Guelfi rafaeliti e ghibellini antirafaeliti

Ci aspetta un mese decisivo. Ci aspettano un pugno di partite che potrebbero cambiare il nostro futuro. E allora un appello: basta guerre sante, basta fondamentalismi. Siamo tutti tifosi del Napoli, che Rafa resti o se ne vada
  • lettera43

    di Dario Bevilacqua

    L’Italia, si sa, è terra di contrapposizioni e fazioni: patrizi e plebei, Guelfi e Ghibellini, repubblicani e monarchici, comunisti e socialisti, dorotei e morotei, moderati e radicali, berlusconiani e anti-berlusconiani, ecc.

    L’elenco potrebbe essere lungo, ma avete capito. Il bello di queste contrapposizioni è che spesso non riguardano il merito, la sostanza delle diversità, ma nascono invece dal pregiudizio, dal partito preso, da dogmi che non possono essere contestati dalle rispettive parrocchie.

    Lo stesso sta avvenendo nel mondo del nostro Napoli, con lo scontro tra Rafaeliti e anti-Rafaeliti.

    Ebbene, la cosa comincia a stufare. E non serve a niente. E’ un continuo rinfacciarsi di “Io lo avevo detto” immediatamente dopo una vittoria o una sconfitta, una prestazione positiva o una negativa. Ma soprattutto molto spesso è un insulto alla verità o quanto meno ai diversi modi di guardare il calcio.

    Facciamo quattro esempi e parliamo di altrettanti argomenti “scottanti”, spesso tirati in ballo dalle due fazioni contrapposte: la posizione di Hamsik; il modulo e la flessibilità tattica; la signorilità della persona contrapposta a un possibile sostituto serbo, cattivo e poco raffinato; l’utilità del ritiro.

    1) Ora che Hamsik ha indovinato un po’ di buone prestazioni tutti i Rafaeliti si levano i sassolini dalla scarpa, dicendo che non era colpa di Benitez, che ha sempre giocato come e dove voleva, che non è vero che gioca più dietro. Cominciamo a dire una cosa: rispetto al passato, Hamsik gioca effettivamente in un ruolo diverso. Per il semplice fatto che la squadra attorno a lui è costruita in modo diverso. Con Reja e con Mazzarri, in due schemi simili, era sostanzialmente libero di svariare sul fronte offensivo e quindi di fare la cosa che sa fare meglio: inserirsi a piacimento in area di rigore. Ma soprattutto, attorno a lui agivano 7 giocatori con compiti prevalentemente difensivi. Adesso sono sei. Ai suoi fianchi c’erano due terzini di spinta, adesso ci sono due ali d’attacco. E davanti a sé c’era Lavezzi (che apriva spazi come pochi altri) e un centravanti. Adesso ci sono due ali che attaccano la profondità o si smarcano per ricevere un passaggio ma che non sempre aprono spazi per gli inserimenti. Mettiamocelo in testa: al di là di un certo accanimento nelle sostituzioni, con questo modulo Hamsik è penalizzato. Il che non vuol dire, essendo un gran giocatore, che non sia capace anche di buone prestazioni.

    2) Il ragionamento su Hamsik mi porta alla seconda considerazione, relativa al modulo, che va a toccare anche la personalità del nostro Benitez. L’allenatore spagnolo non ha mai cambiato modulo, se non negli ultimi minuti di partite già decise nel risultato. Può piacere o non piacere: è un fatto. Magari ha ragione lui e questo è il modulo più adatto ai giocatori della rosa che allena, ma certo questo non è segno di elasticità mentale e spirito di adattamento. E queste qualità, nel calcio, sono fondamentali. Sono fondamentali per vincere. Per questo il tifoso, giustamente, critica. Inutile ricordare come Fabio Capello vinse a Roma con Zebina finto centrale che copriva le scorribande di Cafù e Del Vecchio finta seconda punta che dava una mano al centrocampo; o come Mancini diede equilibrio all’Inter con il rombo di centrocampo; per non parlare del 4-2-3-1 di Mourinho, quando si rese conto che solo così poteva sfruttare al meglio i talenti di Snejder, Eto’O e Milito; citiamo anche Antonio Conte, che arrivato alla Juve con in testa il 4-2-4, decise di optare per il 3-5-2 non potendo escludere nessuno tra Vidal, Pirlo e Marchisio senza indebolire centrocampo e difesa. E lo fece proprio dopo un Napoli-Juventus 3-3 in cui capì quanto fosse efficace lo schieramento mazzarriano. Anche in questo caso gli esempi potrebbero continuare. Io rimango convinto che il nostro Napoli giocherebbe meglio con tre centrocampisti e tre uomini d’attacco (con Hamsik nel modulo con il fantasista e con Mertens/Insigne e Callejon/Gabbiadini come ali nel modulo senza trequartista) ma si tratta di valutazioni di merito, che non sembrano interessare i fanatici della polarizzazione tra pro- e anti-

    3) E veniamo quindi al carattere del nostro Rafa. Sì, è vero, Benitez è un uomo colto. E’ pacato, riflessivo, ama i musei e l’arte, conosce le lingue, è dotato di senso dell’ironia e sa rimbrottare come si deve i giornalisti faziosi. Sono davvero queste le qualità che chiedete a un allenatore? Non mi risulta che Capello, Lippi, Conte, lo stesso Mourinho fossero poi così simpatici o signorili. Anzi. Per non parlare di Mazzarri. Inoltre, a mia memoria, uno degli allenatori più odiosi e subdolamente disonesto è anche quello considerato tra i più eleganti e signorili, nonché vincente: Arrigo Sacchi. Io capisco la simpatia e il piacere di identificarsi, ma è davvero ciò che chiediamo a un allenatore di calcio, a questi livelli di professionismo? Io credo proprio di no. Schumacher era antipatico, ma vinceva e guidava alla grande. Valentino Rossi è a tratti odioso, ma è un talento. Parliamo di professionisti. E se davvero Mihajlovic dovesse venire ad allenare il Napoli, non cominciate ad attaccarlo (come qualcuno già ha fatto, in via preventiva) per le Tigri di Arkan e il sostegno a Milosevic: neanche a me piacciono queste cose, ma se sarà l’allenatore del Napoli lo giudicherò per il gioco, per i risultati e per la gestione della rosa, non per le sue opinioni politiche.

    4) Il ritiro. Benitez ha criticato il ritiro e allora abbasso il ritiro. Ha detto che il Barcellona è arrivato allo stadio 15 minuti prima e ha vinto la partita. Il Barcellona. Appunto. Benitez tira l’acqua al suo mulino e fa bene a farlo. E forse non sapremo mai se provvedimenti come il ritiro, il cambio di allenatore, i premi o le minacce incidano davvero sui risultati e le prestazioni di una squadra. Di certo da quando il Napoli ha cominciato il ritiro è andato come un treno. Ma soprattutto se c’era un difetto che la squadra aveva prima del ritiro, era quello di essere svagato, spento, poco affamato e anche molto poco concentrato. Sarà un caso, ma sono tutti difetti di testa, che richiedevano maggiore attenzione, maggiore impegno e maggiore concentrazione. E il confronto con una delle squadre più forti del mondo non ha senso: sarebbe come dire a Benitez “il Barcellona è in semifinale di Champions e primo in campionato, perché il Napoli non ha lo stesso ruolino?” Forse è colpa del ritiro…

    E allora chissà se anche in questo caso non abbia avuto ragione De Laurentis. Ma vi prego: non (ri)cominciamo anche su di lui con le contrapposizioni tra Guelfi (papponisti) e Ghibellini (aziendalisti)…

    Condividi questo post