il 2017. Il Calcio Napoli dovrà realizzare un centro commerciale a piazzale D‘Annunzio, sistemare piazzale Tecchio e realizzare una pista di atletica per il quartiere. All’interno dello stadio sono previsti ristoranti, negozi e il museo del Napoli. Un bellissimo progetto, non c'è che dire, adatto però a città europee in movimento e disposte a mettersi in gioco, come Lisbona e Valencia, tanto per fare qualche esempio, neanche troppo recente, di comunità capaci di ridisegnarsi in breve tempo. Non certo a Napoli dove procediamo lentamente, basti pensare ai decenni di lavori necessari per la bellissima linea 1 della metropolitana. In una città dove politici e cittadini ancora discutono divisi in fazioni pro o contro l'istituzione delle aree pedonali, non esiste quel clima per cui la trasformazione della città e delle sue strutture – come lo stadio – possa essere vissuta con serena normalità.
E poi, più passa il tempo e più sono convinto di quello che scrivevo un anno fa: il mantenimento dello status quo è la situazione ideale per il patron del Napoli e per il sindaco. L’imprenditore De Laurentiis svolge la sua attività in un immobile che non è di sua proprietà e che si trova in una posizione logistica graditissima ai suoi clienti-tifosi, essendo certo che mai nessun sindaco di Napoli si sognerà di sloggiare il Napoli da Fuorigrotta. Ma anche il sindaco De Magistris, che è il proprietario, ha tutto da guadagnare. Detenere un impianto sportivo pubblico significa, dal punto di vista politico, gestire un potere enorme. Sono a disposizione tanti spazi e tante strutture da affidare alla gestione di amici ed amici degli amici che, a tempo debito, cioè quando si vota, se ne ricorderanno. E, a proposito di voto, le elezioni comunali si terranno nella primavera del 2016. Un ostacolo, non da poco, da tenere in conto sulla strada del rifacimento dello stadio. Vi pare plausibile che il progetto redatto da Zavanella passi il vaglio del Consiglio comunale prima delle elezioni e che De Laurentiis sia realmente interessato a che ciò accada, non sapendo poi quale sarà il sindaco con cui dovrà relazionarsi?
Fatte queste semplici considerazioni diventa pura fantasia pensare che il San Paolo possa essere radicalmente ristrutturato in tempi brevi. La “putecarella” tra sindaco – chiunque esso sia – e presidente si riproporrà puntuale ogni anno in prossimità della scadenza della convenzione ponte. Assisteremo alla scena madre della rottura su entrambi i fronti, e se saremo fortunati entreranno in scena altre comparse interessate all'argomento, tipo i comitati dei cittadini di Piazzale Tecchio. Poi tutto si ricomporrà in un accordo totale, con annesso rinnovo della convenzione per altri dodici mesi, e di proroga in proroga si tirerà a campare.