Dieci cose che non ho proprio capito della finale di Coppa Italia. Da Genny ’a carogna a Tosel ’o surdo
di Boris Sollazzo
Ok, io le dieci cose su Napoli-Cagliari le volevo fare, davvero. Avevo anche del buon materiale, dallo Zuniga rabbioso – attento Camilo, che per quanto sei delicato con gesti così rischi uno strappo muscolare – alla favola di Colombo, che come il tenente omonimo entra a giochi fatti, ma come la moglie del suddetto si nominava sempre e non compariva mai. Ma, lo ammetto, anche a me continua a martellare la sera del 3 maggio. Persino a me che rivendico il diritto alla gioia, legittima e piena. Però, davvero, ci sono almeno una decina di paradossi che non mi spiego di quella serata.
1. Perché Genny 'a Carogna non potrà andare allo stadio per i prossimi cinque anni? E perché Angelino Alfano, invece, potrà? Se è per la maglietta con su scritto Speziale libero (capo indossato da centinaia di spettatori ogni settimana, negli stadi italiani), vorrei ricordare che in merito al caso dell'allora 19enne condannato per l'omicidio Raciti, la Cassazione ha stabilito che la sede che ha discusso il processo non era quella giusta (il terzo grado di giudizio si occupa solo della forma del procediment, non entra nel merito). Che, qualcosa vorrà pur dire: non si tratta tecnicamente di revisione, ma dovrebbe far riflettere. E comunque sono in molti ad avere dubbi sulla colpevolezza dell'ultras catanese condannato per quell'omicidio (tra cui autorevoli colleghi e una perizia di parte che ipotizza del fuoco amico, tesi esclusa dal Ris). Per Berlusconi, per cui l'Angelino nostro ha manifestato davanti a un tribunale della Repubblica, pur ricoprendo un'alta carica istituzionale, non mi risulta che ciò sia avvenuto, al massimo non è stato condannato dopo una pioggia di leggi ad personam firmate e votate dai suoi tirapiedi.
Verba (sulle magliette) volant, prescripta manent.
2. Non mi sentirete mai dire: siamo tutti carogne. E neanche metterei questa frase su una maglietta. Se c'è una cosa che non sopporto dei nostri ultras è la commistione con la camorra (i Misso, i Licciardi e altri hanno più di un piede nei maggiori gruppi della curva A). E Jenny 'a castagna non fa eccezione. Però, mi batterò sempre per i principi su cui si fonda il nostro Stato di diritto. Quindi se il nostro ha pagato il suo debito con lo Stato per il reato di droga commesso, se il suo precedente Daspo era scaduto da tempo, non vale per lui, come per altri, la presunzione d'innocenza? Pare di no. Eppure il nostro è di sicuro innocente: perché se la trattativa famosa per giocare la finale c'è stata, dovremmo essergli grati. Ha svolto infatti, al meglio, una funzione suppletiva il buon carognone, svolgendo un compito che le nostre istituzioni sono state incapaci di ricoprire. Quindi meriterebbe riconoscenza. Se non c'è stata, come tutte le alte cariche si sperticano a dire, perché viene punito? Infine, poniamo che il nostro per il daspo scaduto e per il reato compiuto fosse da tenere fuori dallo stadio comunque: è forse colpa del Napoli e dei suoi tifosi se era là? Per la tessera del tifoso serve il nulla osta dell'Osservatorio e del ministero dell'Interno e ai tornelli poteva essere fermato dalle forze dell'ordine, se non aveva diritto ad assistere all'evento sportivo.
Mi sa che è solo tutta colpa del suo infelice soprannome, come il cognome fu fatale al Jimmy di Elio e le Storie Tese.
3. I tifosi fiorentini hanno fatto tre feriti in un autogrill dove hanno assalito vilmente il Napoli Club Bologna. La Fiorentina, con Pradé, ha trattato con i propri ultras, nonostante Della Valle abbia grottescamente criticato De Laurentiis e Hamsik per aver ceduto al dialogo con i propri supporter.
Anzi, gli ultras viola ai compagni di settore che non erano d'accordo con la loro linea hanno persino dato una scaracchia di botte. Con discrezione e velocità, va detto, un bel lavoro pulito.
