Torino-Napoli: i cori razzisti, lo striscione “scomodo”, il coraggio del club “Cuore Azzurro” di Cambiano
di Boris Sollazzo
Una partita nella partita, quella sugli spalti dell'Olimpico di Torino. Speravamo che il cuore granata si sarebbe distinto rispetto all'ignominia di tutti gli stadi sopra la linea del Tevere, ma non è stato così. Dopo che il Napoli Club Cuore Azzurro di Cambiano aveva reso onore alla lapide dedicata al Grande Torino e altri tifosi, allo stadio, hanno dedicato a quella squadra meravigliosa uno striscione, in cambio abbiamo ricevuto sempre e solo la stessa moneta: razzismo, inni al Vesuvio, violenza verbale. La mitica Maratona, come gli altri settori, non ha reso onore al suo mito.
Ma un piccolo grande scandalo si è consumato con lo striscione che avevamo annunciato, in anteprima, su Extranapoli. Ci eravamo sbagliati di poco. Avevamo ipotizzato che la parola finale fosse "vergogne", invece era un più giusto e sobrio "menogne", come vedete nella foto. "1861->2014 153 anni di menzogne". E vicino una bandiera borbonico-argentina. Una frase dura e vera, una rivendicazione storica e sociale, un modo coraggioso ed educato di usare lo sport per ricordare la questione meridionale. Di cui quei ragazzi sono una testimonianza vivente, costretti a vivere e lavorare lontani dalla propria terra, dalla propria città, proprio a causa degli squilibril, delle ingiustizie, dei torti iniziati con l'Unità d'Italia. Nessun insulto, nessuna parola fuori posto, nessun vilipendio. Solo una democratica forma di dissenso.
Bene, quel "pericoloso" pezzo di stoffa, dopo 45 minuti, ha fatto troppa paura. Forse perché, come ci ha detto Ciro Mitrione, "La verità fa male". Le forze dell'ordine, dopo un tempo, hanno costretto i ragazzi del Napoli Club Cuore Azzurro di Cambiano a toglierlo. Chi ha deciso questo sopruso ha mandato un loro coetaneo in divisa, sottopagato e con due figli, a "minacciarli". Non sapeva, quel ragazzo, neanche cosa c'era scritto, obbediva solo all'ordine di un superiore. Dopo il loro rifiuto a ritirarlo, ha detto loro che avrebbero usato le immagini, altrimenti. Per cosa? Per misure cautelative o di diffida? E per quale motivo? Solo perché in questura c'era l'autorizzazione per un solo striscione, quello del club? Un po' troppo, cosa dovrebbero dare, allora, ad almeno una dozzina delle tifoserie che hanno incrociato le strade dei tifosi azzurri? L'ergastolo? Per non parlare di ciò che succede fuori dagli stadi.
A quel punto, proprio perché le risposte dei nostri tifosi non sono mai violente o irrispettose, lo hanno tolto, per non creare tensioni. E hanno cominciato a cantare il loro orgoglio partenopeo, con forza e rabbia, per essere stati privati di un diritto: la libertà di espressione. Qualcuno ci spieghi perché. Qualcuno ci dica a chi e perché quello striscione ha fatto tanta paura. E nessuno si azzardi a prendere alcun tipo di misura contro i nostri ragazzi. Saremo pronti a difenderli, a protestare con loro.
Un grande paese, davvero unito, ascolterebbe le parole del nostro scontento. Ma se una semplice e civile forma di dissenso viene antidemocraticamente schiacciata, allora viene confermato proprio il contenuto di quello striscione. Perché ci trattano come sudditi, come ospiti in un paese che dal 1861, in fondo, dovrebbe essere anche nostro. Altrimenti, lo sapete, è solo colonialismo: le forze dell'ordine mandate a reprimere e a nascondere chi va contro il pensiero dominante le usano, di solito, gli invasori. Non dei nostri pari. La Costituzione dice che tra Nord e Sud non c'è differenza. O sbaglio?
E allora, anche questo pezzo lo chiudiamo con il coro con cui hanno accompagnato, quei ragazzi, il riarrolotamento dello striscione. "Partenopei, noi siamo partenopei". E con la nostra ammirazione, per loro, che hanno annunciato che presto, sui temi dell'unità d'Italia e delle nefandezze compiute in suo nome, faranno un convegno, proprio nella sede del loro club, a Cambiano.