Romanisti, volete fare una cosa da ultras? Denunciate chi ha sparato, che si tratti di De Santis o di altri
di Errico Novi
Romanisti della curva Sud, è successo quello che non doveva succedere, e lo sapete bene. Le pistole non c’entrano niente con gli ultras. Anzi, le pistole ammazzano l’idea del tifo militante nel momento stesso in cui entrano in scena. Con gli spari del 3 maggio è avvenuto qualcosa di gravissimo innanzitutto per la vita di Ciro Esposito, Gennaro Fioretti e Antonio Esposito. Ma è come se la traiettoria di quei proiettili non si fosse fermata e avesse colpito tutte le curve d’Italia, compresa la vostra. Forse lo avete capito anche voi. Anzi, pare sia proprio così, considerato quanto ha scritto Alessandro Catapano sulla Gazzetta dello Sport di domenica: e cioè che alcuni “vecchi” del tifo romanista hanno aperto la caccia al commando di Tor di Quinto, evidentemente per “censurare”, diciamo, la sua azione criminale.
Allora è inutile che esponiate striscioni come quelli di Roma-Juve. Al di là di chi abbia materialmente avuto l’idea di inneggiare a Daniele De Santis, sapete bene che la “difesa” a tutti i costi non è la strategia giusta in un momento come questo. Piuttosto in quell’assurda apologia c’è non solo un’inaccettabile manipolazione dei fatti ma anche la conferma di certe voci. Voci secondo cui alcuni ambienti della Sud avrebbero raccolto elementi d’indagine persino più accurati dei dati in possesso della Procura, che individuerebbero in un complice di De Santis il vero autore degli spari. Bene, se volete rendere un servizio a voi stessi, alla causa degli ultras, oltre che alla Giustizia, denunciate. Se avete sospetti o almeno un’idea vaga di chi possa aver fiancheggiato Daniele nell’agguato, andate dalla polizia e indicatelo. Fareste una cosa da ultras, non da infami, statene certi.
E vi spiego perché. Vedete, dopo quello che è successo nulla sarà come prima. Contro le curve partirà un’offensiva ancora più dura di quella messa in campo dopo l’omicidio Raciti. Gli ultras saranno accerchiati. Arriverà probabilmente il colpo finale, dopo quello già quasi letale inflitto con la tessera del tifoso. Cresceranno poi le tensioni, i sospetti e i rancori tra le tifoserie, altro aspetto che avvicinerà la dissoluzione. E ne sapete già qualcosa, perché quegli striscioni per Ciro esposti persino da curve storicamente nemiche di noi partenopei come la Sud doriana sono anche un segno del vostro isolamento. Dovete rendervi conto, romanisti, che nel momento in cui nelle dinamiche ultras entra in gioco un’arma da fuoco finisce tutto. Non sopravvive più alcun rituale, non c’è più la parodia militare come forma estrema di attaccamento ai colori ma la guerra vera e propria, che seppellisce per sempre il calcio, e quindi gli stessi tifosi. Lo sapete, vero? Avete senz’altro inteso – o almeno ci saranno riusciti i più avveduti di voi – che quella pistola ha infranto un tabù. Ricordatevi allora che, una volta abbattuto un tabù, lo si è fatto per sempre. E che dunque l’incubo di nuove pistolettate avvelenerà ogni domenica passata sulle gradinate di uno stadio, al di là dei colori di ciascuno.
Perciò ci sono solo due cose da fare. Non rimedi di certa efficacia, ma due strade che vale almeno la pena di provare a seguire.
Primo: voi dovete denunciare chi ha sparato. Che sia De Santis o qualcun altro. È una delazione necessaria. Fare la “spia” è un tabù, ma abbattere questo tabù è forse l’unico modo per rimediare alla caduta di quell’altro, quello delle pistole.
Secondo: bisognerebbe convocare una sorta di Stati generali del tifo. Guardarsi negli occhi, con più franchezza di quanto non sia avvenuto dopo la morte di Vincenzo Spagnolo, e decidere se e come gli ultras vogliono sopravvivere. Proclamare la messa al bando di ogni atto violento che vada oltre gli sfottò. È l’unica strada se si vuole preservare il diritto a sostenere ciascuno la propria squadra, che è la sola cosa importante. In questo bisognerebbe riuscire a prendere l’iniziativa prima che lo faccia il governo. Dovete, voi romanisti e tutte le altre tifoserie d’Italia, dare una prova di maturità. Accettare per esempio la tessera del tifoso, e nello stesso tempo continuare la battaglia contro le discriminazioni e le forzature incostituzionali contenute nell’articolo 9 della legge Amato. Farsi schedare, certo, perché chi vuole semplicemente sostenere la propria squadra non deve temere di farlo. E anche perché un ultras che non va in trasferta non è più niente.
Ma dovete cominciare voi romanisti. Smetterla con gli striscioni, con le fesserie urlate nei microfoni delle radio, e rimediare a un atto criminale che con i tifosi di calcio non c’entra nulla. Né con voi, né con gli altri. Se non sarà così, e se un giorno in curva ci troveremo le majorettes o gli steward che ti sbattono fuori se solo osi alzarti in piedi, vi porterete dietro una parte di responsabilità non indifferente.