Poi migliaia di sostenitori della squadra toscana hanno inneggiato al solito Vesuvio e alla speranza che svolga su di noi una focosa azione igienizzante. Per la terza volta in un anno, peraltro.
Certo, è vero, tutto questo la Rai non l'ha visto né sentito. O almeno non l'ha riportato. Sarà per questo che il giudice sportivo ha dato due giornate di squalifica a noi e un'innocua multa ai nostri degni avversari. Forse ci vede bene e sente male. Forse non dovevamo permetterci di dominare la finale di Coppa Italia: è stato scortese vincere un trofeo con questo nome, visto che tre quarti del paese ci considera indegni di essere italiani. Scusateci, anche noi in effetti dovevamo pensarci prima e perdere.
4. Perché poi per difendere la nostra dignità di popolo, prima che di tifosi, dobbiamo dividerci tra carognisti e non carognisti? Cosa ci spinge a un punto così basso del dibattito? Il punto è che uno sport così bello, una fede così grande, non merita accoliti scadenti come lui. Quindi posso esercitare la mia coscienza critica senza solidarizzare con lui. Posso difenderlo senza essere dalla sua parte. E vale anche per i deficienti che fuori dallo stadio sono stati violenti, per chi non ha pagato ed è entrato, per chi ha lanciato bombe carta e per chi ha invaso. Erano poche decine, non migliaia. E non eravamo noi, veri amanti del calcio e del Napoli. Quei fessi avranno la mentalità (non capirò mai cosa sia, peraltro), ma francamente non c'è nulla di più occasionale della loro aggressiva stupidità.
5. Ho seguito con attenzione l'indignazione pubica, pardon pubblica, per la "coppa della vergogna". L'hanno chiamata così, pure all'estero. Merito di telecronisti Rai disinformati e capziosi che hanno dato le notizie come, quando e soprattutto quelle che volevano loro. E di giornalisti pecoroni che gli sono andati dietro, quando bastava fare il proprio lavoro, come la collega Angeli di Repubblica, per scoprire la verità.
Mi chiedo, però, cosa ci fosse di così scandaloso nel voler sapere se un tifoso sia morto o meno. Un uomo come loro, noi, accomunato a loro, noi da un comune cuore azzurro. E lo chiedevano perché, a differenza di una Lega e di un governo del calcio sordo a ogni sensibilità, volevano che di quella presunta morte si avesse rispetto. Tanto che molti di loro, a torto o a ragione (io ritengo che in questi casi, per non dare ragione ai carnefici e per rispettare le vittime, si debba continuare: per non darla vinta ai primi, per fare ciò che avrebbero voluto vedere i secondi), se ne sono andati, per vegliare Ciro Esposito in ospedale. Uno Stato bugiardo e omissivo si è nascosto dietro un giocatore di calcio, Marek Hamsik. Se vergogna c'è, è tutta di chi non ha saputo farsi rispettare ed esercitare la propria funzione.
6. In questa settimana ho imparato una cosa. Se, poniamo, entro a casa di Francesco Albanese, vengo coinvolto in qualche scontro con i vicini, faccio una carica alla sua famiglia all'entrata, invado la sua camera da letto, butto bombe carta in salotto e poi gli impedisco di pranzare per 45 minuti, il tutto indossando una maglietta con su scritto una frase che non gli piace e fischiando la sua canzone preferita, sono il demonio e merito l'ergastolo. Il presidente del Consiglio mi schifa, tutti i programmi politici mi mettono all'indice, divento peggio di Al Capone, l'incarnazione del male assoluto.
Se lo incontro per strada e gli sparo, invece nessuno si interessa a me. E se è vero che la polizia mi arresta per aver sparato, le manette scattano anche per la mia vittima in coma.
Un tentato omicidio, quindi, vale meno di reati minori. Io, fossi in Albanese, starei attento a non farmi arrabbiare.
Ah, tutto questo nonostante tutto ciò che vi ho detto prima sia stato causato da quello stesso proiettile maledetto. Forse lo chiamano Gastone per la sua fortuna. Può fare quello che vuole e nessuno gli dice niente.
