La sottile linea azzurra

di Antonio Moschella
Noi tifosi partenopei siamo abituati a quelle domeniche dalla digestione difficile, quando subito dopo l'abbuffata del giorno di festa gli svarioni della nostra squadra del cuore appesantiscono lo stomaco e bloccano di conseguenza l'appetito fino al giorno dopo. Ieri alle cinque al massimo c'era posto per un caffè. Motivo l'ennesimo brusco stop del Napoli contro una squadra nettamente inferiore che però l'ha messa sull'agonismo.
La differenza principale tra Juventus e Napoli sta proprio nel somatizzare e, di conseguenza, nell'abilità di vincere senza mostrare un gioco convincente. In molti diranno che le individualità dei bianconeri sono superiori rispetto a quelle degli azzurri, ma non risulta arduo capire che la truppa di Sarri è spesso troppo schiava della bellezza del suo gioco, che quando viene a mancare la rende del tutto inefficace. E così tra campo pesante e tattica mordi e fuggi dell'Atalanta, con la sublimazione della scarognata carambola su Ghoulam dell'unico pallone bucato da Koulibaly negli ultimi mesi (che poi non sarebbe comunque arrivato a Petagna) ecco che gli azzurri inciampano sullo stopposo campo di Bergamo.
Il limite tra una grande e una grandissima squadra sta proprio lì, in quella sottile linea azzurra da superare chiudendosi gli occhi e tappandosi le orecchie, senza farsi influenzare da fattori esterni ed avversari, perché nella maggior parte degli incontri di campionato il Napoli può imporre gioco e risultati. Questa è una certezza, ma forse, a volte, gli azzurri non lo ricordano.