di Boris Sollazzo
#BastaRafael. Domenico Zaccaria scrive quello che pensiamo tutti, ma ipocritamente in parecchi se la prendono a male e arrivano le accuse di disfattismo: “non si attacca un giocatore che veste la maglia del Napoli”, “dobbiamo recuperare il ragazzo”, addirittura #iostoconrafael. E allora mi avete convinto, ci son ben 10 motivi per tenerci il nostro portierone. E pure da titolare.
- Che qualcuno provi anche solo un’altra volta a romper le balle a Gargano per le dichiarazioni appena arrivato in nerazzurro, a Insigne che butta la maglia dopo che l’han fischiato come matti. Che nessuno pretenda più che Hamsik azzecchi ogni passagggio. Anzi, facciamo che è retroattiva la faccenda: Quagliarella in Napoli-Parma 2-3? Un grande. Aronica in Napoli-Torino 1-1? Il migliore in campo. E Britos in ogni singolo minuto di presenza in campo? Imprescindibile.
- Basta prendersela con Rafael. Come se fosse il peggior portiere mai visto al San Paolo. Ricordate la felina capacità di tuffo di Rosati? E l’eclettica inettitudine di Bandieri, capace di prender gol anche dagli spogliatoi? E il prode Mondini, l’uomo che sapeva rendere difficile anche la palla più facile, che sembrava giocar male anche in una partita buona? E Navarro? Le uniche porte che chiudeva Nicolas eran quelle delle discoteche, all’alba. E Vittorio Pelvi? Fu il primo portiere azzurro e non l’ho mai visto giocare, ma prendeva tre gol a partita (119 in 37 match, per la precisione). E vogliamo parlare di Belardi, che sembrava sempre lì per caso, o Storari, capace di fare due papere in 100 secondi a Genova, in serie B. Coppola sembrava anche forte e forse ora, finalmente, a Bologna, mostra il suo talento: ma al San Paolo fece di tutto, compresa la manita che ci fece prendere contro il Bologna. Tre giorni prima di andarci lui, per la prima volta. Chiudiamo questo catalogo di fenomeni con Mattolini, oltre tutto straordinariamente brutto. E voi ancora vi lamentate?
- Ha svelato il nostro lato romantico, il buon Cabral. Teniamo tanto al nostro brocco perché ci fu una sola partita in cui fece il fenomeno: Swansea-Napoli. Ma alla fine del primo tempo ci rimise i crociati. Come un coito interrotto. Non ci rassegniamo, quindi, a un orgasmo che non arriverà mai.
- Rafael ci ha fatto vincere la Supercoppa Italiana. Si è fatto spiazzare in quasi tutti i rigori, ok. Pure quello sbagliato da Tevez. Ha raccolto il retropassaggio di Chiellini, ok. Infine ha fatto un miracolo. Su Padoin. Riconosciuto da tutti con il soprannome “il Maradona di Gemona del Friuli”. Ma noi, appunto, siamo romantici: ci basta una piccola cosa per giustificare papere in serie (una decina dall’inizio dell’anno, tre di seguito nelle ultime tre partite). Solo da lui, perché Insigne dopo la doppietta della finale di Coppa Italia è tornato con l’Athletic Bilbao e sbagliato un gol fatto dopo cinque minuti è stato fischiato rumorosamente, con insulti annessi. Ma Cabral ha Dio dalla sua parte, sarà quello.
- Ma poi, tutto ‘sto romanticismo, perché non lo riserviamo anche a Mariano Andujar? Ci ha fatto passare due turni di Coppa Italia, stando in disparte e non creando mai problemi, nonostante davanti avesse il campione olimpico di caccia alle farfalle. Lui, in fondo, è solo vicecampione del mondo di calcio. Quant’è romantica la storia di uno che da una squadra retrocessa finisce in Europa? E’ pure più bello, Marianone. Ma a voi proprio non piace. Volete Rafael. Questo si chiama fanatismo autolesionista, ve lo dico.
- E perché, che so, non protestate per Britos, Henrique e Jorginho? Loro spesso fanno la muffa in panchina (troppo poca, per quanto mi riguarda), ma per loro nessuna pietà. Non vanno difesi. E pure David Lopez, vedo che lo massacrate. Se difendiamo le pippe, che nessuno resti indietro. Anzi, deve essere pure retroattivo: ricordate i traumi causati a quel piccolo gioiello di Davide Sesa? E Bordi? E il guallarito Sosa? E che diamine.
- Il Napoli sogna di avere uno stadio e magari, un giorno, anche una polisportiva, come Real Madrid e Barcellona. Intanto ha iniziato a comprare atleti che praticano altri sport. Tipo Britos e Rafael. Di Miguel Angel sappiamo, dalle qualità dei suoi lanci e dalle movenze poco aggraziate, che potrebbe far bene nel rugby. Con Rafael è più difficile: la pallavolo, a giudicare dalle sue uscite, non fa per lui. E gli manca pure il bagher, come dimostra l’intervento sul tiro di Lazaar, pur se scagliato dal Duomo di Monreale. A muro si fa superare (vedi Thereau) o contromurare (vedi Britos e Pellissier contro il Chievo). Pallamano neanche, i suoi rinvii con le mani sono ritenuti crimini contro l’umanità. Rugby, figuriamoci: con i piedi i suoi lanci sono peggiori di quelli di Morgan De Sanctis e Inler messi insieme. Stiamo indagando su curling e badminton, che necessitano di movenze un po’ goffe e non troppo coordinate.
- I giornali e i giornalisti. Questi bastardi. Se la prendono con Rafael per un errore. Eppure non è che abbia sentito tanta rabbia quando è stato De Laurentiis a essere messo alla berlina o Benitez all’indice per una breve vacanza con la famiglia. Si può dire “Rafa non ha capito il calcio italiano” e magari invocarne l’esonero, non si può dire “Basta Rafael”. Siamo veramente i più fighi.
- Capisco il fair play. Capisco anche che Roma e Napoli debbano trovare il modo di riavvicinarsi, anche per il bene delle tifoserie. Ma per avergli lasciato quella sòla di Astori, preso e poi rifiutato da noi, ora non è che dobbiamo sopportare Rafael e Uvini, strappati ai giallorossi dopo eroiche trattative. A proposito di Bruno, Santos subito, perché lo teniamo ai margini? Se Cabral va difeso, lui che v’ha fatto? Ricordo un suo ottimo Napoli-Catania. E Vargas? Ci siamo dimenticati la sua tripletta in Europa League? Ingrati.
- Lo Jascin di Sorocaba, in verità, lo sta facendo di proposito. Lui, cuore azzurro e animo altruista, sta preparando il terreno a Sepe. Se rimane in porta fino a giugno, il pupillo del nostro vivaio potrà presentarsi in porta, come titolare, anche bendato e con le mani legate dietro la schiena. Capito la grandezza del nostro numero uno? Semplicemente, non l’avevamo capito. Come i difensori che giocano con lui.
Autore
Boris Sollazzo
Giornalista cinematografico, sportivo e persino politico. Spesso contemporaneamente. Autore di #Chevisietepersi Manuale di chi tifa Napoli (ed. Fandango). Il Napoli (e Napoli) per lui è una malattia incurabile.