La parola scudetto non è più un tabù

Nel calcio 2.0 la scaramanzia ha lasciato il posto ai proclami di vittoria
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    di Francesco Albanese

    L'ultimo a parlarne in modo esplicito è stato Insigne. Prima di lui però già i vari Albiol, Rafael, De Laurentiis e perfino il prudente Hamsik si erano sbilanciati pronunciando apertamente la parola "scudetto". Per carità non siamo ancora allo "spezzeremo le reni al campionato", ma comunque la svolta dialettica è evidente. E il fatto impressiona. Per anni siamo stati abituati a convivere con l'impronunciabile traguardo. E mica solo a Napoli. A Roma, giusto per spostarci di pochi chilometri, nel 2001 lo scudetto era diventato il "trucche trucche" e così intonava anche er Galopeira cantore indiscusso dell'ultimo titolo giallorosso. Soltanto un anno prima, all'alba del terzo millennio, nelle radio di fede laziale si ripeteva ossessivamente una frase: " non succede, ma se succede...". E se eri estraneo alla logica della scaramanzia potevi passare tutta la giornata ad interrogarti sul significato di quel proclama allusivo (la caduta di un meteorite su Roma? La vittoria dei Pooh a Sanremo?). Insomma a chi è cresciuto a calcio e superstizione coi calzini di Rozzi e il mago di Liedholm tutta questa sfrontatezza non può lasciare indifferenti. Chi ha ragione? Ne riparliamo a maggio, ma intanto incrociamo le dita.

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