Maurizio De Giovanni: "Il 10 maggio 1987 sia il motore di un futuro di vittorie"
di Boris Sollazzo
Una penna raffinata, penetrante, coinvolgente. Una fede azzurra incrollabile e una comptenza calcistica fuori dal comune. Maurizio De Giovanni è questo, uno che ha saputo cavalcare il genere del noir per fare grande letteratura e che non ha mai nascosto il suo amore per il Napoli, scrivendone come pochi altri sono riusciti a fare. Lui ci mostrò, con "Ti racconto il 10 maggio" (Ed. Cento Autori), quel giorno in tutta la sua bellezza. Con poesia e ironia, romanticismo e gioia. Lui ha saputo dirci cosa fu, in quella stagione, Juventus-Napoli 1-3 (che poi è diventata anche piéce teatrale). Dal salone di Torino, dove domani, 11 maggio, alle 19 - vedrà Sampdoria-Napoli, prima, ovvio - ci sarà l'anteprima del suo nuovo libro "In fondo al tuo cuore. Inferno per il Commissario Ricciardi" e con lui lo presenteranno Geppi Cucciari, Fabrizio Gifuni e Isabella Ragonese, trova il tempo per parlare di passato, presente e futuro della sua, della nostra squadra del cuore, con Extranapoli.it.
Vincemmo lo scudetto pareggiando con la Fiorentina, il 10 maggio 1987. E iniziò un ciclo. Saranno ancora i viola, sconfitti nella finale di Coppa Italia, a decretare l'inizio di una nuova epoca di vittorie?
Mi sembra che sia clamorosamente evidente quanto i tempi siano cambiati e su come sia difficile fare parallelismi di questo tipo. Il calcio è cambiato in maniera radicale, ora pretende investimenti strutturali. E il Napoli, in merito, è carente, a partire dal Centro Sportivo, non degno di una grande d'Europa. E, diciamocelo, il Napoli ora preferisce giocare la Champions, non vincere il campionato. Perché partecipare a quella coppa corrisponde a una disponibilità di fondi, diritti televisivi e partite di un certo tipo che sono molto più "funzionali" agli obiettivi a breve termine della società rispetto a uno scudetto. Siamo molto distanti dalla Juventus, troppo. Il terzo posto conquistato quest'anno è importante, così come il trofeo vinto il 3 maggio è fondamentale, ma quell'oceano di punti che ci divide dalla Juventus parla chiaro.
Sei quindi pessimista per quanto riguarda il prossimo anno?
Mi chiedo quanto possa essere colmabile quel gap di 24 punti. Senza investimenti massicci, trovo quasi impossibile che ci si possa riuscire in una sola sessione di mercato, anche se fossero 5-6 giocatori ad arrivare. E i nomi che sento, poi, non mi sembrano comparabili a Tevez, Pogba o Vidal, francamente. Non credo che tu debba pescare nel Genk o in nell'indecoroso Lione di quest'anno per fare il salto di qualità di cui abbiamo bisogno. E sappiamo tutti che la difesa necessita di una rivoluzione, ha mostrato gravissime lacune.
Oggi, sui social, si sono visti anche molti che si lamentavano di chi celebrava questa data. Forse è ora di smettere di guardare al passato?
Io credo che pensare al passato volendo costruire il futuro, è sempre positivo. Il ricordo di vittorie così belle ed emozionanti è un motore necessario per tornare grandi, ne sono convinto. Ma sono pure d'accordo che non bisogna abbandonarsi a una nostalgia sterile. Abbiamo sei milioni di tifosi nel mondo, non siamo il Chievo o il Bologna, abbiamo il dovere di combattere ai massimi livelli. Intendiamoci, non mi preoccupa la Roma: ha fatto un campionato con dieci partite in meno rispetto a noi. Se avesse dovuto affrontare il nostro tour de force, sarebbe andata in maniera diversa. Io mi confronto con chi ha giocato quanto noi, quest'anno: la Juventus. Mi sembra evidente che, ad oggi, sia molto più forte di noi! E le altre che dovranno rialzarsi dopo una stagione deludente, faranno di tutto per risalire. Siamo in un momento cruciale, il Napoli deve dare una sterzata decisiva alle sue strategie, accelerare il suo processo di crescita.
C'è un ricordo che torna a bussare alla porta di Maurizio De Giovanni ogni 10 maggio?
Quando arriva il 10 maggio io penso sempre a un mio amico carissimo che sapevo in curva e che rividi solo due giorni dopo. Gli chiesi dov'era finito, avendolo perso di vista subito dopo il fischio finale, essendo stati entrambi inghiottiti da quell'incredibile festa. Lui mi disse, sorridente e un po' imbarazzato, “non lo so Maurizio. Ti confesso che dopo la fine della partita non ho ricordi. So solo che mi sono svegliato stamattina, nudo, su una spiaggia di Sorrento". Non credi che quest'aneddoto dica tutto su quella notte, su cosa fu per Napoli quel giorno? Io ricordo anche che decaddero tutte le leggi e le norme del codice della strada, ma ci fu un solo incidente.
Ecco cos'era la città, in quegli anni. Ecco cos'eravamo noi.
Non posso non chiederti dell'attacco senza quartiere contro Napoli di questi giorni. Io lo trovo vergognoso e razzista. Da vittime siamo diventati carnefici. Tu che idea ti sei fatto?
Sono ovviamente d'accordo con te. Deve avere fine tutto questo: quel colpo di pistola è il punto di arrivo di un processo di attacco alla città, portato con una potenza mediatica senza precedenti. Assistiamo a partite in cui gli azzurri non giocano e le curve avversarie trovano un momento comune solo nell'odio verso il Napoli, nei cori che inneggiano alla distruzione della nostra città. E c'è un'acquiescenza criminale a tutto ciò. Dove sono le penalizzazioni per queste squadre? Arrivano solo squalifiche senza conseguenze reali. Eppure le norme sono chiarissime. Non ci si lamenti allora, perché i colpi di pistola nascono da là, sono sparati anche dalla mano che ignora quelle leggi. Perché la giustizia ordinaria non agisce in supplenza a quella sportiva, evidentemente inadeguata? Non capisco, davvero. Ci stanno lasciando soli, in una tempesta d'odio senza precedenti.
E di Genny 'a Carogna che mi dici? Sembra un personaggio da romanzo
Sono amaramente sorridente guardando Genny 'a Carogna, così come lo sono ascoltando ciò che dicono di lui. Viene punita la frase "Speziale libero" solo perché era in tv. Eppure è un uomo che in quel momento è stato persino responsabile. C'è qualcosa dietro quella scritta, non c'è nulla, invece, in una pistola che spara per uccidere. Quattro colpi. Anche se Genny è un soggetto visivamente orribile ed evidentemente criminale, non è lui il problema. Lo sono quei quattro colpi di pistola. Si lincia chi in quel momento ha avuto un sussulto di responsabilità dove lo Stato era assente. Per quanto possa non piacerci, lui in quel frangente poteva incendiare gli animi e ha invece, probabilmente, evitato reazioni da guerra civile. E mentre si demonizza Genny 'a Carogna, si dimenticano quegli spari, l'atto più grave che il mondo del calcio italiano ricordi negli scontri tra tifoserie.
Mi chiedo, davvero, come sia possibile.