Parla Sarri

  • testo tratto da tuttonapoli.net

    Ospite al Perlamora Festival, il nuovo tecnico del Napoli Maurizio Sarri ha parlato dei suoi inizi nel mondo del calcio ma anche dell'approdo sulla panchina dei partenopei. Vi riportiamo alcuni passaggi del suo interventi tratti da valdarnopost.it: "Emozione? Lo stato d'animo è lo stesso di quando sono approdate in piazze precedenti. Non è in base all'importanza o al bacino d'utenza, ma in base a quello che provavo in quel momento. Come quando mi chiedono che effetto mi ha fatto entrare nei grandi stadi della Serie A, ma è lo stesso di quando allenai in C perchè in quel momento c'era un'altra storia. Ha visto 60 partite in vacanza? Non esageriamo, ne ho viste 25, ma l'ho fatto tutti gli anni quando ho cambiato squadra. Ho anche rischiato di stare fermo, durante una trattativa con la Sampdoria mi arrivarono dei messaggi da una delle squadre più importanti per non farmi firmare, ho tirato lungo fino a quando non hanno preso un altro e poi il giorno dopo questo grande club ha preso un altro. Mi sono sentito in dovere di dare le dimissioni ad Empoli, nonostante due anni di contratto, perchè il rischio era mio, non potevo poi alla fine tornare lì per non restare fermo.

    Poi il giorno dopo è venuta la telefonata di De Laurentiis, una trattativa lunga ed anche difficile e problematica con il presidente che è durata 7-8 giorni ma che è finita bene. Lui è un uomo molto intelligente, ma particolare, ma è stata una settimana snervante, ma mi fa piacere. Sono nato a Napoli ma i miei genitori sono di Figline, nonostante questo da bambino tifavo Napoli e ritrovarsi ad allenare la squadra per cui tifavo da bambino è una esperienza che ti tocca".

    "Quest'anno andava di moda il mio nome, il calcio è così: ma si fa presto anche a passare di moda. Fumo ancora come prima, e scenderò in campo in tuta. Non sono cambiato in queste cose, rispetto a quando allenavo il Faella. Semmai ho un po' di pazienza in più, ma quella penso sia una questione d'età. Ma parlare di carriera, di salto di qualità, a me sinceramente non importa. Io volevo fare della mia passione un lavoro: mi sono innamorato del mestiere dell'allenatore grazie a Sacchi, e questo tra l'altro glielo ho anche detto qualche giorno fa, quando l'ho finalmente conosciuto di persona. La cosa bella è che lui mi ha risposto che se dovesse scegliere un suo 'erede', sarei io. Mi ha fatto molto piacere. Detto questo, però, la mia vittoria non è stata arrivare a Napoli: io avevo vinto molti anni prima, quando ho potuto fare l'allenatore per vivere". 

    Sul rapporto con i giocatori del Napoli che sono campioni mentre lui da calciatore non ha fatto strada: "Non è che per fare il fantino devi prima aver fatto il cavallo. Non mi monto la testa, quest'anno andava di moda il nome di Sarri, tutti venivano a Empoli a vedere gli allenamenti, come lavoravamo. In questo mondo però si fa anche presto a passare di moda. Io cercherò di lavorare al meglio, non so se il mio metodo sarà adatto a Napoli: lo vedremo". 

    Su un personaggio come De Laurentiis"Una personalità fortissima, quella settimana di contrattazione prima della firma è stata snervante. Per me ma anche per lui, penso. Credo che una società possa fare la differenza nel lavoro di un tecnico: l'ho sperimentato in tutte le mie precedenti panchine. Se è a fianco dell'allenatore, allora si può lavorare bene e molto. Altrimenti diventa impossibile". 

    Sull'addio all'Empoli. "Per i prossimi dieci anni, sono sicuro che alla fine di ogni partita chiederò che ha fatto l'Empoli. Per me è stato difficilissimo lasciare. Lì abbiamo creato un gruppo, cresciuto alcuni giovani promettenti, lavorato per raggiungere traguardi prima impensabili. Empoli è un posto in cui la società e i tifosi sanno aspettare, e per questo ci siamo riusciti. So già che Napoli sarà diversa, da questo punto di vista".

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