7. Parlando con un tifoso messicano, ho cercato di spiegargli cos'era successo. Mi ha raccontato che da loro hanno sospeso il campionato per un fatto simile, tempo fa. Per diversi turni. O forse era una coppa. Ma non è importante. Mi ha colpito di più il fatto che mi abbia detto “ma perché sei così arrabbiato? In Italia non possono prendersela con voi, siete le vittime”. Io, colpito da tanta franchezza, gli ho detto che forse ero di parte. E lui mi ha detto che sapeva già tutto, lo aveva sentito su Fox.
Abbiamo subito l'aggressione più violenta e infame della storia del calcio italiano. Ma ci trattano come se avessimo causato noi l'Heysel. Affascinante: in fondo questo è un paese in cui consideriamo Andreotti e Craxi compianti statisti. E in cui un ex presidente del Consiglio ha definito un suo ex dipendente mafioso "un eroe".
8. Mi affascina molto anche la doppia morale della sinistra. Che se sparano a un tifoso, non parla. Poi se si chiama Ciro Esposito, figuriamoci. Tanto è marmaglia da stadio. O della destra, che li vorrebbe tutti massacrati dalle forze dell'ordine, come in Acab, a Genova, come Federico Aldrovandi o Stefano Cucchi. Ma poi di un piano di sicurezza ridicolo come quello di sabato scorso non dice nulla.
9. Laziali, milanisti, ovviamente i fratelli genoani. In tanti sono stati vicino a Ciro Esposito. In tanti stanno provando a metter su una sottoscrizione, ad aiutare la famiglia o almeno a star loro vicino con una visita, un pensiero, un gesto.
I romanisti, no. Che chi gli ha sparato venga etichettato come giallorosso mi fa ridere: criminali di questo tipo non hanno idea di cosa sia il tifo. Indossano indegnamente dei colori, li usano per alimentare la meschinità dei loro interessi e dei loro istinti.
Ma allora perché i tifosi veri della Roma non si muovono? Perché c'è questa solidarietà muta con un quasi assassino? Perché, ora che il povero Ciro è ricoverato nella Capitale, non dimostrano con i fatti la loro lontananza dal ceffo che li ha disonorati? Mi piacerebbe saperlo da Francesco Totti, che stimo moltissimo, e che ha subito difeso la sua città. Una città in cui in occasione di una partita di calcio una pistola ha sparato. Un tabù infranto, come dice Errico Novi, qualcosa da cui non torneremo più indietro.
10. Perché, infine, il Napoli e la sua tifoseria dovrebbero essere giudicati male per aver gioito della vittoria? Ciro avrebbe fatto lo stesso e di sicuro lo farà quando si risveglierà. Perché deve risvegliarsi.
Noi non abbiamo giocato con decine di cadaveri ai margini del campo. Noi non ci siamo inventati un bambino morto per non giocare un derby. Noi non abbiamo neanche comprato scudetti. No, con il cuore pesante abbiamo giocato una partita importante. L'abbiamo vinta. L'abbiamo dedicata a quel ragazzo che non meritava l'assurdo gesto di un pazzo bastardo.
Gioiamo dunque, perché se vogliamo un calcio migliore, dobbiamo avere il coraggio di premiare chi lo rende tale. E i giocatori del Napoli hanno mostrato la parte più bella di questo sport. Anzi, io, oltre a quella bellissima coccarda tricolore, mi cucirei sulla maglia pure una mezza stella d'argento, visto che le Coppe Italia sono ormai cinque in bacheca.
Bonus track: facciamo una scommessa? Il Napoli farà ricorso contro la condanna sportiva che ci costringerà a giocare due partite casalinghe a porte chiuse. E si ridurrà, la sanzione, a una partita sola. Quella contro il Verona. Un match a rischio, secondo le forze dell'ordine e le istituzioni.
Che ancora una volta si nascondono dietro il calcio, incapaci, loro, di garantire una manifestazione sportiva, chiedono a Tosel di metterci una pezza. Che tristezza.
Di che abbiano paura, poi, è difficile capirlo. Contro il Cagliari, tifoseria affatto amica, il San Paolo è stato esemplare. Contro i veronesi – che in 150 hanno tifato viola il 3 maggio, nel settore dei toscani – sarebbe successo lo stesso. Mica, consentitemi la battuta, si giocava a Roma l'ultima di campionato.