Ridateci il nostro Marek, campione triste per la sua Slovacchia
di Errico Novi
Inizio fulminante. Napoli-Bologna 3-0, e lui fa un gol mostruoso, di una bellezza persino sottovalutata. Chievo-Napoli 2-4, e stavolta Marek se n’esce con una doppietta da vero uomo squadra. E poi? Cos’è successo al nostro giocatore più forte, al nostro capitano? E soprattutto, perché nella storia di questo splendido calciatore le prodezze continuano ad alternarsi con momenti di buio terribili? Qual è il punto?
Dopo la vittoria di Verona Mario Sconcerti ha definito Hamsik «il giocatore più forte del campionato». E uno che si guadagna giustamente questo titolo può scomparire del tutto o quasi per 6 partite di fila (senza considerare Genova dove non è entrato in campo)? Può un uomo squadra permettersi un calo così prolungato? E forse dovremmo rovesciare la domanda: può permettersi, una squadra, di rinunciare al suo uomo migliore per così tante partite?
C’era stata una svolta, nel rendimento di Marek, dopo la partenza del Pocho. Nello scorso campionato l’abbiamo visto correre e incidere sulle prestazioni del Napoli come non era successo nelle cinque stagioni precedenti. Più continuo, più portato a prendersi sulle spalle il destino del match, sempre implacabile nelle realizzazioni. E adesso? C’è una coincidenza: il progressivo calo di forma del capitano è iniziato dopo l’eliminazione della Slovacchia dai Mondiali. Slovacchia-Bosnia è decisiva, Marek porta anche in vantaggio la sua nazionale, poi arriva la rimonta dei bosniaci e il sogno brasiliano sfuma per sempre. Non è una delusione facile da smaltire. E questo probabilmente sfugge a chi guarda le cose del Napoli dall’esterno. Ma Rafa Benitez lo sa. Sa che ora su Hamsik deve fare un lavoro particolare, per aiutarlo a superare questo colpo il più in fretta possibile.
Ce lo dobbiamo porre, il problema del calo di forma accusato da Marek, anche per avere una spiegazione chiara della sconfitta con l’Arsenal. Ci sono i nostri limiti in difesa, d’accordo. Ma non sono quelli ad averci paralizzato. È venuto meno l’apporto dei nostri fuoriclasse, prima ancora che il reparto arretrato. Pandev stordito nella sua solitudine, Callejon che gira a vuoto come un motorino scassato, e soprattutto Marek impalpabile come forse non gli era mai successo in Europa. Solo Insigne ha mostrato almeno voglia di combattere, pur con risultati modesti. Ecco, Marek deve capire che anche una sua prestazione appena sufficiente, anche una serata senza prodezze ma almeno non impercettibile, vale oro per noi. Soprattutto perché le sue dissolvenze sono letali per il morale dei compagni di squadra. Quando lo vedono così si perdono nelle loro insicurezze. E una situazione di oggettiva inferiorità come pure è stata quella di martedì sera si trasforma in impotenza assoluta.
Pensate per un attimo cosa sarebbe stata la Roma di Falcao con il suo fuoriclasse completamente spento in una gara importante. O ancora quanto sarebbe costato alla Juventus un Platini completamente eclissato dal gioco in una partita difficile. I capitani devono dare coraggio oltre che segnare. Marek, che per il Napoli è importante quanto lo erano i campioni sopra citati per le loro squadre, deve ricominciare a farlo e ci riuscirà con una semplice considerazione: il Napoli può vincere lo scudetto, la Slovacchia avrebbe potuto anche qualificarsi ai Mondiali ma difficilmente sarebbe arrivata agli ottavi. Qui le sue prodezze possono valere un successo che finora solo il più grande giocatore di tutti i tempi è riuscito a regalarci. Basta che Rafa gli ricordi questo, e il capitano tornerà a risplendere della sua immensa classe.