Venticinque anni fa il secondo scudetto, ecco il ricordo dei nostri extrablogger (prima parte)
di Francesco Albanese
Se per uno statunitense il giorno indimenticabile (per chi era nato) è il 22 novembre del 1963 quando a Dallas fu assassinato Kennedy, molto più modestamente per un tifoso del Napoli incancellabili sono le date dei due scudetti. Il 29 aprile del 1990 dovevo ancora compiere 16 anni e certo non potevo immaginare che a quarant'anni suonati quella sarebbe stata l'ultima grandissima vittoria della mia vita di tifoso. Quel dì tornavo da una vacanza studio (?) in Grecia. Una di quelle gite scolastiche dove sui traghetti accadeva di tutto: i voli low cost ancora non li avevano inventati. Rammento che durante il soggiorno ellenico uno dei momenti più formativi fu quando al teatro di Epidauro si fronteggiarono a colpi di cori di scherno romanisti e napoletani sistemati sulle "curve" contrapposte dell'antico emiciclo. Insomma Sofocle ed Eschilo erano stati sostituiti da canti in stile "Oh mamma, mamma, mamma...". La settimana passò in fretta ed il fatto di trovarmi in un altro paese mi permise di allentare una tensione fin lì terribile. La monetina di Alemao, il gol di Marronaro del Bologna non convalidato contro il Milan furono l'acme di una stagione esaltante e combattuta che sarebbe addirittura sfociata nei mondiali in casa nostra. Ovviamente quel Napoli-Lazio lo ascoltai da una radiolina mentre il pullman ci stava ormai riportando a casa da Brindisi. Così mentre i miei compagni (perlopiú romanisti, laziali e juventini) tentavano maldestramente di allungare le mani su qualche ragazza compiacente, io me ne stavo accucciato a patire in attesa di notizie dal San Paolo. Al gol di Baroni lanciai un urlo che suscitò più che altro commiserazione tra i compagni di viaggio, mentre al fischio finale con una capriola alla Juri Chechi mi ritrovai nella coppia di sedili alle mie spalle. Il collo mi faceva un male cane, ma che volete che fosse per un fresco campione d'Italia?