Vedi Napoli, vai via... e poi muori: la maledizione di Montezine
di Boris Sollazzo
Hai voglia a dire che Napoli è un punto di partenza. A volte la corsa di campioni e brocchi finisce sul Golfo. Chi tradisce e rifiuta Napoli, o chi si fa voler più o meno bene e poi se ne va non fa (quasi) mai una buona fine. Per un Vidal che sceglie la Juventus, per un Cavani che, per ora, sembra non essere stato ridimensionato dalla partenza, c'è un esercito di fedifraghi che ancora si pentono.
Uno lo abbiamo visto in Coppa Italia. Cigarini ancora ringhia, si agita, aggredisce Callejòn. Lo abbiamo strapagato, se n'è andato imputando a miopi allenatori le sue prestazioni scarse all'ombra del Vesuvio. E anche se Pierpaolo Marino prova disperatamente a dirci che è tornato grande, la verità è che è rimasto un giocatore incompiuto. E vogliamo essere generosi, vista la stupidità dimostrata ieri, in pochi minuti. Un altro che ha gli occhi iniettati di sangue quando arriva a Fuorigrotta è Maurizio Domizzi. Lui a Napoli ha fatto bene, in tutta sincerità forse è Napoli a non aver fatto bene a lui (o almeno, si dice, un napoletano). Per carità, lo capiamo e forse dei nemici è quello, nonostante tutto, più compreso: detto questo a Udine ha fatto poco e maluccio, vedendosi regolarmente sopravanzato dalle scoperte friulane, da Benatia a Herteaux. Il buon Denis proprio lì ha vissuto la sua penitenza: pochi gol (ma uno, dolorosissimo, a noi, prodezza ripetuta anche da atalantino, con meno danni) e tanta panchina. Poi con Marino si è un po' liberato dal sortilegio, forse perché alla fine quell'impegno, quella sua cazzimma, noi l'abbiamo sempre amata. Se ne andò perché non aveva spazio, ma sappiamo che tornerebbe a piedi. E pazienza se per metterne dentro una, il buon German, ne sbagliava una montagna.
Sembra fin troppo cattivo citare chi ha aspettato la fine del contratto per volare via. Pazienza era in odor di nazionale nell'anno della Champions: ora sta per retrocedere in B con il Bologna (anche se, sono sincero, mi fa paura: gli ex, di solito, ci segnano). Alla Juventus, che pensava d'aver fatto un affare, non ricordano neanche chi sia. Campagnaro è forte, per carità: ma si è infortunato più del solito a Milano e ora sta dieci punti dietro di noi. Walter Mazzarri, poi, ce lo immaginiamo sentir parlare di “trammammuro” e “Napoli al 76%” e sbattere la testa contro le pareti di Appiano Gentile. Se n'è andato perché voleva vincere. Cosa, non si sa: è già fuori dalla Coppa Italia. Se n'è andato perché voleva uno che spendesse. Ora con Thohir gli hanno comunicato che il salary cup è di 2,2 milioni di euro. Roba che a Napoli fra un po' li prende pure Radosevic. Se n'è fuggito per i suoi cinque giorni sabbatici perché era stufo di giocatori del Bologna, del Parma, della Sampdoria, con tutto il rispetto per squadre dignitose ma non di prima fascia. E quest'estate si è ritrovato Taider, Belfodil e Icardi, centravanti di sfondamento da record, con i suoi 15 amplessi in 28 ore con Wanda Nara.
Che dire del core 'ngrato 2.0? Fabio Quagliarella, che rifiutò i russi e per metà del prezzo offerto dai petrolieri se ne andò all'odiata Juventus? Là la maledizione di Montezuma – pardon, di Montezine – è stata spietata. Dopo sei mesi un infortunio pauroso, poi tanta panchina nonostante bei gol. E ha perso una Coppa Italia proprio contro di noi. Facendosi espellere.
Se ne vanno da Napoli, convinti di decollare. E precipitano. Il mio amato Lavezzi a Parigi si è fatto amare, ma ora è finito in castigo. A Canal Plus trovi anche giornalisti che spaccherebbero la tv quando lo vedono giocare. Testuale. E noi, li rimpiangiamo? No. Per fare un Quagliarella è bastato mezzo Cavani, per fare un Cavani, basta e avanza pure Higuain. Che dire poi di Lavezzi? Mi manca moltissimo, ma lo abbiamo allontanato dai ricordi già con Pandev e Insigne lo scorso campionato, figuriamoci ora che abbiamo anche Callejòn e Mertens.
Metto un velo pietoso sui Ruiz e i Datolo, sui Fideleff e i Navarro, è ingeneroso persino godere dei loro scontati insuccessi. Cito solo El principito Sosa, devastato da Mazzarri e che ora come momento culmine della carriera farà la riserva all'Atletico Madrid, dopo essersi arricchito in Ucraina. A lui è andata meglio che ad altri.
Mi piacerebbe parlare dei nostri grandi colpi mancati. Sì, ma quali? Zuculini è ancora nel taccuino della Sciarelli. Nessuno l'ha visto da quando ce lo soffiò il Genoa. Astori ha giocato così male dopo il nostro interessamento che persino Bruno Uvini, a Cagliari, farebbe meglio. Mario Gomez ci ha snobbato per la modaiola (?!?) Firenze ed eccolo là a vivere una lunghissima convalescenza. Il povero Damiao voleva andare ai mondiali. Voleva. Julio Cesar è nella B inglese. Capace che Rafael se gioca un'altra decina di partite se la mette lui la casacca verdeoro quest'estate.
Insomma, diciamocelo onestamente: non ci sono quasi mai i nostri rimpianti nelle sofferte trattative di mercato che sfumano, né in quelle che portano lontano da Napoli i nostri calciatori. Ci sono solo i loro rimorsi. E guardateli, non ci dimenticano mai: Mazzarri usa la parola Napoli ormai come intercalare tra un lamento e l'altro, il Pocho ci cita in ogni intervista, Criscito che allo Zenit guadagna in proporzioni inverse di quanto vinca, non si è fatto mai una ragione di non aver accettato la cessione dei diritti d'immagine ad Aurelio e vorrebbe giocarsi il posto ai mondiali nelle calde braccia del San Paolo.
Per dire, Zuniga solo per aver pensato di andarsene a luglio ha avuto un infortunio che l'ha tenuto fuori dal campo per mesi. La maledizione di Montezine è spietata.
Insomma, fossi in Gonalons mi preoccuperei parecchio e pregherei in ginocchio Aulas di ripensarci. Per l'incolumità di entrambi, temo.
Nota: Fabio Cesar Montezine è uno dei campioni più sfortunati e sottovalutati del Napoli più oscuro degli ultimi anni. O forse solo io lo vedevo così, chissà. Se ne andò causa fallimento della società, mi spezzò il cuore. Se ne “fuì” all'Avellino, un affronto atroce. Gli feci fare un gol in nove partite. Lui capì ed emigrò in Qatar, prendendone la cittadinanza e divenendo un'eroe della sua nazionale. Ma solo perché l'ho perdonato.